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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-01242024-085202


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CASINI, MIRCO
URN
etd-01242024-085202
Titolo
Il Settecento e l'Ottocento a Carrara. Dalla Rivoluzione industriale e la formazione delle borghesie, alla nascita del movimento operaio e ai moti di rivolta
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E CIVILTÀ
Relatori
relatore Prof. Fulvetti, Gianluca
relatore Prof. Addobbati, Andrea
Parole chiave
  • marmo
  • borghesie
  • proletariato
  • moti di rivolta
Data inizio appello
09/02/2024
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
Questo lavoro si propone di indagare due particolari secoli, il XVIII e il XIX, con i loro relativi avvenimenti nella città di Carrara e dintorni, soprattutto nell’economia marmifera. Dove gli sviluppi tecnologici e commerciali determinarono dinamiche che, intersecandosi con i più vasti mutamenti politici, favorirono il formarsi di processi culturali che connotarono fortemente quel territorio. Il Settecento si aprì con tutta una serie di personaggi che, partendo da una condizione operaia, presero a maturare competenze evolvendosi con intraprendenza tanto da creare problemi di concorrenza alla consolidata aristocrazia. La quale, appoggiandosi sui governanti estensi, vi si contrappose duramente. In tutto ciò, la produzione industriale risentiva delle oscillazioni dei mercati e quell’oligarchia che la dominava si limitava a gestire l’esistente e, forte della posizione di dominio e rendita, neanche di preoccupava di aprirsi a iniziative volte a sopperire alle crisi. Tant’è che si arrivò poi a far si che il ceto emergente, ovvero la borghesia in formazione, riuscì a sostituirsi a quel gruppo di potere che si limitava a adagiarsi sulle rendite di posizione. Furono poche le famiglie nobiliari a restare ai vertici della società, vi riuscirono nella misura in cui si “fecero borghesia”, ossia si misero al passo con i mutati tempi. Gli estensi produssero molte normative (ancora oggi attive e oggetto di contenziosi), in una qualche misura, pressati dagli eventi, riuscirono a mediare in modo tattico. Alla fine del Settecento, con l’arrivo della dominazione napoleonica, si assistette a una accelerazione di questi processi sociali. Al dinamismo dei governanti si affiancarono i progressi tecnologici, figli della Rivoluzione Industriale, nel processo produttivo. Dunque, fermo restando le fluttuazioni dei mercati, si produceva molto di più, il borgo si sviluppava, la pianura veniva bonificata e si assisteva a un incremento dell’immigrazione. A questo aumento produttivo, e quindi dei guadagni da parte degli industriali, non corrispondeva però un miglioramento della qualità della vita delle masse proletarie. Le innovazioni tecnologiche, nei fatti, determinarono ancor più pesanti condizioni di sfruttamento, con alti tassi di morti sul lavoro, ferimenti e insalubrità, a cui si aggiungeva il ripetersi di periodi di pestilenze. V’è da dire che, a partire dagli anni Trenta del XIX secolo, favorita da una buona stabilità dei commerci, l’industria marmifera visse un buon periodo, gli stessi stipendi dei lavoratori divennero un poco più superiori alle altre categorie operaie. Aspetto questo che ebbe un’azione mitigante rispetto al mutato clima governativo; infatti, dopo il Congresso di Vienna erano rientrati gli estensi e, soprattutto dopo la morte di Maria Beatrice, avvenuta nel 1829, suo figlio Francesco IV aveva imposto un clima poliziesco. Linea che tenne anche il suo successore Francesco V, ma questa volta la forza degli eventi internazionali, i moti del 48 e la guerra di indipendenza si rifletterono con forza anche nei territori apuani. La partecipazione fu ampia anche negli strati popolari, presero a formarsi le organizzazioni clandestine massoniche, e non solo, che si evidenziarono come un movimento di liberazione. In queste lotte le masse proletarie riponevano anche una prospettiva di miglioramento sociale: ne andarono deluse e le stesse organizzazioni clandestine si tramutarono nelle prime embrionali forme di organizzazione del movimento operaio. Quel ribellismo che vi si andò consolidando divenne terreno fertile per le idee anarchiche e socialiste che iniziavano a propagarsi in tutto il continente, in quella realtà favorirono anche un dibattito interno ai mazziniani, al punto da dividersi e spostarsi verso forme più radicali. Carrara, nel contesto nazionale, divenne una delle aree libertarie più forti, in un crescendo di tentativi insurrezionali e ondate repressive, si arrivò ai moti del 1894 (conosciuti come moti di Lunigiana). Essi rappresentarono uno spartiacque, vennero duramente repressi, fu applicato lo stato d’assedio, ma, dopo la fase cruenta, ci furono miglioramenti nella condizione dei lavoratori e lo stesso movimento anarchico si evolse in chiave sindacale.
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