Tesi etd-01242017-120610 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
GALASSO, LUCREZIA
URN
etd-01242017-120610
Titolo
Effetti di una particolare stimolazione del nervo trigemino sul microcircolo piale in ratti normotesi e ipertesi: aspetti emodinamici e molecolari.
Dipartimento
BIOLOGIA
Corso di studi
BIOLOGIA APPLICATA ALLA BIOMEDICINA
Relatori
relatore Dott.ssa Scuri, Rossana
relatore Dott.ssa Sabatino, Laura
relatore Dott.ssa Sabatino, Laura
Parole chiave
- angiotensina II
- ipertensione
- microcircolo piale
- riflesso trigemino-cardiaco
Data inizio appello
13/02/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
La stimolazione delle branche periferiche del nervo trigemino, V nervo cranico, induce nell’uomo modificazioni dei parametri cardiovascolari noti come riflesso trigemino-cardiaco (Shaller et al., 1999).
Precedentemente è stato osservato in soggetti volontari sani che una breve apertura sub-massimale della bocca della durata di 10 minuti, definita “estensione mandibolare” (EM), indotta ponendo tra gli incisivi superiori e inferiori una lamina di metallo piegata a U, causava una prolungata e significativa riduzione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca (FC) che perdurava per almeno 80 minuti (Brunelli et al., 2012).
Data la potenziale importanza di questa osservazione, allo scopo di comprendere meglio i meccanismi alla base di un trattamento non invasivo quale EM in grado di controllare la pressione arteriosa e conseguentemente la microcircolazione cerebrale, è stato messo a punto un modello animale che consentisse di ottenere dati utili per un eventuale utilizzo del trattamento nella pratica clinica.
In ratti normotesi e resi sperimentalmente ipertesi, anestetizzati per tutta la durata dell’esperimento, è stata indotta EM mediante un dispositivo opportunamente costruito che riproduce il modello usato nei soggetti umani. I dati ottenuti hanno confermato l’effetto ipotensivo e bradicardico di EM osservato nell’uomo, evidenziando che gli effetti maggiori, in termini sia di riduzione della pressione arteriosa media (PAM), sia di durata dell’effetto, si ottenevano con EM della durata di 10 minuti che producevano una immediata riduzione di PAM di 25 mmHg e tale effetto si manteneva per circa 160 minuti.
Questi effetti sono stati aboliti dalla dissezione delle branche periferiche del nervo trigemino. Inoltre, la ripetizione di EM secondo un protocollo che prevedeva due EM della durata di 10 minuti effettuate a distanza di 10 minuti l’una dall’altra, determinava effetti ipotensivi di entità simile a quelli indotti da una singola EM, ma ne prolungava la durata per l’intero periodo di osservazione post-trattamento, protratto per 240 minuti.
Mediante una tecnica di visualizzazione in vivo in microscopia in fluorescenza, nel nostro laboratorio, sono state osservate le modificazioni della perfusione cerebrale a seguito all’applicazione di EM in ratti normotesi. Valutando le variazioni del diametro delle arteriole piali nella regione parietale (dove proiettano le afferenze trigeminali), si è osservato che una singola EM determina una vasocostrizione, concomitante ad EM, innescata dall’attivazione dei nocicettori trigeminali, seguita da una vasodilatazione, che persisteva per 180 minuti, sostenuta dal rilascio di ossido nitrico per l’incremento di attività delle ossido nitrico sintetasi endoteliali (eNOS) e neuronali (nNOS) (Lapi et al., 2014).
Nel presente lavoro di tesi, sono stati valutati gli effetti di 2 EM ravvicinate (secondo il protocollo precedentemente descritto) sul microcircolo piale sia a livello parietale, sia a livello della corteccia frontale, esempio di area non interessata dall’elaborazione degli stimoli trigeminali. In particolare sono state valutate le variazioni dei diametri delle arteriole piali di ordine 2.
Sono stati utilizzati ratti Wistar maschi adulti (età 5 – 7 mesi) normotesi o resi sperimentalmente ipertesi mediante somministrazione giornaliera sottocutanea per 7 giorni di desametasone (20 mg/kg/giorno) e dieta arricchita di sale.
Nei ratti normotesi si è osservata una vasocostrizione concomitante con la prima EM (EM1) e una successiva vasodilatazione che si è protratta durante la seconda EM (EM2) e per tutto il periodo di osservazione post-EM2 (240 minuti). Questa risposta bifasica è stata osservata sia a livello dell’area parietale sia a livello dell’area frontale, dove la vasodilatazione ha raggiunto immediatamente dopo EM1 valori significativamente maggiori rispetto a quelli registrati nell’area parietale.
Nei ratti ipertesi, invece, a livello frontale non si è registrata vasocostrizione durante EM1 e la vasodilatazione è avvenuta più tardivamente raggiungendo valori significativamente maggiori verso la fine del periodo di osservazione.
In campioni di ratti normotesi e resi ipertesi è stata indotta una singola EM, e l’osservazione è stata protratta per tutto il periodo corrispondente alla durata degli esperimenti di 2EM ravvicinatre. Il confronto tra i risultati ottenuti con le due procedure sperimentali ha evidenziato come nell’area parietale la ripetizione di EM prolunghi gli effetti vasodilatatori sia nei ratti normotesi che ipertesi. Nell’area frontale, la ripetizione di EM incrementava l’effetto vasodilatatorio rispetto a quello ottenuto con singola EM nei ratti normotesi, mentre, nei ratti resi ipertesi, induceva vasodilatazione che invece era assente dopo singola EM.
Sono stati studiati anche ratti resi ipertesi con due finestre craniali (parietale e frontale), per escludere che il diverso comportamento mostrato dalle arteriole piali a seguito di EM nelle due diverse aree cerebrali analizzate potesse dipendere dalla variabilità animale. Anche in questi animali, nell’area frontale EM non causava vasocostrizione e la vasodilatazione si verificava più tardivamente rispetto all’area parietale.
In tutti gli animali è stata registrata PAM mediante sistema computerizzato collegato ad un catetere posto in arteria femorale, e derivata FC dal tracciato ECG acquisito in continuo. I dati raccolti hanno mostrato un prolungato effetto ipotensivo indotto dalla ripetizione di EM e moderati effetti bradicardici, poiché in alcuni casi, la notevole riduzione di PAM ha determinato di per sè un elevato incremento di FC.
Come controllo sono stati utilizzati ratti normotesi o resi sperimentalmente ipertesi che avevano subito solo le procedure chirurgiche (shame operated, SO). In questi ratti tutti i parametri presi in esame non hanno mostrato variazioni significative per tutta la durata dell’osservazione che è stata protratta per 300 minuti, corrispondenti alla durata complessiva degli esperimenti di 2 EM ravvicinate.
Da questi dati emerge come gli effetti sulla microcircolazione cerebrale siano estesi ad aree non direttamente attivate dagli stimoli trigeminali e suggerisce che gli effetti emodinamici sul circolo cerebrale prodotti da EM possano derivare da effetti indotti sui meccanismi sistemici di controllo della pressione arteriosa.
Per iniziare ad indagare questo aspetto, nei ratti SO normotesi e resi ipertesi e nei ratti normotesi e resi ipertesi sottoposti a 2 EM ravvicinate, le aree cerebrali della regione parietale e frontale da cui sono stati derivati i dati emodinamici, al termine degli esprimenti, sono state prelevate e conservate a -80°C per essere successivamente sottoposte ad indagini biologico-molecolari.
L’interesse è stato rivolto al sistema di controllo legato all’angiotensina II (AngII) ed è stata valutata l’espressione genica dei geni codificanti per AT1R e AT2R (recettori per l’angiotensina II), e per ACE (enzima convertitore dell’angiotensina).
Nel cervello l’azione di AngII è mediata principalmente dai recettori AT1R mentre i recettori AT2R, molto meno diffusi, si ritiene che medino effetti contrapposti a quelli mediati da AT1R. In condizioni fisiologiche, i due sistemi si coordinano trovando una perfetta integrazione funzionale.
L’analisi Real-Time PCR, eseguita con il CFX384 RT-PCR System ha . mostrato che i livelli di espressione di AT1R, AT2R, e ACE nei ratti SO resi ipertesi sono significativamente più bassi rispetto ai ratti SO normotesi, e che EM determina un significativo incremento dei livelli di espressione dei geni per AT1R, AT2R e ACE nei ratti ipertesi, mentre nei ratti normotesi determina una significativa riduzione dell’espressione del gene per AT2R e non modifica significativamente l’espressione dei geni per AT1R e ACE.
I dati raccolti nel loro insieme suggeriscono che ripetute EM sono in grado di attivare specifici meccanismi di regolazione dell’emodinamica che si riflette anche a livello cerebrale migliorando la perfusione cerebrale. Queste osservazioni sperimentali possono rappresentare un punto di partenza per l’elaborazione di protocolli da attuare nel trattamento clinico di stati patologici, quali l’ipertensione.
Precedentemente è stato osservato in soggetti volontari sani che una breve apertura sub-massimale della bocca della durata di 10 minuti, definita “estensione mandibolare” (EM), indotta ponendo tra gli incisivi superiori e inferiori una lamina di metallo piegata a U, causava una prolungata e significativa riduzione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca (FC) che perdurava per almeno 80 minuti (Brunelli et al., 2012).
Data la potenziale importanza di questa osservazione, allo scopo di comprendere meglio i meccanismi alla base di un trattamento non invasivo quale EM in grado di controllare la pressione arteriosa e conseguentemente la microcircolazione cerebrale, è stato messo a punto un modello animale che consentisse di ottenere dati utili per un eventuale utilizzo del trattamento nella pratica clinica.
In ratti normotesi e resi sperimentalmente ipertesi, anestetizzati per tutta la durata dell’esperimento, è stata indotta EM mediante un dispositivo opportunamente costruito che riproduce il modello usato nei soggetti umani. I dati ottenuti hanno confermato l’effetto ipotensivo e bradicardico di EM osservato nell’uomo, evidenziando che gli effetti maggiori, in termini sia di riduzione della pressione arteriosa media (PAM), sia di durata dell’effetto, si ottenevano con EM della durata di 10 minuti che producevano una immediata riduzione di PAM di 25 mmHg e tale effetto si manteneva per circa 160 minuti.
Questi effetti sono stati aboliti dalla dissezione delle branche periferiche del nervo trigemino. Inoltre, la ripetizione di EM secondo un protocollo che prevedeva due EM della durata di 10 minuti effettuate a distanza di 10 minuti l’una dall’altra, determinava effetti ipotensivi di entità simile a quelli indotti da una singola EM, ma ne prolungava la durata per l’intero periodo di osservazione post-trattamento, protratto per 240 minuti.
Mediante una tecnica di visualizzazione in vivo in microscopia in fluorescenza, nel nostro laboratorio, sono state osservate le modificazioni della perfusione cerebrale a seguito all’applicazione di EM in ratti normotesi. Valutando le variazioni del diametro delle arteriole piali nella regione parietale (dove proiettano le afferenze trigeminali), si è osservato che una singola EM determina una vasocostrizione, concomitante ad EM, innescata dall’attivazione dei nocicettori trigeminali, seguita da una vasodilatazione, che persisteva per 180 minuti, sostenuta dal rilascio di ossido nitrico per l’incremento di attività delle ossido nitrico sintetasi endoteliali (eNOS) e neuronali (nNOS) (Lapi et al., 2014).
Nel presente lavoro di tesi, sono stati valutati gli effetti di 2 EM ravvicinate (secondo il protocollo precedentemente descritto) sul microcircolo piale sia a livello parietale, sia a livello della corteccia frontale, esempio di area non interessata dall’elaborazione degli stimoli trigeminali. In particolare sono state valutate le variazioni dei diametri delle arteriole piali di ordine 2.
Sono stati utilizzati ratti Wistar maschi adulti (età 5 – 7 mesi) normotesi o resi sperimentalmente ipertesi mediante somministrazione giornaliera sottocutanea per 7 giorni di desametasone (20 mg/kg/giorno) e dieta arricchita di sale.
Nei ratti normotesi si è osservata una vasocostrizione concomitante con la prima EM (EM1) e una successiva vasodilatazione che si è protratta durante la seconda EM (EM2) e per tutto il periodo di osservazione post-EM2 (240 minuti). Questa risposta bifasica è stata osservata sia a livello dell’area parietale sia a livello dell’area frontale, dove la vasodilatazione ha raggiunto immediatamente dopo EM1 valori significativamente maggiori rispetto a quelli registrati nell’area parietale.
Nei ratti ipertesi, invece, a livello frontale non si è registrata vasocostrizione durante EM1 e la vasodilatazione è avvenuta più tardivamente raggiungendo valori significativamente maggiori verso la fine del periodo di osservazione.
In campioni di ratti normotesi e resi ipertesi è stata indotta una singola EM, e l’osservazione è stata protratta per tutto il periodo corrispondente alla durata degli esperimenti di 2EM ravvicinatre. Il confronto tra i risultati ottenuti con le due procedure sperimentali ha evidenziato come nell’area parietale la ripetizione di EM prolunghi gli effetti vasodilatatori sia nei ratti normotesi che ipertesi. Nell’area frontale, la ripetizione di EM incrementava l’effetto vasodilatatorio rispetto a quello ottenuto con singola EM nei ratti normotesi, mentre, nei ratti resi ipertesi, induceva vasodilatazione che invece era assente dopo singola EM.
Sono stati studiati anche ratti resi ipertesi con due finestre craniali (parietale e frontale), per escludere che il diverso comportamento mostrato dalle arteriole piali a seguito di EM nelle due diverse aree cerebrali analizzate potesse dipendere dalla variabilità animale. Anche in questi animali, nell’area frontale EM non causava vasocostrizione e la vasodilatazione si verificava più tardivamente rispetto all’area parietale.
In tutti gli animali è stata registrata PAM mediante sistema computerizzato collegato ad un catetere posto in arteria femorale, e derivata FC dal tracciato ECG acquisito in continuo. I dati raccolti hanno mostrato un prolungato effetto ipotensivo indotto dalla ripetizione di EM e moderati effetti bradicardici, poiché in alcuni casi, la notevole riduzione di PAM ha determinato di per sè un elevato incremento di FC.
Come controllo sono stati utilizzati ratti normotesi o resi sperimentalmente ipertesi che avevano subito solo le procedure chirurgiche (shame operated, SO). In questi ratti tutti i parametri presi in esame non hanno mostrato variazioni significative per tutta la durata dell’osservazione che è stata protratta per 300 minuti, corrispondenti alla durata complessiva degli esperimenti di 2 EM ravvicinate.
Da questi dati emerge come gli effetti sulla microcircolazione cerebrale siano estesi ad aree non direttamente attivate dagli stimoli trigeminali e suggerisce che gli effetti emodinamici sul circolo cerebrale prodotti da EM possano derivare da effetti indotti sui meccanismi sistemici di controllo della pressione arteriosa.
Per iniziare ad indagare questo aspetto, nei ratti SO normotesi e resi ipertesi e nei ratti normotesi e resi ipertesi sottoposti a 2 EM ravvicinate, le aree cerebrali della regione parietale e frontale da cui sono stati derivati i dati emodinamici, al termine degli esprimenti, sono state prelevate e conservate a -80°C per essere successivamente sottoposte ad indagini biologico-molecolari.
L’interesse è stato rivolto al sistema di controllo legato all’angiotensina II (AngII) ed è stata valutata l’espressione genica dei geni codificanti per AT1R e AT2R (recettori per l’angiotensina II), e per ACE (enzima convertitore dell’angiotensina).
Nel cervello l’azione di AngII è mediata principalmente dai recettori AT1R mentre i recettori AT2R, molto meno diffusi, si ritiene che medino effetti contrapposti a quelli mediati da AT1R. In condizioni fisiologiche, i due sistemi si coordinano trovando una perfetta integrazione funzionale.
L’analisi Real-Time PCR, eseguita con il CFX384 RT-PCR System ha . mostrato che i livelli di espressione di AT1R, AT2R, e ACE nei ratti SO resi ipertesi sono significativamente più bassi rispetto ai ratti SO normotesi, e che EM determina un significativo incremento dei livelli di espressione dei geni per AT1R, AT2R e ACE nei ratti ipertesi, mentre nei ratti normotesi determina una significativa riduzione dell’espressione del gene per AT2R e non modifica significativamente l’espressione dei geni per AT1R e ACE.
I dati raccolti nel loro insieme suggeriscono che ripetute EM sono in grado di attivare specifici meccanismi di regolazione dell’emodinamica che si riflette anche a livello cerebrale migliorando la perfusione cerebrale. Queste osservazioni sperimentali possono rappresentare un punto di partenza per l’elaborazione di protocolli da attuare nel trattamento clinico di stati patologici, quali l’ipertensione.
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