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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-01182022-135939


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
RINALDI, FRANCESCO
URN
etd-01182022-135939
Titolo
Dagli albori ad oggi: centoventi anni dalla nascita dello strumento aereo
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
SCIENZE MARITTIME E NAVALI
Relatori
relatore Prof.ssa Eboli, Valeria
Parole chiave
  • armi autonome
  • droni
  • nascita strumento aereo
  • guerra aerea
  • diritto internazionale
Data inizio appello
20/01/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
20/01/2092
Riassunto
Sin dall’antichità l’uomo ha guardato al cielo nutrendo il profondo desiderio di poterlo dominare, così come aveva già fatto con le altre due dimensioni, quella terrestre e quella marittima. Il volo a cui l'uomo aspirava tradizionalmente era però quello degli uccelli e, l'illusione che una persona potesse volare come questi animali, costò a molti coraggiosi pionieri la vita. Dopo gli inutili sforzi precedenti la prima metà del 1600, tra i quali si annoverano anche i fallimenti del genio rinascimentale Leonardo Da Vinci, furono l’italiano Giulio Alfonso Borrelli e l’inglese Robert Hooke ad avere l’intuizione che l’impossibilità dell’uomo a volare fosse dovuta al fatto che tutti coloro i quali avevano in precedenza tentato, e Leonardo con essi, fallirono poiché utilizzarono “profili alari surrogati”. Bisognerà tuttavia aspettare più di un secolo per assistere alla realizzazione di tale sogno. Sarà Joseph Montgolfier, insieme al fratello Etienne, che dopo un anno di studi e ricerche riuscì a progettare prima, e a realizzare dopo, un gigantesco pallone aerostatico gonfiato ad aria calda che permetterà nel 1783 ad un intero equipaggio di alzarsi in volo. L’invenzione fu senza precedenti, e, si da subito, si respirò in tutta Europa aria di rivoluzione. Nonostante i notevoli progressi e gli indubbi miglioramenti apportati ai palloni aerostatici prima, e ai dirigibili poi, essi non trovarono mai largo impiego operativo in campo militare poiché vennero ben presto rimpiazzati da quella che si rivelò essere una delle invenzioni più straordinarie della storia: nel 1903 i fratelli Orville e Wilbur Wright inventano l’aeroplano. L’entusiasmo venne ben presto rimpiazzato dalla polemica, traducendosi in ciò che poi prese il nome di “Questione Aerea”, cioè l’esigenza di comprendere se, ma soprattutto in quale misura, l’utilizzo bellico dello strumento aereo potesse essere considerato lecito alla stregua dell’ordinamento internazionale. Il Tema del bombardamento aereo venne affrontato per la prima volta durante la Prima Conferenza dell’Aja del 1899, ripreso poi durante la Seconda Conferenza dell’Aja del 1907, ed ampiamente discusso da una Commissione di studio nominata dall’Institute for European Studies of Bruxelles. Il dibattito non fece altro che ampliare il divario tra i promotori dello strumento aereo e coloro che lo mettevano invece al bando, mentre, in ambito giuridico, si arrivò al solo divieto di attacco o bombardamento di città, villaggi e abitazioni. All’alba della Prima Guerra Mondiale la questione aerea aveva letteralmente scisso il mondo in due. Da un lato coloro che, attratti dalle infinite opportunità che questa magnifica invenzione potesse regalare al settore militare, ma anche a quello civile, la accoglievano a braccia aperte, e dall’altro, coloro i quali iniziavano a preannunciare il pericolo che un’innovazione di questo tipo potesse rappresentare, qualora non opportunamente normata. In quegli anni prese sempre più piede l’idea che il bombardamento dal cielo, ed in particolar modo diretto alla popolazione civile, potesse essere lo strumento risolutivo dei conflitti per eccellenza, deprimendo così tanto le persone da costringere la leadership a cedere e capitolare. In altre parole, molto meno sangue sarebbe stato versato rispetto alla passata guerra di trincea. Tra i fautori di tale pensiero ricordiamo senza dubbio il generale italiano Giulio Douhet. Egli annichilì totalmente norme di Diritto Internazionale ormai ben salde arrivando a delineare il concetto di una vera e propria “Guerra Totale”. Parlare di guerra a cavallo tra gli anni ’20 e ’30, significava parlare di crudo estremismo politico atto ad ottenere meri risultati strategici sul campo di battaglia, a discapito, ovviamente, della popolazione civile. L’enorme potenziale che il mezzo aereo aveva espresso durante il primo Conflitto Mondiale e il carattere di “Guerra Totale” che andava ormai delineandosi in tutta Europa, rese chiaro quanto non più sostenibile fosse l’assenza di una chiara regolamentazione in tale ambito. Il risultato dell’instabilità politico-militare dell’epoca si tradusse nella convocazione di una serie di conferenze (tra cui quelle di Washington e Ginevra), con il compito di raggiungere, quanto meno, un bilanciamento di interessi tra le necessità di guerra e i diritti della popolazione civile. I progetti naufragarono miseramente, il clima nei vari Paesi europei divenne sempre più teso e, ancora una volta, tramontava la possibilità di ottenere una, seppur delineata, regolamentazione dello strumento aereo. Le operazioni aeree, e con esse la guerra aerea in sé, sono oggetto ancora oggi di una disciplina pattizia assai limitata. Il tutto risulta ancora più insolito alla luce del fatto che sin dal secondo dopoguerra, le operazioni belliche della terza dimensione rivestono un’importanza tattica e strategica indiscussa. La trattazione riguardante la liceità dello strumento aereo verterà principalmente su cinque aspetti: In primis sarà necessario arrivare ad una corretta definizione di “obiettivo militare” e contemporaneamente capire con quale accezione debba essere interpretato il concetto di “vantaggio militare specifico”. In secondo luogo saranno trattati i cosiddetti obiettivi “dual-use”, e la discussione verterà sulla possibilità o meno di attribuire a questi ultimi la qualifica di target militare e, soprattutto, capire come interpretare i binomio “obiettivo dual use - vantaggio militare”. Successivamente si analizzerà la relazione sussistente tra la guerra aerea, ed in particolar modo le operazioni di bombardamento aereo, e i principi di Proporzionalità e Precauzione, principi che nascono per limitare gli effetti “collaterali” derivanti da un attacco, eguagliando sui piatti della bilancia i vantaggi militari acquisiti e l’esigenza che l’attacco causi un numero di vittime e una quantità di danni strettamente indispensabili. Infine poi, verrà presa in considerazione una delle tematiche più rilevanti della guerra aerea contemporanea, il problema della precisione. Esso verrà analizzato in tutte le sue sfaccettature e, con particolare attenzione, in merito all’applicabilità dei principi di Distinzione e Proporzionalità. La sempre più scarsa presenza di uomini nei teatri operativi poi, imputabile all’imprevedibilità ed instabilità dei contesti odierni, ha alimentato la volontà di sostituire questi ultimi investendo fortemente nell’innovazione tecnologica e soprattutto nel settore bellico. Le armi autonome sono già ora una realtà e non più uno scenario potenziale, e, i conflitti armati odierni, si sono trasformati nell’ultimo ventennio in terreno fertile per la prolificazione delle armi autonome e per il loro sviluppo. Si analizzeranno varie definizioni di “Arma” e di “Arma Autonoma”, arrivando alla conclusione che i 3 pilastri per affrontare una discussione ed un’analisi di tale strumento, risultano essere: autonomia, selezione e attacco del bersaglio e intervento umano. Le armi autonome che hanno senza dubbio dominato la scena mondiale nell’ultimo ventennio sono i droni. Il loro uso è cresciuto esponenzialmente, alla luce soprattutto dei vantaggi tattici-operativi, economici, e in termini di salvaguardia del personale umano che mettono in campo rispetto all’impiego dei tradizionali strumenti di guerra. Nei primissimi anni del ventunesimo secolo, ed in particolare a partire dagli attentati dell’11 Settembre 2001, la tolleranza di perdite tra le proprie forze armate, impegnate in operazioni fuori area, diminuisce sempre di più nelle società occidentali. Nasce appunto in questi anni l’esigenza di separare il soldato dal conflitto, riuscendo comunque a proiettare la propria forza oltre confine, e allo stesso tempo, riducendo il numero delle vittime al minimo. Tuttavia, se viene fatta salva l’incolumità di chi opera mediante un drone per colpire, abbattere o eliminare un bersaglio, lo stesso non accade per quest’ultimo, che anzi viene ridotto a mero bersaglio. Appare evidente come in un contesto tanto instabile e mutevole come quello dei conflitti odierni, all’interno dei quali queste nuove tecnologie proliferano, possa essere difficile e incerta la determinazione di bersagli da parte dei droni e che molto spesso questi ultimi possano coinvolgere la popolazione civile. A tal scopo, l'applicabilità di norme di Diritto Internazionale durante le operazioni UAV diventa fondamentale. Nella valutazione della liceità dei droni sono quattro i principi che verranno presi in considerazione: Principio di Umanità e Principio di Distinzione primi tra tutti. A quest’ultimo se ne legano poi, quasi come diretti corollari altri due: Principio di Proporzionalità e Principio di Precauzione. Infine, si tratteranno il falso mito dell’ “efficacia” dei droni, i gravi effetti sociali che l’impiego di queste tecnologie portano alle popolazioni locali dei Paesi bersaglio, e i rischi connessi ad una nuova “corsa agli armamenti”. Si analizzeranno le principali quattro tesi a favore dei droni, sostenendo che tutte e quattro risultano altamente lacunose confondendo per esempio l'efficienza, cioè un rapporto vantaggioso tra input e output nell'esecuzione di un'attività, con l'efficacia di una particolare azione nel raggiungere un obiettivo più ampio. Più in generale, le argomentazioni a favore tendono a rappresentare un solo lato della medaglia, misurando le perdite tra le fila di gruppi come Al-Qaeda, i Talebani o l’Isis, senza considerare quante nuove reclute guadagnano questi ultimi come risultato dell'escalation di attacchi condotti per mezzo di droni. La tecnologia UAV alimenta fortemente la possibilità che le norme sull'uso della forza si erodano, creando un mondo molto più pericoloso e spingendo il sistema internazionale a trasformarsi in una sorta di “giungla selvaggia” e incontrollata. Si può solo immaginare cosa farebbe un regime autoritario veramente omicida con una propria flotta di droni. L'espansione di tale tecnologia può rendere il forte ancora più forte, facendo così tendere l’asticella del potere nei regimi autoritari in modo ancora più deciso verso coloro che maneggiano gli strumenti coercitivi del potere e contro coloro che osano sfidarli. Risulta evidente che ad oggi, una totale messa la bando dei droni risulti altamente improbabile, se non impossibile. Gli Stati Uniti in qualità di “progenitore” di tale tecnologia, ma con essi i Paesi dell’Alleanza Atlantica e tutti gli Stati che iniziano a dotarsi di droni, dovrebbero attentamente iniziare a discutere circa una precisa e attenta regolamentazione di questo nuovo “Strumento Aereo”. Noi, a differenza di Douhet, dei critici, e dei governi dell’epoca che non avevano contezza degli eventi di Tokyo, Dresda e Hiroshima e Nagasaki, abbiamo la storia dalla nostra parte. Se è vero che il compito della storia è quello di ricordare, per permetterci di non commettere gli stessi errori del passato, sarebbe quantomeno saggio servirsene per affrontare tale questione. Il rischio che si cela all’orizzonte è senza dubbio il ripetersi degli errori commessi a Washington e Ginevra, quando cavalcando l’onda dell’entusiasmo che l’invenzione dell’aeroplano aveva generato, i governi hanno pesantemente sottovalutato i rischi connessi ad esso, pagandone poi le conseguenze, con gli eventi sopracitati. L’unica certezza che abbiamo oggigiorno è che il settore dell’automazione è senza dubbio un “Vaso di Pandora”. Una volta aperto, il suo contenuto potrebbe portarci ad un baratro analogo a quello che l’aeroplano rappresentò durante la Seconda Guerra Mondiale in termini di morte e devastazione, ma, qualora opportunamente regolato, porterebbe l’umanità ad un’evoluzione tecnologica senza precedenti.
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