Tesi etd-02012016-104343 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
CALABRESE, ROBERTA CRISTINA
URN
etd-02012016-104343
Titolo
La cooperazione degli Stati con la Corte Penale Internazionale: il caso Al-Bashir
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Marinai, Simone
Parole chiave
- Al-Bashir
- Corte Penale Internazionale
- Genocidio
Data inizio appello
22/02/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Questo elaborato si propone di analizzare il caso del Presidente sudanese Omar Al-Bashir, alla luce della mancata esecuzione da parte degli Stati dei mandati d’arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale nel 2009 e nel 2010.
Dopo un breve capitolo in cui viene delineata l’essenzialità dei caratteri strumentali e organizzativi della Corte Penale Internazionale, segue un excursus storico su quanto accaduto nella regione del Darfur e le conseguenti responsabilità del Presidente Al-Bashir, accusato di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidio.
Nel terzo capitolo viene affrontata l’effettiva presa di coscienza del problema da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il quale decide di riferire l’intera questione alla Corte con la Risoluzione 1593 del 2005.
Nonostante vi siano due mandati d’arresto pendenti su Al-Bashir, nessuno degli Stati aderenti allo Statuto di Roma ha mai dato esecuzione alle richieste della Corte Penale Internazionale.
Infine, il quarto e ultimo capitolo si occupa in particolare del mancato adempimento ai propri obblighi internazionali di Malawi, Chad, Repubblica Democratica del Congo e Sudafrica.
Le motivazioni alla base di questa non-cooperazione con la Corte sembrano girare intorno al complesso rapporto degli articoli 27 e 98 dello Statuto ICC, relativo al riconoscimento o meno delle immunità internazionali ad Al-Bashir in quanto Capo di Stato in carica di uno Stato terzo.
Tuttavia, dietro ai vari tentativi di interpretazione dei due articoli alla luce della Risoluzione 1593, sembra nascondersi un “timore” più di natura politica piuttosto che giurisdizionale, da parte degli Stati africani nel procedere all’arresto del Presidente del Sudan.
Dopo un breve capitolo in cui viene delineata l’essenzialità dei caratteri strumentali e organizzativi della Corte Penale Internazionale, segue un excursus storico su quanto accaduto nella regione del Darfur e le conseguenti responsabilità del Presidente Al-Bashir, accusato di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidio.
Nel terzo capitolo viene affrontata l’effettiva presa di coscienza del problema da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il quale decide di riferire l’intera questione alla Corte con la Risoluzione 1593 del 2005.
Nonostante vi siano due mandati d’arresto pendenti su Al-Bashir, nessuno degli Stati aderenti allo Statuto di Roma ha mai dato esecuzione alle richieste della Corte Penale Internazionale.
Infine, il quarto e ultimo capitolo si occupa in particolare del mancato adempimento ai propri obblighi internazionali di Malawi, Chad, Repubblica Democratica del Congo e Sudafrica.
Le motivazioni alla base di questa non-cooperazione con la Corte sembrano girare intorno al complesso rapporto degli articoli 27 e 98 dello Statuto ICC, relativo al riconoscimento o meno delle immunità internazionali ad Al-Bashir in quanto Capo di Stato in carica di uno Stato terzo.
Tuttavia, dietro ai vari tentativi di interpretazione dei due articoli alla luce della Risoluzione 1593, sembra nascondersi un “timore” più di natura politica piuttosto che giurisdizionale, da parte degli Stati africani nel procedere all’arresto del Presidente del Sudan.
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