Tesi etd-01262007-111345 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Autore
Ocone, Silvia
URN
etd-01262007-111345
Titolo
Applicazioni del marketing sociale nel settore della comunicazione ambientale. Strategie di intervento nel cambiamento degli atteggiamenti umani.
Dipartimento
INTERFACOLTA'
Corso di studi
SCIENZE AMBIENTALI
Relatori
Relatore Rognini, Paolo
Parole chiave
- comunicazione ambientale
- impronta ecologica
- marketing ambientale
- Marketing sociale
- sviluppo sostenibile
Data inizio appello
23/02/2007
Consultabilità
Completa
Riassunto
La tesi si occupa di indagare se le tecniche di marketing pubblicitario possono intervenire nell'educazione ambientale. Vuole dimostrare la centralità della comunicazione nel formare e modificare il sistema di credenze, opinioni e atteggiamenti, concentrandosi sul ruolo delle imprese e sulla loro responsabilità nei confronti della società.
Il primo capitolo tratta della teoria dell'impronta ecologica, ideata da Mathis Wackernagel e William Rees nel 1996.
L'impronta ecologica è definita come un indicatore sintetico che misura l'impatto dell'uomo sulla Terra esprimendolo in unità di spazio, cioè convertendo il dato dei consumi in superficie di territorio corrispondente. In altri termini, misura lo spazio biologicamente produttivo occupato dall'uomo in relazione alla produttività media mondiale.
La misura comprende tutta la superficie utilizzata da una popolazione, indipendentemente dal luogo in cui essa vive, per includere i rapporti commerciali tra Paesi che modificano l'impronta ecologica.
Dire che una nazione ha un'impronta ecologica di 5 ettari, significa dire che 5 ettari dello spazio biologicamente produttivo della Terra sono utilizzati per le attività di produzione e consumo di quella nazione.
Il territorio bioproduttivo a disposizione era all'inizio del secolo pari a circa 5 ettari pro capite; nel 1994 era invece di 1,5.
Osservando il grafico relativo all'impronta ecologica dei diversi Paesi del mondo, si nota che quasi tutti hanno un deficit ecologico, ossia la loro impronta eccede la biocapacità media disponibile. Un deficit ecologico nazionale può essere controbilanciato dalle esportazioni ma, un deficit globale non può essere bilanciato ed equivale a un sovraccarico mondiale.
I due scienziati introducono il concetto di carrying capacity umana.
Per carrying capacity di un ecosistema, si intende il massimo numero di individui di una popolazione che un habitat può sopportare senza subire squilibri.
La carrying capacity umana deve considerare anche il ruolo del commercio e della tecnologia ed è quindi definita come il massimo carico che l'umanità può imporre stabilmente all'ecosfera senza correre rischi.
Il metodo di calcolo si basa sull'incrocio dei dati relativi a categorie di utilizzo e categorie di consumo.
Prima di elencare le suddette categorie, è necessario ricordare che i calcoli dell'impronta ecologica assumono delle semplificazioni che portano a una sottostima dei valori reali ma non a un risultato grossolano. Nella definizione dei servizi forniti all'uomo dalla natura, ad esempio, non sono considerati (almeno nell'esposizione originale, poi aggiornata e modificata) l'estrazione di acqua dolce o le forme di inquinamento per le quali non esistono dati sufficienti, come le piogge acide. Inoltre, vengono escluse le attività che intaccano permanentemente la capacità di rigenerazione della natura (come la desertificazione o l'uso di sostanze non assimilabili: PCB, CFC, diossine).
Le categorie di utilizzo sono:
1. Terra energetica: stima l'area bioproduttiva necessaria per assorbire la CO2 prodotta dall'uso dei combustibili fossili e per evitare l'aumento di concentrazione atmosferica di questo gas.
2. Territorio agricolo: comprende le terre destinate alla produzione di cibo, mangimi, oli, fibre.
3. Pascoli: sono i terreni destinati all'allevamento e alla produzione di lana, carne, latticini.
4. Foreste.
5. Territorio edificato: comprende tutte le infrastrutture per la residenza, i trasporti e l'industria sono territori gravemente degradati e non più bioproduttivi.
Le categorie di consumo sono:
1. Alimenti.
2. Abitazioni
3. Trasporti
4. Beni di consumo
5. Servizi.
Globalmente, l'impronta dei consumi è uguale a quella della produzione ma, a livello nazionale o regionale, è, invece:
consumo netto = produzione - esportazioni + importazioni
Per passare al dato in ettari è necessario calcolare l'area pro capite per ciascun bene (sab), dividendo il consumo medio annuale di quel bene (cb) per la produttività media annuale (pb):
sab = cb /pb
La sommatoria di tali aree dà l'impronta ecologica media e, moltiplicando tale dato per il numero totale degli individui della popolazione, si ottiene l'impronta ecologica della popolazione in esame.
Lo scopo di Wackernagel e Rees era quello di stimolare il dibattito su un tema, quello dello sviluppo sostenibile, che dal 1987 (anno in cui venne proposto dalle Nazioni Unite), aveva ricevuto molte attenzioni in termini teorici ma poche invece in termini praitci.
Lo sviluppo sostenibile è definito come il processo di cambiamento delle scelte politiche, economiche e della tecnologia volto al mantenimento delle risorse naturali per garantire il soddisfacimento dei bisogni anche alle generazioni future.
L'impronta ecologica, che è utile per stimare i consumi attuali e quelli futuri, si propone come strumento per pianificare interventi sostenibili. Poiché aggrega in un solo numero molti dati relativi ai diversi compartimenti ambientali che, negli studi precedenti, erano spesso di difficile comprensione, si rivela, invece, un efficace strumento di comunicazione percepibile sia dalla popolazione che dai governi.
L'attenzione dei due scienziati è rivolta a far capire la pericolosità dell'atteggiamento disinvolto dell'uomo nei confronti della natura; si è persa la consapevolezza del legame necessario che ci lega ad essa e crediamo che la tecnologia possa sostituire completamente i beni prodotti dall'ambiente. Il paradigma attuale, che sembra essere consumo = felicità, non può continuare senza ripensamenti.
Le proposte che i due scienziati fanno, per conseguire lo sviluppo sostenibile, riguardano la dimensione locale (pianificazione di interventi locali che incentivino l'azione personale) ma anche la dimensione globale. Sostenuti da molti altri scienziati ed economisti, tra cui Stiglitz e Sen, essi prospettano il cambiamento delle politiche economiche globali e il ripensamento degli organi sovranazionali come il FMI, il WTO o la Banca Mondiale.
Per quanto riguarda le strategie locali di pianificazione sostenibile, la tesi si concentra su quali strumenti comunicativi possano renderle efficaci. Analizzo il marketing sociale come strumento per cambiare idee e comportamenti.
La disciplina del marketing sociale è stata formalizzata negli anni '90 da Kotler e Roberto che ne analizzano le possibilità per promuovere valori in nome di una causa sociale e non del profitto.
Alla base ha, in analogia con il marketing commerciale, un'attenta ricerca di mercato per definire le risorse a disposizione, gli obiettivi da raggiungere, il target di utenti designati, i mezzi di comunicazione più adeguati.
Le tattiche usate per cambiare le abitudini devono essere ben studiate partendo dall'analisi dell'ambiente di marketing (ossia dall'analisi dell'insieme di elementi esterni alla campagna che la possono influenzare) e concentrandosi poi sugli utenti designati. Secondo il loro profilo psicologico e culturale, cambierà il modo di percepire la campagna e di attuare i consigli prescritti.
Il cambiamento può avvenire per adeguamento, per identificazione o per interiorizzazione. In generale è più semplice compiere campagne di informazione (che non vogliono cambiare atteggiamenti già radicati) piuttosto che di persuasione o di richiesta di cambiamento dei valori e delle credenze.
Il prodotto del marketing sociale, che può essere una pratica (azioni o comportamenti), un'idea (credenze, attitudini, valori) o un oggetto tangibile (che, in genere, accompagna la campagna sociale per aumentarne le possibilità di successo), deve essere promosso in modo efficace.
La comunicazione di massa, che deve informare e persuadere, ha un'efficacia limitata nel cambiare le abitudini se proposta in modo isolato. Si rivela più utile se associata alla comunicazione personale, che raggiunge gli utenti non nel loro insieme ma singolarmente.
La professione del comunicatore sociale, sempre più diffusa negli enti istituzionali e nelle imprese, si rivela una professione delicata.
Il comunicatore ha una responsabilità dal momento che i suoi messaggi possono avere un'influenza, soprattutto sui soggetti più deboli, ed è quindi necessario che sia attento a utilizzare un approccio etico.
Per approfondire quali strumenti di comunicazione possono essere considerati efficaci e influenti nelle campagne sociali e ambientali, è necessario capire gli schemi cognitivi dei destinatari della comunicazione.
L'individuo, per adattarsi alle diverse situazioni della vita, si riferisce alle conoscenze di cui dispone e alle quali ricorre in modo inconsapevole nell'agire quotidiano.
Per questo, il capitolo terzo descrive la psicologia sociale, le dinamiche di gruppo e le tecniche di comunicazione persuasiva.
La psicologia sociale, che studia le interazioni tra individui e individui e ambiente, vuole comprendere comportamenti e atteggiamenti della società che, però, sono prima di tutto individuali.
Una parte importante della psicologia sociale è rappresentata dalle dinamiche di gruppo, ossia l'insieme dei fenomeni psicosociali che permettono al gruppo di agire sul singolo ma anche di agire sul gruppo nel suo insieme.
Per poter influenzare le abitudini di un gruppo, è necessario comprenderne l'aspetto sociologico e quello funzionale o, in altri termini, è necessario capire i ruoli sociali interni al gruppo e i codici della comunicazione.
Le comunicazioni sono la causa e il riflesso della struttura interna del gruppo, perché determinano le relazioni interpersonali, le amicizie, le inimicizie, gli accordi e i disaccordi.
Nella società moderna, definita società dell'informazione, assume sempre più importanza la comunicazione persuasiva. Oggi parlare di persuasione significa parlare di pubblicità.
Con questo lavoro, vorrei dimostrare che la pubblicità, nata per diffondere informazioni di ordine commerciale, può avere molte potenzialità anche per aumentare la consapevolezza dell'opinione pubblica riguardo alle tematiche ambientali e, successivamente, per incentivare l'azione personale.
È ormai evidente l'utilizzo della pubblicità emozionale che ha anche valenze simboliche; le strategie di pubblicità commerciale sono applicate a temi sociali per i quali è necessario, non solo divulgare informazioni, ma anche esortare all'azione: si parla di pubblicità sociale.
Gli effetti che ci si attende dalla pubblicità sociale, riguardano sia l'aumento delle conoscenze sia, e soprattutto, l'eliminazione di comportamenti a rischio. Il problema fondamentale è, come noto, che spesso alla nuova informazione non segue la modifica del comportamento determinando una netta discontinuità tra conoscenza, coscienza del rischio e comportamenti.
Quando si parla di cambiare atteggiamenti e comportamenti nei confronti dell'ambiente, diventa importante riflettere sul ruolo delle istituzioni e delle imprese. La tesi si chiude, infatti, con una breve rassegna delle politiche e delle economie ambientali adottate dai governi locali e sovranazionali (come l'Unione Europea). Nell'ottica del decoupling (disaccoppiamento), cioè ridurre gli impatti negativi prodotti dall'uso non sostenibile delle risorse, mantenendo però l'economia in espansione, gli strumenti più utilizzati rimangono le tasse ambientali e i sussidi alla riduzione delle emissioni.
La sfida per i politici consiste nel favorire la crescita economica evitando però il degrado ambientale. In effetti, quando si capirà che degrado ambientale significa perdita di benessere e rischi per la salute, allora si potrà dire che l'ambiente è diventato un problema economico.
Tratto, infine, il concetto di “imprenditorialità responsabile”: l'impresa socialmente responsabile, non si sente solo produttrice di profitto ma anche promotrice di giustizia sociale e tutela dell'ambiente. Si concentra sulla dimensione locale, promuovendo la partecipazione di tutti i soggetti portatori di interesse (soci, dipendenti, fornitori, enti locali) e mantenendo un rapporto trasparente di collaborazione. Sono dimostrati i vantaggi che questo tipo di impresa può avere: fidelizzazione della clientela, buona reputazione nel lungo periodo, soddisfazione dei dipendenti.
Esistono molti strumenti di rendicontazione sociale e ambientale, tra cui il codice etico d'impresa, il bilancio di sostenibilità o le certificazioni ambientali.
L'imprenditore socialmente responsabile arriva alla fusione della sfera professionale con quella etica e morale.
Il primo capitolo tratta della teoria dell'impronta ecologica, ideata da Mathis Wackernagel e William Rees nel 1996.
L'impronta ecologica è definita come un indicatore sintetico che misura l'impatto dell'uomo sulla Terra esprimendolo in unità di spazio, cioè convertendo il dato dei consumi in superficie di territorio corrispondente. In altri termini, misura lo spazio biologicamente produttivo occupato dall'uomo in relazione alla produttività media mondiale.
La misura comprende tutta la superficie utilizzata da una popolazione, indipendentemente dal luogo in cui essa vive, per includere i rapporti commerciali tra Paesi che modificano l'impronta ecologica.
Dire che una nazione ha un'impronta ecologica di 5 ettari, significa dire che 5 ettari dello spazio biologicamente produttivo della Terra sono utilizzati per le attività di produzione e consumo di quella nazione.
Il territorio bioproduttivo a disposizione era all'inizio del secolo pari a circa 5 ettari pro capite; nel 1994 era invece di 1,5.
Osservando il grafico relativo all'impronta ecologica dei diversi Paesi del mondo, si nota che quasi tutti hanno un deficit ecologico, ossia la loro impronta eccede la biocapacità media disponibile. Un deficit ecologico nazionale può essere controbilanciato dalle esportazioni ma, un deficit globale non può essere bilanciato ed equivale a un sovraccarico mondiale.
I due scienziati introducono il concetto di carrying capacity umana.
Per carrying capacity di un ecosistema, si intende il massimo numero di individui di una popolazione che un habitat può sopportare senza subire squilibri.
La carrying capacity umana deve considerare anche il ruolo del commercio e della tecnologia ed è quindi definita come il massimo carico che l'umanità può imporre stabilmente all'ecosfera senza correre rischi.
Il metodo di calcolo si basa sull'incrocio dei dati relativi a categorie di utilizzo e categorie di consumo.
Prima di elencare le suddette categorie, è necessario ricordare che i calcoli dell'impronta ecologica assumono delle semplificazioni che portano a una sottostima dei valori reali ma non a un risultato grossolano. Nella definizione dei servizi forniti all'uomo dalla natura, ad esempio, non sono considerati (almeno nell'esposizione originale, poi aggiornata e modificata) l'estrazione di acqua dolce o le forme di inquinamento per le quali non esistono dati sufficienti, come le piogge acide. Inoltre, vengono escluse le attività che intaccano permanentemente la capacità di rigenerazione della natura (come la desertificazione o l'uso di sostanze non assimilabili: PCB, CFC, diossine).
Le categorie di utilizzo sono:
1. Terra energetica: stima l'area bioproduttiva necessaria per assorbire la CO2 prodotta dall'uso dei combustibili fossili e per evitare l'aumento di concentrazione atmosferica di questo gas.
2. Territorio agricolo: comprende le terre destinate alla produzione di cibo, mangimi, oli, fibre.
3. Pascoli: sono i terreni destinati all'allevamento e alla produzione di lana, carne, latticini.
4. Foreste.
5. Territorio edificato: comprende tutte le infrastrutture per la residenza, i trasporti e l'industria sono territori gravemente degradati e non più bioproduttivi.
Le categorie di consumo sono:
1. Alimenti.
2. Abitazioni
3. Trasporti
4. Beni di consumo
5. Servizi.
Globalmente, l'impronta dei consumi è uguale a quella della produzione ma, a livello nazionale o regionale, è, invece:
consumo netto = produzione - esportazioni + importazioni
Per passare al dato in ettari è necessario calcolare l'area pro capite per ciascun bene (sab), dividendo il consumo medio annuale di quel bene (cb) per la produttività media annuale (pb):
sab = cb /pb
La sommatoria di tali aree dà l'impronta ecologica media e, moltiplicando tale dato per il numero totale degli individui della popolazione, si ottiene l'impronta ecologica della popolazione in esame.
Lo scopo di Wackernagel e Rees era quello di stimolare il dibattito su un tema, quello dello sviluppo sostenibile, che dal 1987 (anno in cui venne proposto dalle Nazioni Unite), aveva ricevuto molte attenzioni in termini teorici ma poche invece in termini praitci.
Lo sviluppo sostenibile è definito come il processo di cambiamento delle scelte politiche, economiche e della tecnologia volto al mantenimento delle risorse naturali per garantire il soddisfacimento dei bisogni anche alle generazioni future.
L'impronta ecologica, che è utile per stimare i consumi attuali e quelli futuri, si propone come strumento per pianificare interventi sostenibili. Poiché aggrega in un solo numero molti dati relativi ai diversi compartimenti ambientali che, negli studi precedenti, erano spesso di difficile comprensione, si rivela, invece, un efficace strumento di comunicazione percepibile sia dalla popolazione che dai governi.
L'attenzione dei due scienziati è rivolta a far capire la pericolosità dell'atteggiamento disinvolto dell'uomo nei confronti della natura; si è persa la consapevolezza del legame necessario che ci lega ad essa e crediamo che la tecnologia possa sostituire completamente i beni prodotti dall'ambiente. Il paradigma attuale, che sembra essere consumo = felicità, non può continuare senza ripensamenti.
Le proposte che i due scienziati fanno, per conseguire lo sviluppo sostenibile, riguardano la dimensione locale (pianificazione di interventi locali che incentivino l'azione personale) ma anche la dimensione globale. Sostenuti da molti altri scienziati ed economisti, tra cui Stiglitz e Sen, essi prospettano il cambiamento delle politiche economiche globali e il ripensamento degli organi sovranazionali come il FMI, il WTO o la Banca Mondiale.
Per quanto riguarda le strategie locali di pianificazione sostenibile, la tesi si concentra su quali strumenti comunicativi possano renderle efficaci. Analizzo il marketing sociale come strumento per cambiare idee e comportamenti.
La disciplina del marketing sociale è stata formalizzata negli anni '90 da Kotler e Roberto che ne analizzano le possibilità per promuovere valori in nome di una causa sociale e non del profitto.
Alla base ha, in analogia con il marketing commerciale, un'attenta ricerca di mercato per definire le risorse a disposizione, gli obiettivi da raggiungere, il target di utenti designati, i mezzi di comunicazione più adeguati.
Le tattiche usate per cambiare le abitudini devono essere ben studiate partendo dall'analisi dell'ambiente di marketing (ossia dall'analisi dell'insieme di elementi esterni alla campagna che la possono influenzare) e concentrandosi poi sugli utenti designati. Secondo il loro profilo psicologico e culturale, cambierà il modo di percepire la campagna e di attuare i consigli prescritti.
Il cambiamento può avvenire per adeguamento, per identificazione o per interiorizzazione. In generale è più semplice compiere campagne di informazione (che non vogliono cambiare atteggiamenti già radicati) piuttosto che di persuasione o di richiesta di cambiamento dei valori e delle credenze.
Il prodotto del marketing sociale, che può essere una pratica (azioni o comportamenti), un'idea (credenze, attitudini, valori) o un oggetto tangibile (che, in genere, accompagna la campagna sociale per aumentarne le possibilità di successo), deve essere promosso in modo efficace.
La comunicazione di massa, che deve informare e persuadere, ha un'efficacia limitata nel cambiare le abitudini se proposta in modo isolato. Si rivela più utile se associata alla comunicazione personale, che raggiunge gli utenti non nel loro insieme ma singolarmente.
La professione del comunicatore sociale, sempre più diffusa negli enti istituzionali e nelle imprese, si rivela una professione delicata.
Il comunicatore ha una responsabilità dal momento che i suoi messaggi possono avere un'influenza, soprattutto sui soggetti più deboli, ed è quindi necessario che sia attento a utilizzare un approccio etico.
Per approfondire quali strumenti di comunicazione possono essere considerati efficaci e influenti nelle campagne sociali e ambientali, è necessario capire gli schemi cognitivi dei destinatari della comunicazione.
L'individuo, per adattarsi alle diverse situazioni della vita, si riferisce alle conoscenze di cui dispone e alle quali ricorre in modo inconsapevole nell'agire quotidiano.
Per questo, il capitolo terzo descrive la psicologia sociale, le dinamiche di gruppo e le tecniche di comunicazione persuasiva.
La psicologia sociale, che studia le interazioni tra individui e individui e ambiente, vuole comprendere comportamenti e atteggiamenti della società che, però, sono prima di tutto individuali.
Una parte importante della psicologia sociale è rappresentata dalle dinamiche di gruppo, ossia l'insieme dei fenomeni psicosociali che permettono al gruppo di agire sul singolo ma anche di agire sul gruppo nel suo insieme.
Per poter influenzare le abitudini di un gruppo, è necessario comprenderne l'aspetto sociologico e quello funzionale o, in altri termini, è necessario capire i ruoli sociali interni al gruppo e i codici della comunicazione.
Le comunicazioni sono la causa e il riflesso della struttura interna del gruppo, perché determinano le relazioni interpersonali, le amicizie, le inimicizie, gli accordi e i disaccordi.
Nella società moderna, definita società dell'informazione, assume sempre più importanza la comunicazione persuasiva. Oggi parlare di persuasione significa parlare di pubblicità.
Con questo lavoro, vorrei dimostrare che la pubblicità, nata per diffondere informazioni di ordine commerciale, può avere molte potenzialità anche per aumentare la consapevolezza dell'opinione pubblica riguardo alle tematiche ambientali e, successivamente, per incentivare l'azione personale.
È ormai evidente l'utilizzo della pubblicità emozionale che ha anche valenze simboliche; le strategie di pubblicità commerciale sono applicate a temi sociali per i quali è necessario, non solo divulgare informazioni, ma anche esortare all'azione: si parla di pubblicità sociale.
Gli effetti che ci si attende dalla pubblicità sociale, riguardano sia l'aumento delle conoscenze sia, e soprattutto, l'eliminazione di comportamenti a rischio. Il problema fondamentale è, come noto, che spesso alla nuova informazione non segue la modifica del comportamento determinando una netta discontinuità tra conoscenza, coscienza del rischio e comportamenti.
Quando si parla di cambiare atteggiamenti e comportamenti nei confronti dell'ambiente, diventa importante riflettere sul ruolo delle istituzioni e delle imprese. La tesi si chiude, infatti, con una breve rassegna delle politiche e delle economie ambientali adottate dai governi locali e sovranazionali (come l'Unione Europea). Nell'ottica del decoupling (disaccoppiamento), cioè ridurre gli impatti negativi prodotti dall'uso non sostenibile delle risorse, mantenendo però l'economia in espansione, gli strumenti più utilizzati rimangono le tasse ambientali e i sussidi alla riduzione delle emissioni.
La sfida per i politici consiste nel favorire la crescita economica evitando però il degrado ambientale. In effetti, quando si capirà che degrado ambientale significa perdita di benessere e rischi per la salute, allora si potrà dire che l'ambiente è diventato un problema economico.
Tratto, infine, il concetto di “imprenditorialità responsabile”: l'impresa socialmente responsabile, non si sente solo produttrice di profitto ma anche promotrice di giustizia sociale e tutela dell'ambiente. Si concentra sulla dimensione locale, promuovendo la partecipazione di tutti i soggetti portatori di interesse (soci, dipendenti, fornitori, enti locali) e mantenendo un rapporto trasparente di collaborazione. Sono dimostrati i vantaggi che questo tipo di impresa può avere: fidelizzazione della clientela, buona reputazione nel lungo periodo, soddisfazione dei dipendenti.
Esistono molti strumenti di rendicontazione sociale e ambientale, tra cui il codice etico d'impresa, il bilancio di sostenibilità o le certificazioni ambientali.
L'imprenditore socialmente responsabile arriva alla fusione della sfera professionale con quella etica e morale.
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