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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-01242007-165826


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
Pasquinelli, Cecilia
Indirizzo email
cecilia.pasquinelli@gmail.com
URN
etd-01242007-165826
Titolo
Il "terzo livello" nella programmazione dei fondi strutturali. Un confronto tra Italia e Spagna.
Dipartimento
ECONOMIA
Corso di studi
SVILUPPO E GESTIONE SOSTENIBILE DEL TERRITORIO
Relatori
Relatore Conti, Gian Luca
Parole chiave
  • regioni
  • multilevel governance
  • fondi strutturali
Data inizio appello
21/02/2007
Consultabilità
Completa
Riassunto
In seguito al percorso di integrazione europea, e dunque di costruzione dell'Unione, molti studiosi hanno cercato di identificare un modello che ben rappresentasse il nuovo assetto in cui, agli Stati, si sommava la presenza di un livello sovranazionale, costituito dalle istituzioni europee. Il modello più innovativo e sicuramente largamente condiviso fino agli anni '90, è quello della multi-level governance, in cui trova ampio spazio un terzo livello, quello cioè costituito dalle regioni.
A tale impostazione teorica si contrappone il modello inter-governamentalista, in cui la figura dello Stato centrale guida l'azione comunitaria e, nelle relazioni tra il livello sub-nazionale e sovranazionale, svolge un ruolo mediano di gatekeeper, interrompendo così i contatti diretti tra questi due livelli (capitolo 1).
Sulla base di questa duplice impostazione teorica, è significativo vedere quale sia il modello più adeguato al sistema definito per la politica di coesione che, dato il dichiarato ruolo centrale delle regioni, rappresenta un ottimo banco di prova per vedere se il grado di partecipazione regionale alla policy permette di affermare la validità del modello multi-level o piuttosto di quello inter-governamentalista (o dello Stato gatekeeper). Agli inizi, la politica strutturale aveva reso ottimisti nell'affermare la logica multi-livello, data la portata rivoluzionaria del principio di partnership introdotto; costituirebbe però una visione assolutamente parziale fermarsi ai primi momenti, senza osservare l'intero percorso evolutivo (capitolo 2).
Per inquadrare tale divenire, non si può prescindere dalle raccomandazioni comunitarie susseguitesi in favore di una penetrazione più decisa delle regioni nel decision making, pur rimanendo nei limiti della sovranità nazionale per cui ogni Paese definisce autonomamente il proprio ordinamento interno: la massima espressione dell'invito comunitario a coinvolgere maggiormente le regioni è rappresentata dal Libro Bianco sulla governance europea, del 2001 (capitolo 3). Questo documento è una necessaria premessa per inquadrare l'ipotesi di una possibile ri-nazionalizzazione della politica strutturale che culmina proprio coi regolamenti per il periodo 2007-2013: al contrario delle affermazioni della Commissione che spingeva ad un coinvolgimento regionale maggiore in fase decisionale, i regolamenti prodotti mostrano segni di un compromesso politico che rimette al centro della programmazione lo Stato centrale. Dunque si può parlare oggi di una maggiore adeguatezza del modello inter-governamentalista? (capitolo 4)
Una risposta, seppur non definitiva, si potrebbe dare soltanto studiando caso per caso gli effetti fin qui prodotti dalla politica di coesione nei singoli Stati membri, poiché ognuno di questi mostra un grado diverso di decentramento e di utilizzo delle possibilità offerte dal principio di partnership istituzionale.
Analizzando il caso spagnolo e quello italiano, si notano due gradi di coinvolgimento sub-nazionale molto diversi, cosa che può anche sorprendere data la simile forma di Stato dei due Paesi, poiché infatti entrambi constano di un'articolazione regionale complessa e ben delineata, e soprattutto in continuo divenire (capitolo 5 e 6).
Certo è che gli input della politica di coesione, che di sicuro in origine spingevano al partenariato verticale e che poi si sono affievoliti, hanno contribuito a far scattare il meccanismo di decentramento, ma è vero anche che la realizzazione di questo, come la Commissione sostiene con convinzione, dipende dalla volontà dei singoli Stati che decidono come relazionarsi con le proprie regioni.
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