Tesi etd-02062006-124058 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Autore
Saggini, Sara
URN
etd-02062006-124058
Titolo
Valutazione del danno cromosomico nei linfociti di giovani donne con un figlio Down e dell'eventuale influenza di polimorfismi nei geni coinvolti nel metabolismo dell'acido folico.
Dipartimento
SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di studi
SCIENZE BIOLOGICHE
Relatori
relatore Prof.ssa Migliore, Lucia
Parole chiave
- metabolismo dell'acido folico
- Sindrome di Down
- test del micronucleo
Data inizio appello
22/02/2006
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
22/02/2046
Riassunto
La sindrome di Down (DS) è la più frequente aneuploidia autosomica dovuta alla presenza e all’espressione di 3 copie dei geni localizzati sul cromosoma 21 (trisomia 21). Esiste una minoranza di casi (il 5%) in cui la sindrome può derivare da una traslocazione, detta Robertsoniana, in cui l’extracromosoma è fuso con un cromosoma acrocentrico, in particolare il cromosoma 14 o il 15. Infine, circa nel 3% dei casi, la sindrome è associata ad un mosaicismo genetico, in cui linee cellulari euploidi e trisomiche coesistono nello stesso organismo. L’età materna rappresenta il principale determinante sull’incidenza della malattia, infatti si stima che la sua frequenza alla nascita aumenti in maniera significativa dopo i 35 anni. Tuttavia bambini con DS nascono anche da donne con età inferiore ai 35 anni; l’ipotesi è che queste giovani madri abbiano una maggiore suscettibilità ad eventi di malsegregazione cromosomica, causa principale della trisomia 21.
Diversi studi hanno sottolineato una correlazione tra il rischio di avere un figlio Down in giovane età (inferiore ai 35 anni) e il metabolismo dell’acido folico, infatti alterazioni di quest’ultimo possono portare a ipometilazione del DNA che è associata ad anomalie nella segregazione cromosomica ed aneuploidie.
Inoltre, la mancanza di folati nella dieta, presenti in maggiore quantità nelle foglie verdi, può essere un fattore di rischio per la trisomia 21.
Evidenze di letteratura suggeriscono che la mutazione C677T nel gene MTHFR, enzima chiave nelle regolazione delle reazioni di metilazione cellulare, porta ad una sostituzione di alanina con valina nella proteina MTHFR, la cui attività risulta ridotta. Rispetto al normale genotipo CC, l’attività della proteina risulta diminuita del 35% nel genotipo CT e del 70% nel genotipo TT. Inoltre elevati livelli di omocisteina nel sangue sono stati associati all’allele T.
La mutazione che causa la transizione da A a C nella posizione 1298 del gene MTHFR determina la sostituzione del glutamato con l’alanina. L’attività dell’enzima risulta più bassa (approssimativamente 2/3 del normale) in individui portatori del genotipo doppio eterozigote 677CT/1298AC.
Il carrier dell’acido folico coinvolto nel trasporto del 5-metiltetraidrofolato (5-MeTHF) dal sangue alle cellule è codificato dal gene RFC-1 che mappa sul cromosoma 21. Mutazioni nel carrier dell’acido folico (polimorfismo G80A) portano ad un ridotto trasporto del 5-MeTHF all’interno della cellula, di conseguenza viene convertita poca omocisteina in metionina, coinvolta nella metilazione del DNA. Da studi recenti è emerso infatti che il polimorfismo G80A solo o in combinazione con il polimorfismo MTHFR C677T è associato a elevati livelli di omocisteina nel sangue.
Alla luce di quanto detto, è stata proposta una correlazione tra eventi di instabilità cromosomica e non disgiunzione, legati ai polimorfismi nei geni sopra citati (MTHFR C677T e A1298C, RFC-1 G80A) e la sindrome di Down.
Obbiettivo di questa tesi è valutare le caratteristiche citogenetiche in linfociti di sangue periferico di un gruppo (n=28) di donne giovani (età minore di 35 anni) con figlio Down e di un relativo gruppo di controllo (n=35) con figli sani, e metterle in relazione con i polimorfismi studiati.
Il sistema sperimentale che permette di evidenziare e quantificare il danno cromosomico in nuclei interfasici è il test del micronucleo (MN) che fornisce un indice prontamente misurabile di perdita e rottura cromosomica.
I risultati da noi ottenuti hanno evidenziato un aumento significativo (p<0,0001) della frequenza di linfociti binucleati con micronucleo nel gruppo delle madri con figlio DS rispetto ai controlli (17,85±8,99‰ vs 10,28±4,53‰).
Per quanto riguarda l’influenza dell’età sulla frequenza dei MN nella popolazione generale, è risultata una correlazione positiva, per cui maggiore è l’età dei soggetti presi in esame, maggiore la percentuale dei MN: applicando l' analisi di regressione semplice, la correlazione risulta statisticamente significativa (p=0,0194). I polimorfismi dei geni implicati nel metabolismo dell’acido folico non hanno dato risultati apprezzabili e statisticamente significativi, visto l'esiguità della popolazione oggetto di studio, ad eccezione del MTHFR C677T.
Quest’ultimo mostra un’influenza al limite della significatività(p=0,0545), sulla frequenza di MN nella popolazione generale.
Diversi studi hanno sottolineato una correlazione tra il rischio di avere un figlio Down in giovane età (inferiore ai 35 anni) e il metabolismo dell’acido folico, infatti alterazioni di quest’ultimo possono portare a ipometilazione del DNA che è associata ad anomalie nella segregazione cromosomica ed aneuploidie.
Inoltre, la mancanza di folati nella dieta, presenti in maggiore quantità nelle foglie verdi, può essere un fattore di rischio per la trisomia 21.
Evidenze di letteratura suggeriscono che la mutazione C677T nel gene MTHFR, enzima chiave nelle regolazione delle reazioni di metilazione cellulare, porta ad una sostituzione di alanina con valina nella proteina MTHFR, la cui attività risulta ridotta. Rispetto al normale genotipo CC, l’attività della proteina risulta diminuita del 35% nel genotipo CT e del 70% nel genotipo TT. Inoltre elevati livelli di omocisteina nel sangue sono stati associati all’allele T.
La mutazione che causa la transizione da A a C nella posizione 1298 del gene MTHFR determina la sostituzione del glutamato con l’alanina. L’attività dell’enzima risulta più bassa (approssimativamente 2/3 del normale) in individui portatori del genotipo doppio eterozigote 677CT/1298AC.
Il carrier dell’acido folico coinvolto nel trasporto del 5-metiltetraidrofolato (5-MeTHF) dal sangue alle cellule è codificato dal gene RFC-1 che mappa sul cromosoma 21. Mutazioni nel carrier dell’acido folico (polimorfismo G80A) portano ad un ridotto trasporto del 5-MeTHF all’interno della cellula, di conseguenza viene convertita poca omocisteina in metionina, coinvolta nella metilazione del DNA. Da studi recenti è emerso infatti che il polimorfismo G80A solo o in combinazione con il polimorfismo MTHFR C677T è associato a elevati livelli di omocisteina nel sangue.
Alla luce di quanto detto, è stata proposta una correlazione tra eventi di instabilità cromosomica e non disgiunzione, legati ai polimorfismi nei geni sopra citati (MTHFR C677T e A1298C, RFC-1 G80A) e la sindrome di Down.
Obbiettivo di questa tesi è valutare le caratteristiche citogenetiche in linfociti di sangue periferico di un gruppo (n=28) di donne giovani (età minore di 35 anni) con figlio Down e di un relativo gruppo di controllo (n=35) con figli sani, e metterle in relazione con i polimorfismi studiati.
Il sistema sperimentale che permette di evidenziare e quantificare il danno cromosomico in nuclei interfasici è il test del micronucleo (MN) che fornisce un indice prontamente misurabile di perdita e rottura cromosomica.
I risultati da noi ottenuti hanno evidenziato un aumento significativo (p<0,0001) della frequenza di linfociti binucleati con micronucleo nel gruppo delle madri con figlio DS rispetto ai controlli (17,85±8,99‰ vs 10,28±4,53‰).
Per quanto riguarda l’influenza dell’età sulla frequenza dei MN nella popolazione generale, è risultata una correlazione positiva, per cui maggiore è l’età dei soggetti presi in esame, maggiore la percentuale dei MN: applicando l' analisi di regressione semplice, la correlazione risulta statisticamente significativa (p=0,0194). I polimorfismi dei geni implicati nel metabolismo dell’acido folico non hanno dato risultati apprezzabili e statisticamente significativi, visto l'esiguità della popolazione oggetto di studio, ad eccezione del MTHFR C677T.
Quest’ultimo mostra un’influenza al limite della significatività(p=0,0545), sulla frequenza di MN nella popolazione generale.
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