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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-01292022-094933


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
ALDEROTTI, BIANCA
URN
etd-01292022-094933
Titolo
Correlazione tra genotipo e fenotipo nella Cardiomiopatia Aritmogena: implicazioni prognostiche
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Emdin, Michele
correlatore Dott. Barison, Andrea
Parole chiave
  • prognostic evaluation
  • cardiac magnetic resonance
  • ventricular arrhythmias
  • Arrhythmogenic Cardiomyopathy
  • genotype-phenotype
  • valutazione prognostica
  • risonanza magnetica cardiaca
  • aritmie ventricolari
  • Cardiomiopatia Aritmogena
  • genotipo-fenotipo
Data inizio appello
15/02/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
15/02/2092
Riassunto
Premessa: la cardiomiopatia aritmogena (arrhythmogenic cardiomyopathy, AC) è una patologia primitiva del miocardio, il cui sviluppo viene favorito da fattori ambientali che agiscono su un substrato geneticamente suscettibile. È caratterizzata da infiltrazione fibro-adiposa nel miocardio del ventricolo sinistro, destro o entrambi, di varia estensione e gravità; tale alterazione aumenta il rischio del paziente di incorrere in eventi aritmici sostenuti potenzialmente mortali specialmente durante le fasi di sforzo fisico, configurando la AC come una delle prime cause di morte cardiaca improvvisa (MCI) tra i giovani. L'impianto di un dispositivo defibrillatore impiantabile (implantable cardioverter-defibrillator, ICD) che consenta l'interruzione delle aritmie ventricolari rappresenta l'unico metodo di prevenzione della MCI; tuttavia la decisione di procedere con l'impianto deve essere guidata da un'accurata stratificazione del rischio aritmico del paziente. Con lo sviluppo del Next Generation Sequencing e Whole Exome Sequencing, sono state scoperte mutazioni in differenti geni potenzialmente associate con lo sviluppo della patologia. In parallelo, il perfezionamento delle tecniche di risonanza magnetica cardiaca ha consentito la caratterizzazione non invasiva del tessuto miocardico, aiutando il clinico nel processo di diagnosi e impostazione della terapia del paziente.

Scopo: analizzare la diversa manifestazione fenotipica della patologia sulla base del substrato genetico presentato dai pazienti arruolati nella coorte e caratterizzare il rischio aritmico dei fenotipi di patologia.

Metodi: sono stati arruolati nello studio tutti i pazienti riferitisi alla Fondazione Toscana Gabriele Monasterio per sospetto di AC che si sono sottoposti a genotipizzazione. I motivi per cui i pazienti si sono presentati alla valutazione del clinico sono familiarità per MCI in età giovanile o per AC, sintomatologia suggestiva per patologia condizionante aritmie (cardiopalmo, sincope), risultati alterati agli esami strumentali in assenza di sintomi rilevanti (onda T invertita all’ECG in occasione di controlli di routine, extrasistolia ventricolare frequente all’ECG dinamico). In totale, sono stati inclusi nello studio 280 pazienti che si sono sottoposti ad analisi genetiche con Sanger o con Next Generation Sequencing a partire dal 2012. Il fenotipo è stato valutato dal punto di vista anamnestico e sintomatologico (disturbi accusati all’inizio del percorso diagnostico, associazione con anamnesi di miocardite, familiarità per MCI e/o AC), strumentale (esami elettrofisiologici, imaging di primo e secondo livello), sia in termini di prognosi (incidenza di eventi aritmici potenzialmente fatali, morte, intervento del dispositivo defibrillatore). Lo studio ha previsto due end-points, di cui il primario ha incluso la comparsa di MCI e suoi eventi surrogati (tachicardia ventricolare [TV]/fibrillazione ventricolare [FV] trattate tramite intervento di ICD) al follow-up, il secondario ha compreso gli eventi di tachicardia ventricolare sostenuta e non sostenuta.

Risultati: il test genetico ha confermato la presenza di mutazioni di geni associati allo sviluppo di cardiomiopatie in 123 pazienti (44%), di cui in 85 (74% dei pazienti con genetica positiva) nei geni desmosomiali classicamente correlati con lo sviluppo di AC (in 41 pazienti DSP, in 16 DSG2, in 16 PKP2, in 6 DSC2, in 6 JUP) e in 38 in geni non desmosomiali (tra cui TMEM43, LMNA, SCN5A, MYH7, RYR2). All’analisi dei risultati della RM cardiaca il miocardio ventricolare sinistro dei pazienti con mutazione della desmoplachina (DSP) è stato più frequentemente e più estesamente interessato dalla deposizione di tessuto fibroso; concordemente con quanto già riportato in altri studi, i pazienti della popolazione in esame con mutazione del gene DSP hanno presentato più frequentemente pregressi episodi miocarditici nell’anamnesi clinica. L’aumento della fibrosi ventricolare nei pazienti con mutazione della desmoplachina si associa inoltre a diminuzione della contrattilità e funzionalità ventricolare sinistra, che risultano essere compromesse rispetto ai pazienti con altre mutazioni. Una maggiore estensione del tessuto fibroso nel miocardio ventricolare sinistro comporta una riduzione della massa miocardica funzionale alla conduzione dell’impulso, associandosi alla comparsa di bassi voltaggi del complesso QRS nelle derivazioni periferiche (p=0.022).

All’analisi univariata secondo Cox, predittori prognostici di eventi dell’end-point primario sono risultati la classe di Lown cui il paziente è stato assegnato all’esecuzione dell’Holter basale, l’aumento del volume telediastolico del ventricolo sinistro indicizzato (LVEDVi) ≥99ml/m2, la diminuzione della frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF) ≤60%, la presenza di anomalie della cinetica ventricolare sinistra, di Late Gadolinium Enhancement (LGE) alla RM cardiaca (indicativo di fibrosi miocardica), l’estensione di LGE in un numero di segmenti del ventricolo sinistro ≥2, una percentuale di composizione in tessuto fibroso della massa ventricolare sinistra assoluta ≥9%. Come predittori prognostici degli eventi dell’end-point secondario, a quelli già menzionati per il primario, si aggiungono l’età, il numero di battiti extrasistolici ventricolari (BEV) misurato all’Holter e la riduzione della frazione di eiezione ventricolare destra (RVEF).

Conclusioni: la AC è una patologia con presentazione clinica e substrato eziopatogenetico eterogenei, in cui è possibile identificare una mutazione genetica nel 40% dei casi. Mutazioni a carico del gene DSP provocano fibrosi più frequentemente e più estesa nel miocardio sinistro rispetto ad altre mutazioni. Almeno due segmenti del ventricolo sinistro con LGE alla RM e una percentuale di composizione in tessuto fibroso del miocardio ventricolare sinistro ≥9% correlano con il rischio di incorrere in eventi aritmici sostenuti e non sostenuti. Considerare questi elementi congiuntamente a una valutazione onnicomprensiva del paziente potrebbe consentire di stratificare in modo più preciso il rischio aritmico del paziente e aiutare il clinico nell’algoritmo decisionale nell’ottica di un impianto di un ICD in prevenzione primaria.
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