Tesi etd-01212020-190632 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CANOVAI, ALESSIO
URN
etd-01212020-190632
Titolo
Analisi dei meccanismi autofagici in un modello di retinopatia indotta dall'ossigeno (OIR) nel ratto
Dipartimento
BIOLOGIA
Corso di studi
BIOLOGIA APPLICATA ALLA BIOMEDICINA
Relatori
relatore Prof. Dal Monte, Massimo
Parole chiave
- autofagia
- BRB
- modello OIR
- protocollo 50/10
- ROP
Data inizio appello
10/02/2020
Consultabilità
Completa
Riassunto
La Retinopatia del Prematuro (ROP) è una patologia microvascolare che colpisce la retina dei bambini nati pretermine ed è una delle principali cause di cecità nell'età neonatale. La ROP è caratterizzata da una prima fase in cui si ha la formazione di un'area avascolare periferica, dovuta a fenomeni di ritardo nella crescita dei vasi, e da una fase di neovascolarizzazione patologica, con i vasi che possono estendersi all'interno del vitreo e portare al distacco della retina. L'incompleto sviluppo del sistema vascolare della retina, al momento della nascita prematura, e la differenza fra le pressioni parziali di ossigeno fra ambiente uterino e atmosferico, costituiscono le principali cause per le quali si ha la formazione dell'area avascolare.
La corretta crescita della vascolarizzazione retinica dipende da diversi fattori angiogenici, tra cui il più importante è il fattore di crescita dell'endotelio vascolare (VEGF). La sua espressione dipende dalla stabilizzazione del fattore di trascrizione indotto dall'ipossia 1 (HIF-1), che avviene in condizioni di ipossia, a pressioni parziali di ossigeno (pO2) inferiori a quella atmosferica, che è circa del 21%. Essendo la pO2 nell'utero inferiore al 21%, al momento della nascita prematura la retina è esposta ad una condizione di iperossia relativa, poiché i livelli di ossigeno atmosferico sono maggiori di quelli a cui il neonato si era adattato. Tale condizione comporta una diminuzione dei livelli di VEGF, poiché HIF-1 è destabilizzato e diminuisce la sua concentrazione. Questo fenomeno porta alla formazione dell'area avascolare ed è aggravato dall'incompleto sviluppo della vascolarizzazione retinica superficiale, che termina la sua crescita al nono mese di gravidanza. Mano a mano che la retina sviluppa, la richiesta metabolica dei neuroni e della glia diventa troppo elevata e nelle zone non vascolarizzate non è più soddisfatta dalla semplice diffusione. In questo modo, si viene ad instaurare la seconda fase della patologia, nella quale la retina è esposta ad una condizione di ipossia relativa, che porta alla stabilizzazione di HIF-1 e alla produzione di VEGF, che raggiunge un picco di concentrazione così elevato da innescare l'angiogenesi patologica responsabile della fase di neovascolarizzazione.
Le fluttuazioni dei livelli di ossigeno possono portare all'attivazione di meccanismi di risposta allo stress. L’autofagia è un meccanismo cellulare che permette alle cellule di resistere a diversi insulti, garantendone la sopravvivenza. Il rapporto fra morte cellulare e autofagia è molto complesso, ma è stato riscontrato che, se non intensamente innescata, quest'ultima è in grado di consentire la sopravvivenza delle cellule in cui si attiva. Di contro, un'insufficiente od una troppo elevata attivazione dei processi autofagici può innescare meccanismi che portano alla morte cellulare.
Secondo recenti studi in vitro, l'attivazione di tale processo in cellule endoteliali retiniche, in condizioni di stress ipossico, può intervenire nel favorire i meccanismi di formazione di nuovi vasi. Poiché la retinopatia del prematuro ha come causa principale l'alternanza di condizioni iperossiche e ipossiche, è probabile che questo meccanismo possa essere modificato durante lo sviluppo della malattia, influendo probabilmente sulla formazione dei vasi retinici.
Attraverso modelli di retinopatia indotta dall'ossigeno (OIR), che mimano le due fasi della ROP, si è potuto studiare l’andamento dei processi autofagici nella ROP. Ad esempio, in un modello OIR di topo, è stato osservato che durante la fase di neovascolarizzazione si ha un'alterazione dei livelli molecolari di proteine chiave dell'autofagia. In particolare, nella fase caratterizzata dall'angiogenesi patologica, il flusso autofagico inizialmente diminuisce per poi aumentare al culmine della neovascolarizzazione. Gli studi condotti fino adesso sono stati utili per dimostrare come il processo autofagico possa essere coinvolto nelle patologie oculari come la ROP; ma sono stati condotti solamente nel periodo della neovascolarizzazione, mentre nella fase di formazione dell'area avascolare essa rimane inesplorata.
Il progetto ha previsto lo studio dei meccanismi autofagici all'interno di un modello OIR di ratto, ottenuto tramite il protocollo 50/10, che consiste nel sottoporre i cuccioli a fluttuazioni alternate di ossigeno al 50% e al 10% per 24 h nei primi 14 giorni dalla nascita, seguiti da 4 giorni in atmosfera normale. Il modello è stato caratterizzato tramite analisi immunoistochimiche dei vasi retinici. Inoltre, le alterazioni della barriera emato-retinica sono state evidenziate sia tramite perfusione con il colorante Evans blue che mediante analisi molecolari dei livelli di proteine costituenti la barriera. Dopo aver caratterizzato il modello, sono state effettuate analisi molecolari per studiare l'andamento di alcuni marker autofagici, tramite Western Blot, con lo scopo di comprendere come l'autofagia possa essere alterata nel modello, prendendo come riferimento diversi tempi: nascita, giorno postnatale 7 (P7), P14 e P18.
Dalle analisi è stato riscontrato che il modello OIR nel ratto riproduce alcune caratteristiche della patologia umana, come la formazione di un'area avascolare periferica e fenomeni di neovascolarizzazione. Inoltre, la permeabilità della barriera emato-retinica è compromessa visivamente a P14 e a P18. Dallo studio dei marker autofagici risulta un'evidente attivazione della fase di iniziazione e l'aumento del numero di autofagosomi a P14 e a P18. Nella fase di neovascolarizzazione vi è inoltre una marcata attivazione di proteine, come AMPK, che attivano l'autofagia, mentre per altri marker associati all'inibizione del processo, come Akt e 4EBP-1, è stata riscontrata un'inattivazione in questa fase. Tutti questi dati evidenziano come l'autofagia sia alterata durante il protocollo OIR, mostrando come possa essere un meccanismo coinvolto nella patogenesi della ROP.
La corretta crescita della vascolarizzazione retinica dipende da diversi fattori angiogenici, tra cui il più importante è il fattore di crescita dell'endotelio vascolare (VEGF). La sua espressione dipende dalla stabilizzazione del fattore di trascrizione indotto dall'ipossia 1 (HIF-1), che avviene in condizioni di ipossia, a pressioni parziali di ossigeno (pO2) inferiori a quella atmosferica, che è circa del 21%. Essendo la pO2 nell'utero inferiore al 21%, al momento della nascita prematura la retina è esposta ad una condizione di iperossia relativa, poiché i livelli di ossigeno atmosferico sono maggiori di quelli a cui il neonato si era adattato. Tale condizione comporta una diminuzione dei livelli di VEGF, poiché HIF-1 è destabilizzato e diminuisce la sua concentrazione. Questo fenomeno porta alla formazione dell'area avascolare ed è aggravato dall'incompleto sviluppo della vascolarizzazione retinica superficiale, che termina la sua crescita al nono mese di gravidanza. Mano a mano che la retina sviluppa, la richiesta metabolica dei neuroni e della glia diventa troppo elevata e nelle zone non vascolarizzate non è più soddisfatta dalla semplice diffusione. In questo modo, si viene ad instaurare la seconda fase della patologia, nella quale la retina è esposta ad una condizione di ipossia relativa, che porta alla stabilizzazione di HIF-1 e alla produzione di VEGF, che raggiunge un picco di concentrazione così elevato da innescare l'angiogenesi patologica responsabile della fase di neovascolarizzazione.
Le fluttuazioni dei livelli di ossigeno possono portare all'attivazione di meccanismi di risposta allo stress. L’autofagia è un meccanismo cellulare che permette alle cellule di resistere a diversi insulti, garantendone la sopravvivenza. Il rapporto fra morte cellulare e autofagia è molto complesso, ma è stato riscontrato che, se non intensamente innescata, quest'ultima è in grado di consentire la sopravvivenza delle cellule in cui si attiva. Di contro, un'insufficiente od una troppo elevata attivazione dei processi autofagici può innescare meccanismi che portano alla morte cellulare.
Secondo recenti studi in vitro, l'attivazione di tale processo in cellule endoteliali retiniche, in condizioni di stress ipossico, può intervenire nel favorire i meccanismi di formazione di nuovi vasi. Poiché la retinopatia del prematuro ha come causa principale l'alternanza di condizioni iperossiche e ipossiche, è probabile che questo meccanismo possa essere modificato durante lo sviluppo della malattia, influendo probabilmente sulla formazione dei vasi retinici.
Attraverso modelli di retinopatia indotta dall'ossigeno (OIR), che mimano le due fasi della ROP, si è potuto studiare l’andamento dei processi autofagici nella ROP. Ad esempio, in un modello OIR di topo, è stato osservato che durante la fase di neovascolarizzazione si ha un'alterazione dei livelli molecolari di proteine chiave dell'autofagia. In particolare, nella fase caratterizzata dall'angiogenesi patologica, il flusso autofagico inizialmente diminuisce per poi aumentare al culmine della neovascolarizzazione. Gli studi condotti fino adesso sono stati utili per dimostrare come il processo autofagico possa essere coinvolto nelle patologie oculari come la ROP; ma sono stati condotti solamente nel periodo della neovascolarizzazione, mentre nella fase di formazione dell'area avascolare essa rimane inesplorata.
Il progetto ha previsto lo studio dei meccanismi autofagici all'interno di un modello OIR di ratto, ottenuto tramite il protocollo 50/10, che consiste nel sottoporre i cuccioli a fluttuazioni alternate di ossigeno al 50% e al 10% per 24 h nei primi 14 giorni dalla nascita, seguiti da 4 giorni in atmosfera normale. Il modello è stato caratterizzato tramite analisi immunoistochimiche dei vasi retinici. Inoltre, le alterazioni della barriera emato-retinica sono state evidenziate sia tramite perfusione con il colorante Evans blue che mediante analisi molecolari dei livelli di proteine costituenti la barriera. Dopo aver caratterizzato il modello, sono state effettuate analisi molecolari per studiare l'andamento di alcuni marker autofagici, tramite Western Blot, con lo scopo di comprendere come l'autofagia possa essere alterata nel modello, prendendo come riferimento diversi tempi: nascita, giorno postnatale 7 (P7), P14 e P18.
Dalle analisi è stato riscontrato che il modello OIR nel ratto riproduce alcune caratteristiche della patologia umana, come la formazione di un'area avascolare periferica e fenomeni di neovascolarizzazione. Inoltre, la permeabilità della barriera emato-retinica è compromessa visivamente a P14 e a P18. Dallo studio dei marker autofagici risulta un'evidente attivazione della fase di iniziazione e l'aumento del numero di autofagosomi a P14 e a P18. Nella fase di neovascolarizzazione vi è inoltre una marcata attivazione di proteine, come AMPK, che attivano l'autofagia, mentre per altri marker associati all'inibizione del processo, come Akt e 4EBP-1, è stata riscontrata un'inattivazione in questa fase. Tutti questi dati evidenziano come l'autofagia sia alterata durante il protocollo OIR, mostrando come possa essere un meccanismo coinvolto nella patogenesi della ROP.
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