Tesi etd-01152023-164157 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
PROCOPIO, SERENA
URN
etd-01152023-164157
Titolo
Scritture senza voce in biologia. Derrida e la de-costruzione della nicchia.
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
relatore Manca, Danilo
correlatore Vitale, Francesco
correlatore Vitale, Francesco
Parole chiave
- arche-writing
- auto-affection
- Derrida
- development system theory
- eco-text
- genecentrism
- niche construction theory
- Oyama
- trace
Data inizio appello
02/02/2023
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
02/02/2026
Riassunto
Il presente lavoro è un tentativo di porre in dialogo la riflessione derridiana con alcune recenti teorie biologiche della sintesi estesa a partire dalla decostruzione del genocentrismo che in queste ultime è ravvisabile. Il lavoro si articola in due capitoli.
Nella prima parte della tesi, attraverso le riflessioni di Susan Oyama, si porrà come explanandum la teoria della costruzione della nicchia, nonchè si leggeranno anche alcune opere dei più convinti autori genocentrici al fine di rilevare gli effetti di decostruzione. La costruzione della nicchia è un concetto che riguarda la relazione fra i viventi, ciò che essi fanno (per esempio la diga per il castoro) e l’ambiente in cui ciò ha luogo: i termini di questa relazione non sussistono come dati di fatto precedenti la relazione stessa, ma emergono e si annunciano nel loro intreccio. Inoltre, gli autori della teoria della costruzione della nicchia questionano anche il concetto di eredità biologica considerata unicamente in modo verticale-familiare, a quest’ultima si aggiunge “l’eredità ecologica”: quella dell’ambiente modificato che ritiene in sé le tracce delle precedenti attività di costruzione degli organismi affettando tutto l’ecosistema. Ad ogni modo si rileverà che sia la teoria di Oyama, sia la teoria della costruzione della nicchia lavorano con la logica del supplemento di Derrida: l’innegabile sfaldarsi di una retorica binaria-oppositiva che ha come effetto la legittimazione di un centro regolatore impermeabile – la dimensione genetica – a discapito del quale l’organismo tridimensionale e l’ambiente vengono meno; e sul versante evolutivo – la preminenza dell’ambiente esecutore – un fuori imperturbabile, statico e universale che concilia a sé tutti gli organismi. In particolar modo: gli elementi appena richiamati, seppur considerati secondari e marginali nell’ottica genocentrica, si riveleranno, prerequisiti stessi dell’intero sistema.
Dopodiché nel secondo capitolo il mio scopo sarà duplice: far emergere la comunanza fra le riflessioni di Derrida rivolte al vivente e quelle della teoria della costruzione della nicchia e della teoria dei sistemi di sviluppo di Oyama analizzate nel primo capitolo; mettere in luce l’operatività dell’archi-scrittura derridiana nell’eredità ecologica esplicitando ulteriormente come ciò sia valido per tutti i viventi e cosa ciò implichi. A tal fine, ricapitolerò alcuni punti chiave del pensiero derridiano per dimostrare come attraverso l’estensione del gramma su tutto il campo dell’ente, e la messa a tema di questo come condizione di possibilità della costituzione del vivente stesso, sia possibile operare una riconsiderazione del rapporto fra viventi e ambienti nella direzione di un “eco-testo” in cui nessun elemento vi ha sufficienza di per sé solo, ma solo nel rimando agli altri: la storia dei viventi emergerà nella sfaccettata tessitura e nell’intreccio delle pratiche che tutti gli organismi mettono in atto nell’ambiente, sicchè anche quest’ultimo entra a far parte della suddetta storia. Per questi scopi mi occuperò di chiarire cosa Derrida ha inteso per archi-scrittura e spaziatura. Collegando i temi della NCT alla riflessione derridiana inerente al tracciarsi dei viventi, emergerà come il ricorso al modello testuale può farci pensare, insieme al concetto dell’eredità ecologica, altrimenti: l’ambiente diventa supporto, e insieme promessa, che trattiene le tracce di tutti i viventi passati e ci ricorda, costantemente, che il pianeta Terra non è un possesso di nessuno, men che meno dei soli esseri umani. Lì dove subentra la scrittura, il possesso ne risente immediatamente, e ciò ci dimostra come le tracce di tutti i viventi, sopravvivendo alla loro morte, siano capaci di spettralizzare ed espropriare le pratiche e le azioni che in prima battuta saremmo condotti ad accogliere solo in modo auto-referenziale.
Nella prima parte della tesi, attraverso le riflessioni di Susan Oyama, si porrà come explanandum la teoria della costruzione della nicchia, nonchè si leggeranno anche alcune opere dei più convinti autori genocentrici al fine di rilevare gli effetti di decostruzione. La costruzione della nicchia è un concetto che riguarda la relazione fra i viventi, ciò che essi fanno (per esempio la diga per il castoro) e l’ambiente in cui ciò ha luogo: i termini di questa relazione non sussistono come dati di fatto precedenti la relazione stessa, ma emergono e si annunciano nel loro intreccio. Inoltre, gli autori della teoria della costruzione della nicchia questionano anche il concetto di eredità biologica considerata unicamente in modo verticale-familiare, a quest’ultima si aggiunge “l’eredità ecologica”: quella dell’ambiente modificato che ritiene in sé le tracce delle precedenti attività di costruzione degli organismi affettando tutto l’ecosistema. Ad ogni modo si rileverà che sia la teoria di Oyama, sia la teoria della costruzione della nicchia lavorano con la logica del supplemento di Derrida: l’innegabile sfaldarsi di una retorica binaria-oppositiva che ha come effetto la legittimazione di un centro regolatore impermeabile – la dimensione genetica – a discapito del quale l’organismo tridimensionale e l’ambiente vengono meno; e sul versante evolutivo – la preminenza dell’ambiente esecutore – un fuori imperturbabile, statico e universale che concilia a sé tutti gli organismi. In particolar modo: gli elementi appena richiamati, seppur considerati secondari e marginali nell’ottica genocentrica, si riveleranno, prerequisiti stessi dell’intero sistema.
Dopodiché nel secondo capitolo il mio scopo sarà duplice: far emergere la comunanza fra le riflessioni di Derrida rivolte al vivente e quelle della teoria della costruzione della nicchia e della teoria dei sistemi di sviluppo di Oyama analizzate nel primo capitolo; mettere in luce l’operatività dell’archi-scrittura derridiana nell’eredità ecologica esplicitando ulteriormente come ciò sia valido per tutti i viventi e cosa ciò implichi. A tal fine, ricapitolerò alcuni punti chiave del pensiero derridiano per dimostrare come attraverso l’estensione del gramma su tutto il campo dell’ente, e la messa a tema di questo come condizione di possibilità della costituzione del vivente stesso, sia possibile operare una riconsiderazione del rapporto fra viventi e ambienti nella direzione di un “eco-testo” in cui nessun elemento vi ha sufficienza di per sé solo, ma solo nel rimando agli altri: la storia dei viventi emergerà nella sfaccettata tessitura e nell’intreccio delle pratiche che tutti gli organismi mettono in atto nell’ambiente, sicchè anche quest’ultimo entra a far parte della suddetta storia. Per questi scopi mi occuperò di chiarire cosa Derrida ha inteso per archi-scrittura e spaziatura. Collegando i temi della NCT alla riflessione derridiana inerente al tracciarsi dei viventi, emergerà come il ricorso al modello testuale può farci pensare, insieme al concetto dell’eredità ecologica, altrimenti: l’ambiente diventa supporto, e insieme promessa, che trattiene le tracce di tutti i viventi passati e ci ricorda, costantemente, che il pianeta Terra non è un possesso di nessuno, men che meno dei soli esseri umani. Lì dove subentra la scrittura, il possesso ne risente immediatamente, e ciò ci dimostra come le tracce di tutti i viventi, sopravvivendo alla loro morte, siano capaci di spettralizzare ed espropriare le pratiche e le azioni che in prima battuta saremmo condotti ad accogliere solo in modo auto-referenziale.
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