Tesi etd-01242024-213419 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
GAVANELLI, GIULIA
URN
etd-01242024-213419
Titolo
Gravidanza in pazienti con obesità severa: esiti materni e perinatali
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Simoncini, Tommaso
correlatore Dott.ssa Monacci, Francesca
correlatore Dott.ssa Benvenuti, Martina
correlatore Dott.ssa Monacci, Francesca
correlatore Dott.ssa Benvenuti, Martina
Parole chiave
- diabete gestazionale
- diabete pregravidico
- induzione di travaglio
- ipoglicemia neonatale
- macrosomia
- modalità di parto
- obesità materna
Data inizio appello
13/02/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
13/02/2094
Riassunto
Con obesità si definisce un patologico incremento ponderale correlato all’accumulo di tessuto adiposo nell’organismo, associato a severe alterazioni endocrino-metaboliche potenzialmente nocive per la salute dell’individuo.
Il grado di obesità viene stabilito calcolando il Body Mass Index (BMI). Nello specifico, l’OMS definisce obesità il riscontro di un BMI superiore o uguale a 30 kg/m2 che a sua volta è suddivisa in tre gradi di severità a cui corrisponde un crescente tasso di comorbidità: I grado (BMI = 30-34,9 kg/m2), II grado (BMI = 35-39,9 kg/m2) e III grado (BMI superiore o uguale a 40 kg/m2).
Attualmente l’obesità ha acquisito caratteristiche di epidemia mondiale e pertanto sono sempre più frequenti le donne che intraprendono una gravidanza in stato di obesità con conseguente rischio aumentato di complicanze materne e perinatali, tanto più frequenti quanto più elevato è il BMI pregravidico. In particolare, la donna gravida obesa è a maggior rischio di presentare condizioni quali diabete mellito gestazionale e pregravidico, ipertensione cronica e disturbi ipertensivi della gravidanza, traumi al parto e ricorso a taglio cesareo. Dal lato fetale e neonatale, inoltre, l’obesità materna comporta un maggior rischio di morte fetale e neonatale, alterato accrescimento fetale, prematurità e ipoglicemia neonatale.
Considerato il maggior rischio per questa categoria di pazienti, la Regione Toscana ha stabilito che le gravidanze complicate da obesità di grado severo (BMI superiore o uguale a 40 kg/m2) vengano prese in carico nei punti nascita ospedalieri di terzo livello. Questo ha comportato una maggiore affluenza di pazienti con obesità di terzo grado presso la Unit di medicina materno-fetale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.
L’obiettivo dello studio effettuato è stato quello di identificare il rischio di esiti materni e perinatali nelle donne con gravidanza complicata da obesità di classe III (BMI superiore o uguale a 40 kg/m2). Tra gli outcome materni si sono considerati: diabete mellito pregravidico, diabete mellito gestazionale, ipertensione cronica, disturbi ipertensivi gravidici, modalità di parto, emorragia post-partum e lacerazioni perineali di III e IV grado. Tra gli outcome fetali e neonatali si sono valutati: morte intrauterina fetale, morte neonatale, prematurità, alterato accrescimento fetale, distress respiratorio, asfissia neonatale, Apgar score < 7 al 5’ minuto, distocia di spalla e ipoglicemia neonatale.
I risultati ottenuti sono stati poi confrontati con i dati raccolti da una recente metanalisi e review sistematica, la prima del suo genere, intitolata “Maternal body mass index and pregnancy outcomes: a systematic review and metaanalysis”, pubblicata nel 2019 sull’American Journal of Obstetrics and Gynecology. Tale metanalisi ha definito l’incidenza degli outcome materno-fetali e neonatali stratificata sulla base del BMI pregravidico analizzando il decorso di 84.955 gravidanze.
Nel nostro studio sono state reclutate 69 pazienti con BMI superiore o uguale a 40 kg/m2 nel periodo compreso tra settembre 2021 e dicembre 2023 (28 mesi). 50 pazienti hanno completato la gravidanza presso il nostro Centro, di queste 3 sono esitate in aborto e 47 nell’espletamento del parto.
Analizzando successivamente l’incidenza degli esiti materni e perinatali, un incremento statisticamente significativo è stato rilevato per i tassi di diabete mellito gestazionale (p-value < 0,0001) e pregravidico (p-value = 0,0254), che nella nostra popolazione sono risultati rispettivamente di 48,94% e 10,64% (17,01% e 4,14% nella popolazione di riferimento). Questo verosimilmente può trovare ragione nella maggiore attenzione che la Regione Toscana dedica alla precoce identificazione di disturbi metabolici durante la gravidanza.
D’altro canto, nonostante l’aumentato rischio ostetrico e l’elevato tasso di induzioni di travaglio di parto, il tasso di parti spontanei è risultato significativamente maggiore (70,21%) contro il tasso di parti cesarei (29,79%), soprattutto quelli eseguiti in elezione (10,64%), che appare significativamente inferiore (p-value = 0,0029) se confrontato con quello della popolazione di riferimento (51,53%). Questo potrebbe essere legato alla corretta individuazione del timing del parto e l’attuazione di protocolli di assistenza al travaglio efficaci in questa sottopopolazione.
Tra gli esiti fetali e neonatali spiccano due significativi risultati, soprattutto in considerazione dell’elevato tasso di disturbi metabolici descritti nella popolazione in esame: da un lato il tasso di macrosomia (2,13%) risulta significativamente inferiore (p-value = 0,0280) rispetto alla popolazione della metanalisi (12,86%), dall’altro il tasso di ipoglicemia neonatale e di adattamento alla vita post-natale risulta concordante con quello della popolazione di riferimento (4,17% vs. 4,05%).
L’incidenza di tutti gli altri outcome materni e perinatali analizzati è risultata in linea con quella della popolazione di riferimento.
In conclusione, l’elevato tasso di diabete riscontrato nella nostra popolazione di pazienti è verosimilmente espressione di una maggiore attenzione diagnostica che si traduce, come dimostrato dai dati descritti, in un’assistenza comportamentale e terapeutica che consente di ridurre o contenere le possibili complicanze materno-fetali e neonatali che caratterizzano queste gravidanze.
Grazie ad un maggior processo di centralizzazione, negli ultimi anni sono afferite nel nostro Centro un numero progressivamente maggiore di donne con obesità pregravidica di III grado e l’analisi retrospettiva effettuata ha messo in luce una gestione soddisfacente, con esiti materno-perinatali in linea o, in certi casi migliori, rispetto a quelli rilevati nella letteratura di riferimento.
È presumibile che gli operatori sanitari dovranno essere pronti a gestire un numero sempre più frequente di gravidanze complicate da obesità severa. Pertanto, definire protocolli assistenziali specifici, senza perdere la personalizzazione delle cure, può rilevarsi uno strumento importante per prevedere e contenere sempre più efficacemente i rischi materno-fetali associati.
Il grado di obesità viene stabilito calcolando il Body Mass Index (BMI). Nello specifico, l’OMS definisce obesità il riscontro di un BMI superiore o uguale a 30 kg/m2 che a sua volta è suddivisa in tre gradi di severità a cui corrisponde un crescente tasso di comorbidità: I grado (BMI = 30-34,9 kg/m2), II grado (BMI = 35-39,9 kg/m2) e III grado (BMI superiore o uguale a 40 kg/m2).
Attualmente l’obesità ha acquisito caratteristiche di epidemia mondiale e pertanto sono sempre più frequenti le donne che intraprendono una gravidanza in stato di obesità con conseguente rischio aumentato di complicanze materne e perinatali, tanto più frequenti quanto più elevato è il BMI pregravidico. In particolare, la donna gravida obesa è a maggior rischio di presentare condizioni quali diabete mellito gestazionale e pregravidico, ipertensione cronica e disturbi ipertensivi della gravidanza, traumi al parto e ricorso a taglio cesareo. Dal lato fetale e neonatale, inoltre, l’obesità materna comporta un maggior rischio di morte fetale e neonatale, alterato accrescimento fetale, prematurità e ipoglicemia neonatale.
Considerato il maggior rischio per questa categoria di pazienti, la Regione Toscana ha stabilito che le gravidanze complicate da obesità di grado severo (BMI superiore o uguale a 40 kg/m2) vengano prese in carico nei punti nascita ospedalieri di terzo livello. Questo ha comportato una maggiore affluenza di pazienti con obesità di terzo grado presso la Unit di medicina materno-fetale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.
L’obiettivo dello studio effettuato è stato quello di identificare il rischio di esiti materni e perinatali nelle donne con gravidanza complicata da obesità di classe III (BMI superiore o uguale a 40 kg/m2). Tra gli outcome materni si sono considerati: diabete mellito pregravidico, diabete mellito gestazionale, ipertensione cronica, disturbi ipertensivi gravidici, modalità di parto, emorragia post-partum e lacerazioni perineali di III e IV grado. Tra gli outcome fetali e neonatali si sono valutati: morte intrauterina fetale, morte neonatale, prematurità, alterato accrescimento fetale, distress respiratorio, asfissia neonatale, Apgar score < 7 al 5’ minuto, distocia di spalla e ipoglicemia neonatale.
I risultati ottenuti sono stati poi confrontati con i dati raccolti da una recente metanalisi e review sistematica, la prima del suo genere, intitolata “Maternal body mass index and pregnancy outcomes: a systematic review and metaanalysis”, pubblicata nel 2019 sull’American Journal of Obstetrics and Gynecology. Tale metanalisi ha definito l’incidenza degli outcome materno-fetali e neonatali stratificata sulla base del BMI pregravidico analizzando il decorso di 84.955 gravidanze.
Nel nostro studio sono state reclutate 69 pazienti con BMI superiore o uguale a 40 kg/m2 nel periodo compreso tra settembre 2021 e dicembre 2023 (28 mesi). 50 pazienti hanno completato la gravidanza presso il nostro Centro, di queste 3 sono esitate in aborto e 47 nell’espletamento del parto.
Analizzando successivamente l’incidenza degli esiti materni e perinatali, un incremento statisticamente significativo è stato rilevato per i tassi di diabete mellito gestazionale (p-value < 0,0001) e pregravidico (p-value = 0,0254), che nella nostra popolazione sono risultati rispettivamente di 48,94% e 10,64% (17,01% e 4,14% nella popolazione di riferimento). Questo verosimilmente può trovare ragione nella maggiore attenzione che la Regione Toscana dedica alla precoce identificazione di disturbi metabolici durante la gravidanza.
D’altro canto, nonostante l’aumentato rischio ostetrico e l’elevato tasso di induzioni di travaglio di parto, il tasso di parti spontanei è risultato significativamente maggiore (70,21%) contro il tasso di parti cesarei (29,79%), soprattutto quelli eseguiti in elezione (10,64%), che appare significativamente inferiore (p-value = 0,0029) se confrontato con quello della popolazione di riferimento (51,53%). Questo potrebbe essere legato alla corretta individuazione del timing del parto e l’attuazione di protocolli di assistenza al travaglio efficaci in questa sottopopolazione.
Tra gli esiti fetali e neonatali spiccano due significativi risultati, soprattutto in considerazione dell’elevato tasso di disturbi metabolici descritti nella popolazione in esame: da un lato il tasso di macrosomia (2,13%) risulta significativamente inferiore (p-value = 0,0280) rispetto alla popolazione della metanalisi (12,86%), dall’altro il tasso di ipoglicemia neonatale e di adattamento alla vita post-natale risulta concordante con quello della popolazione di riferimento (4,17% vs. 4,05%).
L’incidenza di tutti gli altri outcome materni e perinatali analizzati è risultata in linea con quella della popolazione di riferimento.
In conclusione, l’elevato tasso di diabete riscontrato nella nostra popolazione di pazienti è verosimilmente espressione di una maggiore attenzione diagnostica che si traduce, come dimostrato dai dati descritti, in un’assistenza comportamentale e terapeutica che consente di ridurre o contenere le possibili complicanze materno-fetali e neonatali che caratterizzano queste gravidanze.
Grazie ad un maggior processo di centralizzazione, negli ultimi anni sono afferite nel nostro Centro un numero progressivamente maggiore di donne con obesità pregravidica di III grado e l’analisi retrospettiva effettuata ha messo in luce una gestione soddisfacente, con esiti materno-perinatali in linea o, in certi casi migliori, rispetto a quelli rilevati nella letteratura di riferimento.
È presumibile che gli operatori sanitari dovranno essere pronti a gestire un numero sempre più frequente di gravidanze complicate da obesità severa. Pertanto, definire protocolli assistenziali specifici, senza perdere la personalizzazione delle cure, può rilevarsi uno strumento importante per prevedere e contenere sempre più efficacemente i rischi materno-fetali associati.
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