ETD

Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-02012016-135506


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (5 anni)
Autore
LUONGO, TERESA
URN
etd-02012016-135506
Titolo
Epilessia del lobo frontale in età evolutiva: caratteristiche elettrocliniche e comorbidità psichiatrica.
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
NEUROPSICHIATRIA INFANTILE
Relatori
relatore Dott. Sicca, Federico
Parole chiave
  • età evolutiva
  • epilessia
  • comorbidità psichiatrica
  • lobo frontale
Data inizio appello
04/03/2016
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
04/03/2086
Riassunto
L’epilessia del lobo frontale (FLE) rappresenta il 20-30% di tutte le forme di epilessia focale ed il 15% delle forme farmacoresistenti (Manford et al, 1992). L’età di esordio della prima crisi si colloca in media tra i 4,6 e i 7,5 anni, indicando un’elevata prevalenza del disturbo in età evolutiva (Braakman et al, 2011). La semeiologia degli episodi critici risulta altamente variabile e dipendente dalla sede intralobare coinvolta dalla scarica critica (Patrikelis et al, 2009), spaziando quindi da crisi focali motorie semplici, fino ad episodi caratterizzati da movimenti degli arti complessi e caricaturali, associati ad alterazione dello stato di coscienza. Anche la durata degli episodi, che insorgono prevalentemente in sonno, può essere molto variabile (da crisi di breve durata e isolate, a clusters talora prolungati o stati di male). L’alta variabilità di presentazione clinica pone numerose difficoltà diagnostiche e lascia aperte, ancora oggi, numerose controversie rispetto alla più corretta modalità di classificazione delle crisi frontali. Una delle classificazioni più dettagliate, è quella della Lega Internazionale contro l’Epilessia (ILAE; 1989), che ne suggerisce una suddivisione in sette diversi tipi, sulla base della correlazione tra la semeiologia clinica e la presunta sede d’origine della scarica critica. Un altro schema di classificazione più recente, proposto da Thomas, Guerrini e Arzimanoglou nel 2001, fa riferimento ai criteri ILAE, ma raggruppa le aree della corteccia frontale in tre principali regioni distinguendo tre tipi prevalenti di crisi (anteriori, intermedie e posteriori).
Il lobo frontale svolge un ruolo cardine nell’integrazione delle funzioni motorie e linguistiche, così come in funzioni superiori altamente evolute quali 1) competenze cognitive (ragionamento logico-induttivo, integrazione delle informazioni e capacità decisionali), 2) capacità esecutive (memoria, attenzione e pianificazione), 3) modulazione del tono dell’umore ed emotivo-comportamentale 4) appropriatezza dei comportamenti sociali (modulazione dell’emotività, empatia ed attribuzione delle intenzioni altrui) (Miller, 2007). Di conseguenza, lesioni strutturali o disturbi funzionali (ad esempio, l’attività epilettica) a carico del lobo frontale, possono rappresentare un importante fattore di rischio per disturbi di natura cognitiva e psichiatrica che possono complicare il quadro neurologico di base. Mentre il rischio di tale comorbidità è noto nell’adulto (Pizzi et al, 2009; Helmstaedter et al, 2012), i dati relativi all’età evolutiva sono scarsi e perlopiù pertinenti a studi neuropsicologici focalizzati sulla disfunzione cognitiva ed esecutiva (Hernandez et al, 2003; Braakman et al, 2012), piuttosto che sulla comorbidità psichiatrica. Rispetto a ciò, sono ancora carenti sia le informazioni sull’organizzazione psicopatologica dei bambini affetti, sia le evidenze sull’eventuale rapporto tra le categorie diagnostiche e dimensioni psichiatriche da un lato, e le caratteristiche clinico-epilettologiche dall’altro.
Abbiamo pertanto deciso di investigare tale comorbidità, al fine di comprendere l’entità e le caratteristiche dell’associazione tra FLE e psicopatologia, perseguendo i seguenti obiettivi:
1. Caratterizzare dal punto di vista clinico ed elettroencefalografico un campione di bambini ed adolescenti con FLE per stabilire il rischio relativo di comorbidità tra epilessia e disturbi psichiatrici, e gli eventuali fattori predisponenti.
2. Stabilire secondo un approccio categoriale e dimensionale la distribuzione dei diversi disturbi psicopatologici nei pazienti affetti da FLE.
3. Correlare le caratteristiche dell’epilessia, sia cliniche che elettrofisiologiche, con il quadro psichiatrico, al fine di individuare eventuali sottogruppi clinici che possano beneficiare di un monitoraggio clinico sistematico per la diagnosi e l’intervento precoce.
Criteri di inclusione: Diagnosi di Epilessia del lobo frontale; Livello cognitivo nella norma o disabilità intellettiva di grado lieve-medio con conservate capacità linguistiche e di elaborazione emotiva sufficienti a sostenere colloqui semistrutturati o liberi.
Criteri di esclusione: Crisi del lobo frontale inserite nel contesto di quadri sindromici o genetici noti; Disabilità intellettiva di grado medio-grave e profondo (in quanto fattore confondente lo studio dell’assessment comportamentale e psicopatologico); Presenza di patologie o lesioni a carico del sistema nervoso centrale di natura evolutiva.
Caratteristiche del campione: sono stati studiati i dati clinici di 59 pazienti [32 maschi (54 %) e 27 femmine (46%)] affetti da FLE, in cura presso la sezione di Epilettologia della Fondazione I.R.C.C.S. Stella Maris dal 1995 al 2015, attraverso un approccio retrospettivo e quando possibile longitudinale. All’interno del campione sono presenti 20 pazienti con FLE sintomatica e 39 con FLE ad eziologia sconosciuta (forme cosiddette criptogenetiche). L’età media di esordio della prima crisi è 5,9 anni con significative differenze tra le forme sintomatiche (più precoci) e quelle criptogenetiche (esordio relativamente più tardivo) (p=0,004). L’esordio dell’epilessia appare più precoce anche nei soggetti con disabilità intellettiva rispetto a quelli con livello cognitivo nella norma (p=0,002). Le crisi frontali sono state distinte in “anteriori”, “intermedie” e “posteriori” in base alle caratteristiche semiologiche, indicative della regione corticale da cui presumibilmente originano (Thomas et al, 2001). Nel campione in studio risultano più frequenti le crisi posteriori (39%), seguono in frequenza, crisi a semeiologia anteriore (33,9%) e quelle a semeiologia intermedia (27,1%). Dalla revisione dei tracciati elettroencefalografici, sono state evidenziate anomalie parossistiche intercritiche nel 96,61% dei pazienti (2 pazienti mostravano EEG intercritici normali). Il 38,3% delle anomalie parossistiche è localizzato sulle aree più anteriori del lobo frontale (Fp2-F4 e Fp1-F3; Fp2-F8 e Fp1-F7; Fz-Cz), mentre il 61,7% delle anomalie è localizzato più posteriormente (F8-T4 e F7-T3; F4-C4 e F3-C3). Analizzando i tracciati in sonno, abbiamo osservato che le anomalie tendono a bilateralizzare nell’84,2% dei pazienti, ed a diffondere ad altre regioni cerebrali nel 36,84%. In 42 pazienti è stato possibile registrare tracciati critici. La correlazione elettroclinica conferma una prevalenza dell’origine della scarica critica dalle aree posteriori del lobo frontale (57%), rispetto a quelle anteriori, e si evidenzia una frequenza maggiore di crisi a partenza dall’ emisfero destro rispetto al sinistro.
Abbiamo studiato la frequenza dell’associazione tra FLE e psicopatologia evidenziando una comorbidità nel 69,4% dei pazienti (p=0,003) mediante un approccio categoriale e nel 67,83% dei pazienti mediante quello dimensionale (p=0,006). Tale dato risulta molto più elevato rispetto a quanto osservato nella popolazione pediatrica non affetta da epilessia (bambini sani – 7% - o con patologie internistiche croniche – 24% -) e nei bambini con epilessia in generale (frequenza stimata tra il 26% e il 47,9% sulla base dei dati disponibili in letteratura), confermando un significativo rischio di comorbidità tra patologia psichiatrica e FLE. Sul piano categoriale il disturbo più frequentemente diagnosticato nel nostro campione di studio è il disturbo depressivo, presente nel 35,3% dei pazienti. Seguono in frequenza i disturbi del comportamento (23,5%), i disturbi ansiosi (20.6%) e il disturbo bipolare/psicosi (20,6%).
Al fine di individuare fattori clinici predisponenti alla comorbidità psichiatrica, abbiamo valutato un set di variabili cliniche ed elettrofisiologiche, evidenziando che la presenza di disturbi psichiatrici (categorie) si associa ad una “localizzazione anteriore delle anomalie EEG”, (p=0,018), ed ad una “storia prolungata di epilessia” (> 5 anni; p=0,014). Mediante un approccio dimensionale abbiamo evidenziato una significativa associazione tra lo sviluppo di sintomi riferibili ad una disfunzione del lobo frontale, e la presenza di “anomalie parossistiche bilaterali in sonno” (p=0,014).
L’analisi delle variabili cliniche ed elettrofisiologiche in relazione alle quattro categorie psichiatriche diagnosticate, ha mostrato che la categoria “Disturbi del comportamento” si associa nella totalità del campione alla presenza di disabilità intellettiva (p=0,015) e, nel gruppo di pazienti sintomatici, ad una localizzazione destra della lesione cerebrale (p=0,030). Analizzando la sintomatologia psichiatrica secondo un approccio dimensionale abbiamo distinto i seguenti cluster di sintomi: “discontrollo degli impulsi”, “disturbi attentivi o mnesici”, “aggressività auto ed eterodiretta”, “scarso coinvolgimento nelle relazioni sociali”. E’ emerso che la dimensione “discontrollo degli impulsi” correla con un’epilessia relativamente meno attiva (assenza di crisi da almeno due anni) (p=0,016), i “disturbi attentivi o mnesici” con attività EEG intercritica inabituale a carico delle regioni frontali (p=0,038), e l’“aggressività auto ed eterodiretta” con la presenza di disabilità intellettiva (p=0,013).
Sebbene tali dati suggeriscano che la disabilità intellettiva possa essere più spesso associata con disturbi del comportamento (p=0,015) e con la dimensione “aggressività auto ed eterodiretta” (p=0,013) rispetto alle altre variabili psichiatriche analizzate, il rischio psicopatologico assoluto non appare essere maggiore nella disabilità intellettiva (p=0,16) suggerendo che essa, di per se, non costituisce fattore predisponente alla generale vulnerabilità psichiatrica.
In conclusione, si conferma che i bambini e gli adolescenti con FLE presentano un aumentato rischio di comorbidità con i disturbi psichiatrici. Il significato di tale comorbidità appare tuttavia non definitivamente stabilito. In prima istanza è possibile ipotizzare che l’attività epilettica coinvolgente il lobo frontale (deputato ad esempio al controllo del pensiero, del ragionamento logico- induttivo e del coinvolgimento emotivo nelle relazioni sociali) possa almeno in parte contribuire a disfunzioni dei meccanismi di controllo e di modulazione emotivo-comportamentale. Tuttavia numerose evidenze di letteratura indicano che tale nesso di causalità possa essere ipersemplicistico, suggerendo invece che la relazione fisiopatologica tra i due disturbi sia notevolmente più complessa e basata su meccanismi patogenetici comuni. Questi ultimi sarebbero quindi responsabili da un lato, del disturbo dell’eccitabilità neuronale alla base dell’ epilessia, e dall’altro delle disfunzioni neurobiologiche alla base della sintomatologia psichiatrica (Kanner AM, 2011, 2012). L’individuazione, all’interno di una condizione clinica ad alta variabilità di espressione fenotipica, di caratteristiche cliniche ed elettrofisiologiche maggiormente predisponenti alla vulnerabilità psichiatrica, quali 1) la localizzazione al polo anteriore delle anomalie intercritiche, 2) la loro tendenza a bilateralizzare in sonno, 3) la lunga durata dell’epilessia, ci ha permesso di determinare quali siano gli ambiti clinici ed elettrofisiologici da monitorare con maggior sistematicità per una diagnosi e un trattamento precoce della comorbidità psichiatrica. Approcciare le problematiche psichiatriche in maniera più nucleare, utilizzando cioè accanto al più tradizionale approccio clinico-categoriale, anche quello dimensionale, ci ha permesso di individuare aspetti disfunzionali che potrebbero essere più prossimi ai meccanismi fisiopatologici che influenzano anche i meccanismi dell’ epilettogenesi, oltre che quelli del comportamento psichico. Una più sistematica stratificazione fenotipica, potrà essere il punto di partenza per future ricerche, mirate ad una più profonda valutazione di possibili alterazioni microstrutturali o disfunzionali, che potranno portare ad una migliore comprensione di tale complessa associazione clinica. Inoltre, una maggiore comprensione dei fattori di rischio epilettologici e psichiatrici alla base di tale comorbidità potrà consentire di migliorare la presa in carico e, possibilmente, anche l’outcome neuropsichiatrico dei bambini affetti, mediante approcci diagnostico-terapeutici più mirati e personalizzati.
File