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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-01302024-161737


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
DIVIDUS, ALESSANDRO
URN
etd-01302024-161737
Titolo
The Spiritual Structure of Society. L'organicismo sociale nel pensiero di Sir Henry Jones
Settore scientifico disciplinare
SPS/02
Corso di studi
SCIENZE POLITICHE
Relatori
tutor Prof. Calabrò, Carmelo
Parole chiave
  • Citizenship
  • Ethics
  • Great Britain
  • Idealism
  • Socialism
Data inizio appello
06/03/2024
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’intento preliminare di questo lavoro è di riportare alla luce il pensiero di un autore studiato in maniera molto marginale sia nell’ambiente accademico anglosassone (l’unica monografia interamente dedicata a Henry Jones è di David Boucher e Andrew Vincent, A Radical Hegelian. The Political and Social Philosophy of Henry Jones, datata 1993) che, soprattutto, nel contesto accademico italiano (non esiste infatti, ad oggi, alcuno studio dedicato interamente alla figura di Jones). Il motivo di una tale carenza è da ricondurre, con molta probabilità, a due cause principali. In primo luogo, in quanto appartenente al movimento dell’idealismo britannico e, dunque, già di per sé ambito marginale di ricerca, maggiore enfasi e attenzione è stata riservata ad autori di riferimento dell’idealismo britannico, tra i quali, ad esempio, T. H. Green, F. H. Bradley o B. Bosanquet. La mole di studi dedicata al loro pensiero e alla loro contestualizzazione storico-politica è notevolmente sproporzionata se comparata a quella di Jones. In secondo luogo, complice l’analisi ormai datata di autori della storiografia anglosassone come Rudolf Metz e la sua opera A Hundred Years of British Philosophy (1938), il pensiero di autori considerati “minori” all’interno del movimento è spesso associato a quello dei propri maestri e ridotto a una ripetizione dello stesso. Questo è il caso, infatti, di Henry Jones, il cui pensiero viene definito dallo stesso Metz come una filosofia priva di contenuto specifico; una forma di idealismo hegeliano ereditata dal pensiero del suo amico e maestro, Edward Caird e, in grandi linee, riadattata e sviluppata senza particolari mutazioni. Una simile semplificazione, dunque, non può che aver alimentato una forma di scetticismo verso l’approccio allo studio di autori considerati di poco valore all’interno della storia del pensiero filosofico e politico.
Alla luce di ciò, è possibile determinare una delle ragioni principali che sottendono la stesura di quest’opera, vale a dire l’approfondimento del pensiero di un autore dimenticato per un lungo periodo ma, intrinsecamente, fondamentale per interpretare non solo molte delle idee portanti dell’idealismo britannico, bensì anche alcuni dei passaggi essenziali avvenuti nella vita politica e sociale della Gran Bretagna all’alba del XX secolo. Difatti, una delle tesi principali sostenute all’interno di questo lavoro è la particolarità della figura di Jones sia per ciò che concerne il suo pensiero filosofico-politico, che per la sua valenza in quanto critico di una generale tendenza culturale che si sviluppa già a partire dall’avvento delle tesi evoluzionistiche, in campo scientifico-sociale, che socialiste, in ambito prettamente politico. Il suo pensiero, nonostante sia accostato principalmente a quello di Hegel letto e interpretato attraverso i filtri della filosofia di Caird e Green, se ne discosta sotto numerosi aspetti. L’attenzione che Jones rivolge, fin dai suoi primi studi, alla poetica di Browning e Tennyson è già di per se un indicatore della singolarità della sua figura.
Nei suoi studi su Browning, in particolare Browning as a Philosophical and Religious Teacher (1891), emerge in maniera distinta una sensibilità verso alcune tematiche che non è riscontrabile all’interno del pensiero degli altri idealisti britannici. Seppur vero che, anche in Green, l’influenza della poetica – quella di Carlyle – rispecchiava un generale interesse verso la sensibilità artistica e la sua capacità di veicolare messaggi filosofico-sociali, in Jones questo elemento è molto più marcato. Tutto il suo pensiero successivo, dall’analisi dei paradigmi hegeliani e schopenhaueriani fino alla critica dei fautori del darwinismo e al tentativo di riconciliare il messaggio religioso con l’impresa scientifica, è dettato dalle tematiche enucleate nelle opere di Browning. In modo particolare, ciò che colpisce maggiormente è l’idea ricorrente di fede ottimistica che Jones, ereditandola da Browning, applica al suo modo di pensare come un elemento chiave per interpretare qualsiasi evoluzione speculativa. La volontà e la ragione, topoi del razionalismo assoluto di Hegel e del volontarismo di Schopenhauer, si fondono attraverso il medium della letteratura oltrepassando, a loro volta, quel momento di sintesi che, in Jones, non può essere spiegato in forma puramente razionale. Questa distinzione con le tesi hegeliane, non accuratamente sottolineata nella già scarsa letteratura secondaria su Jones, emerge ancor più chiaramente se si esamina il rapporto che l’autore ha, facendo propri gli insegnamenti di Caird, con il positivismo di Auguste Comte e con il suo tentativo di conciliare il messaggio della scienza con quello della religione. Il risultato, è quello di una visione del rapporto tra scienza e religione non più in maniera conflittuale, come poteva essere nel periodo immediatamente successivo alla pubblicazione dell’opera di Darwin, bensì conciliatoria.
L’interpretazione molto peculiare dell’idea hegeliana di sintesi ricorre in Jones, oltre che sul piano strettamente epistemologico, anche in quello morale e, soprattutto, politico. Le istanze individualistiche e assolutistiche, infatti, si mescolano fino alla loro dissoluzione, mantenendo nel suo pensiero una forma indefinita che oscilla tra l’esaltazione della volontà e della libertà individuale e la spiritualizzazione delle forme di vita collettive. Questo movimento altalenante è rinvenibile, a partire dalle critiche rivolte nei confronti di visioni assolute come quelle di Bradley e Bosanquet, sia all’interno della sua interpretazione della morale che nella sua visione della politica. Come per ogni autore circoscrivibile all’interno del movimento dell’idealismo britannico, il problema principale della politica è la morale. Senza un rinnovamento morale dell’uomo, ogni sforzo votato al cambiamento delle condizioni sociali è vano. In quest’ottica però, Jones si distingue dagli altri autori. Egli, infatti, non analizza – come fece Green – in maniera critica i presupposti epistemologici delle teorie gnoseologiche degli empiristi, con tutte le conseguenze morali che esse comportano, bensì interpreta il messaggio religioso alla luce della sua funzione sociale. The Working Faith of the Social Reformer and Other Essays (1910), difatti, è un’espressa dichiarazione di fede nei confronti dell’uomo e della sua capacità di combattere i mali che affliggono le società, facendo leva esclusivamente sulla volontà buona degli individui i quali, soli, sono in grado di riattivare quelle energie sociali capaci di ricreare una rete di relazioni e un senso di cittadinanza ormai sempre più relegato alla sfera dei rapporti materiali ed economici.
È proprio sul tema della cittadinanza, d’altronde, che, come dimostra anche una delle sue ultime opere, The Principles of Citizenship (1919), Jones dedica maggiore attenzione. In virtù delle catastrofiche e sconvolgenti condizioni nelle quali l’uomo occidentale è costretto a confrontarsi durante il periodo del primo conflitto mondiale, Jones ritiene necessario avviare un’indagine speculativa e storico-comparativa riguardo ciò che è alla base dell’idea di cittadinanza. Riscattare il valore dell’umano e le idee di bene comune e solidarietà è un compito che richiede un’analisi dettagliata del concetto di libertà e obbligazione che, in maniera altrettanto peculiare, Jones legge attraverso una sintesi tra le rivendicazioni individualistiche e quelle collettivistiche-stataliste. Riprendendo quella idea di libertà positiva già presente in Green, Jones elabora una sua peculiare interpretazione del rapporto libertà positiva/negativa facendo dialogare autori apparentemente distanti, sia teoricamente che storicamente, come J. S. Mill ed E. Burke. Il risultato è quello di una visione completamente innovativa del rapporto tra le due concezioni della libertà che lascio spazio a numerose applicazioni anche all’interno del dibattito contemporaneo. Ovviamente, però, questo ridimensionamento del concetto di libertà non può non influenzare la sua visione della politica, in modo particolare quello inerente alle società liberal-democratiche e alla nascita, soprattutto in ambiente anglosassone, di forme di socialismo e liberalismo sociale. La sua critica delle derive individualistiche e materialistiche della società si estende anche al versante socialista colpevole, secondo Jones, delle medesime visioni riduzionistiche dell’uomo a soggetto di rapporti di potere materiali ed economici. In questa linea, infatti, va interpretato il suo giudizio negativo nei confronti dell’operato dei fabiani e del successivo partito laburista inglese. L’idea he soggiace alla creazione di una società etica non può essere risolta in termini di benessere materiale il quale, pur se presupposto indifferibile, non può essere considerato come elemento primario, ma solo analizzato alla luce di un benessere, prima di tutto, spirituale. In questo senso, il titolo del lavoro, così come la sua ripartizione in capitoli, rappresenta quello che è il messaggio principale dell’autore, cioè una visione spirituale e organicistica della società che, hegelianamente, si fonda e si sviluppa partendo dalla natura, per arrivare allo stato.
Un’osservazione conclusiva, tuttavia, deve essere fatta in tal senso. Per coloro che si apprestano alla lettura di questo testo è necessaria, inevitabilmente, una salda preparazione sia sull’idealismo in generale che, in misura maggiore, sull’idealismo di matrice britannica. Senza tale presupposto, molte delle affermazioni, conclusioni e idee di Jones sono pressoché inaccessibili (o colte in maniera solo superficiale), poiché non contestualizzate, secondo quella che è la metodologia di ricerca pertinente al pensiero politico, all’interno di un processo storico e intellettuale che plasma la Weltanschauung di ogni singolo pensatore.
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