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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-02052024-100624


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
SPAHO, XHESIKA
URN
etd-02052024-100624
Titolo
Sintesi di derivati diarilmetanici come nuovi promotori autofagici
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
CHIMICA E TECNOLOGIA FARMACEUTICHE
Relatori
relatore Prof.ssa Rapposelli, Simona
relatore Dott. Raffellini, Lorenzo
Parole chiave
  • autofagia
  • modulatori autofagici
  • neurodegenerazione
  • neuroprotezione
  • patologie neurodegenerative
Data inizio appello
21/02/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
21/02/2094
Riassunto
L’autofagia è un processo catabolico fondamentale per l’omeostasi cellulare. L’attività autofagica consiste nell’isolamento e nella lisi di vari contenuti cellulari, quali aggregati proteici, organelli danneggiati e agenti patogeni intracellulari; i prodotti della degradazione, che sono principalmente aminoacidi, carboidrati e nucleosidi, costituiscono materiale riutilizzabile nel metabolismo cellulare per la nuova sintesi di macromolecole.
L’autofagia è, quindi, un meccanismo che viene attivato in condizioni fisiologiche in risposta a carenza di nutrienti, ma è anche attivata sotto condizioni di stress eliminando organuli danneggiati e aggregati proteici che contribuiscono alla situazione di stress cellulare.
Nell’ambito dell’autofagia possiamo distinguere tre tipologie: la macroautofagia, la microautofagia e l’autofagia chaperone mediata. La macroautofagia è quella di maggiore interesse ed è a questa che ci si riferisce generalmente con il termine “autofagia”.
Il processo autofagico coinvolge l’interazione tra molte proteine-segnale e possiamo dividerlo complessivamente in cinque fasi.
La prima fase è quella di formazione del fagoforo, che è la struttura a doppio strato fosfolipidico che accoglierà il materiale da degradare; nella seconda fase abbiamo l’allungamento di tale struttura fino a giungere al suo completamento nella terza fase, al termine della quale possiamo parlare di autofagosoma. Nella quarta fase abbiamo la maturazione dell’autofagosoma: questa struttura si fonde con il lisosoma, l’organello responsabile della successiva degradazione. Nell’ultima fase il processo autofagico si completa con la digestione del contenuto dell’autolisosoma in biomolecole più semplici.
L’autofagia negli ultimi decenni è stata alla base di molte ricerche per il suo potenziale terapeutico nei confronti di molte condizioni patologiche, come tumori, malattie metaboliche, malattie cardiovascolari, infezioni e malattie autoimmuni. Per quanto riguarda le patologie tumorali, il ruolo dell’autofagia è controverso e dipende dal tipo di cancro, dalla fase di progressione della malattia e dal contesto genetico. Nelle malattie metaboliche, come ad esempio il diabete di tipo 2, l’attivazione autofagica svolge un’attività protettiva in quanto salvaguarda gli organi bersaglio dell’insulina dallo stress ossidativo indotto dall’iperglicemia.
Oltre alle patologie già citate, è noto che l’alterazione dell’autofagia rappresenti un elemento comune e svolga un ruolo chiave in molte patologie neurodegenerative (NDDs). Tali malattie sono caratterizzate da deterioramento neuronale e dalla comparsa progressiva di deficit di varia natura, come deficit cognitivi, comportamentali e alterazione motoria.
Tra queste patologie troviamo la malattia di Alzheimer (AD), il morbo di Parkinson (PD), la malattia di Huntington (HD) e molte altre. Queste patologie mostrano tutte come caratteristica l’accumulo anomalo di aggregati proteici: nel caso dell’AD compare accumulo del peptide β-amiloide (Aβ), l’aggregazione dell’α-sinucleina è invece caratteristica della PD, mentre nel caso della HD troviamo una forma mutata della proteina huntingtina (mHtt).
Tutti questi aggregati anomali sono target dell’autofagia. Per questo motivo la ricerca si è concentrata sullo studio del legame tra questo processo fisiologico e l’esordio delle NDDs. I dati raccolti ci permettono di affermare che un difetto nel processo autofagico può scatenare queste malattie in quanto favorisce l’accumulo di tali proteine.
Tra le patologie neurodegenerative troviamo anche le ceroido lipofuscinosi (NCLs). Si tratta di un insieme di condizioni patologiche che rientrano nella classe delle malattie definite ad accumulo lisosomiale e che si differenziano in base al relativo gene mutato. Sebbene siano molte e con caratteristiche diverse, mostrano tratti comuni come la presenza di accumuli di materiale lipidico a livello sia del tessuto cerebrale che dei tessuti periferici. L’accumulo di tale materiale è dovuto ad una degradazione lisosomiale difettosa ed è stato dimostrato che questo è legato al meccanismo dell’autofagia.
Ad oggi, non sono presenti né terapie efficaci per il trattamento delle patologie neurodegenerative, né farmaci basati sulla stimolazione della via autofagica.
Per questi motivi, la sintesi di molecole in grado di attivare l’autofagia potrebbe rappresentare una strategia innovativa per il trattamento di tali patologie.
Nel laboratorio dove ho condotto i miei studi di tesi è stato sintetizzato il composto noto come SG2, il quale si è dimostrato un buon promotore autofagico, in grado di migliorare la motilità nei modelli AD di C. elegans e caratterizzato da un buon profilo di tossicità nei modelli di zebrafish.
Sarà oggetto di questa tesi la sintesi di SG2 in quantità tali da permetterne lo studio in vivo su modelli di topo e la sintesi di nuovi analoghi diarilmetanici, con lo scopo di ottenere derivati con un migliore profilo farmacocinetico e di solubilità.
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