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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-01152011-174228


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
VIOLI, LAURA
URN
etd-01152011-174228
Titolo
La Bibbia "di Calci": iconografia, stile, committenza
Dipartimento
INTERFACOLTA'
Corso di studi
STORIA DELL'ARTE
Relatori
relatore Prof. Collareta, Marco
Parole chiave
  • Bibbia
  • Bibbie atlantiche
  • Calci
  • miniatura
  • Monastero di San Vito
  • Pisa
  • sec. XII
Data inizio appello
14/02/2011
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
14/02/2051
Riassunto

Oggetto di questo studio è la Bibbia in quattro grandi tomi, impropriamente nota come “di Calci”, che attualmente si trova in deposito provvisorio presso il Museo nazionale di San Matteo di Pisa, dove i volumi sono esposti a rotazione.
Essendo la Bibbia di Calci ritenuta unanimemente dagli studiosi un prestigioso testimone di quel gruppo di Bibbie di età romanica definite da Pietro Toesca atlantiche e da Edward B. Garrison giant, delle quali oggi si conservano circa un centinaio di esemplari, ci è parso opportuno iniziare il nostro studio con un capitolo dedicato a questa produzione manoscritta. A partire dai codici che alla metà dell’XI secolo hanno segnato la nascita di una nuova cultura libraria – sotto la spinta del movimento riformatore, che vedeva in questi testi l’espressione e il veicolo per il rinnovamento del clero e la riaffermazione dell’auctoritas della Chiesa – ne ripercorreremo a grandi linee le tappe principali, mettendo in evidenza le scelte codicologiche, testuali e grafiche, nonché l’apparato decorativo (iniziali, scene e Tavole dei Canoni), aniconico in alcune delle Bibbie cosiddette di prima generazione (quale la Bibbia di Enrico IV, München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 13001) o ricco di illustrazioni e storie in esemplari successivi (la Bibbia di Santa Maria del Fiore, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Laur. Edili 125-126, datata 1125).
Seguono, nel secondo capitolo, una schematica presentazione delle caratteristiche fisiche, ornamentali e contenutistiche di ciascuno dei quattro volumi della Bibbia e la ricostruzione delle vicissitudini che l’hanno portata ad essere conosciuta come “di Calci” dal nome della Certosa che l’acquistò sul finire del XIV secolo, nonostante sia noto che essa sia stata realizzata per il monastero pisano di San Vito. Chiudono il capitolo i documenti che attestano l’avvenuto restauro dell’intera opera nel 1988.
Il terzo capitolo, che costituisce la parte centrale della tesi, è dedicato all’individuazione delle principali tipologie di iniziale (decorata, figurata e abitata) – unico elemento ornamentale del nostro codice, insieme alle Tavole dei Canoni – e alla loro dettagliata descrizione, accompagnata da un’ampia documentazione fotografica. Per le figure ospitate nelle lettere abitate proporremo il confronto con opere dell’antichità che testimoniano l’origine della loro iconografia, nonché con manoscritti coevi che ne attestano la diffusione; altrettanto faremo per il girale, la maschera e le protomi antropomorfe e teriomorfe che impreziosiscono le iniziali decorate – motivi di ascendenza classica che trovarono una nuova vita nella decorazione dei codici di epoca carolingia e ottoniana. Un’attenzione particolare sarà riservata all’analisi del corpus dei cartigli vergati mostrati dal re Salomone e dai profeti minori (Naum, Abacuc, Sofonia e Malachia), che fanno della Bibbia di Calci un unicum per la coerenza del loro messaggio, interamente mirato ad annunciare la collera di Dio e il giudizio del Signore.
Oltre che alla raffinata decorazione, la celebrità del nostro codice è dovuta senza dubbio a quello straordinario documento che è la nota lasciata al f. 231r del IV volume dal presbiter Gerardus, rettore della chiesa di San Vito e principale coordinatore dell’iniziativa di realizzazione della Bibbia. In questo singolare testo, oltre al ricordo della donazione di cento soldi al monastero pisano da parte di Matilda Vechi, pro anime remedio sui viri et eius, con l’esplicita richiesta di destinarli alla confezione di una bibliotheca (ovvero di una Bibbia), e alla data di inizio di allestimento dell’opera (6 ottobre 1169, stile pisano), sono menzionati gli altri finanziatori e il contributo da loro versato nonché gli artefici che, a vario titolo, approntarono il codice e i pagamenti ricevuti per le loro prestazioni. Un documento che evidenzia come laici siano stati i finanziatori e laici anche gli artisti professionisti che eseguirono la Bibbia, segno di un cambiamento nella produzione dei testi sacri, non più esclusivo appannaggio degli scriptoria monastici.
Proprio a partire dai nomi degli artisti tramandati dalla nota di Gerardo riporteremo, nel quarto capitolo, le posizioni che i vari studiosi hanno assunto nel tentativo di individuarne le personalità e i ruoli da essi ricoperti nonché le proposte di postdatazione che alcuni storici dell’arte hanno avanzato su base esclusivamente stilistica. Abbiamo inoltre cercato di documentare la cultura bizantina/bizantineggiante in cui si colloca l’esecuzione delle figure del codice, proponendo paralleli con opere di produzione costantinopolitana, o in stile bizantino (tanto di miniatura quanto di pittura su tavola, su muro, nonché di mosaico), antecedenti e coeve, sia nei territori dell’Impero che in Italia.
Sarà ancora la nota di Gerardo il punto di partenza del quinto ed ultimo capitolo del nostro lavoro, nel quale, dopo aver ricordato la fortuna critica del testo e le trascrizioni a noi pervenute, affronteremo la nascita e lo sviluppo del monastero di San Vito di Pisa e l’importanza sempre crescente che ebbe nella città, inserendolo nel più ampio contesto storico e nel tessuto ecclesiale, sia locale che “nazionale”, nella convinzione che tali vicende abbiano determinato l’allestimento della Bibbia, la decisione del costosissimo formato atlantico così come alcune particolari scelte iconografie
Concludono la tesi due appendici, la prima delle quali contiene una tabella creata per rendere più agevole la consultazione delle iniziali dei singoli libri biblici e dei loro apparati di lettura, delle tipologie alle quali esse appartengono, nonché del testo dei prologhi e degli argumenta che precedono il testo sacro, mentre la seconda riporta per intero le due edizioni settecentesche della nota di Gerardo a cura di Stefano Borgia e Angelo Maria Bandini, affiancate da una nostra nuova lettura, resa possibile grazie ad una riproduzione fotografica fornitaci dal Laboratorio fotografico del Dipartimento di Storia delle Arti dell’Università di Pisa.


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