Tesi etd-01142020-192651 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BELLINO BORGESE, MATTIA
URN
etd-01142020-192651
Titolo
Vita, psicologia ed ermeneutica. Heidegger e la "distruzione" della filosofia di Dilthey
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
relatore Prof. Fabris, Adriano
Parole chiave
- Dilthey
- distruzione fenomenologica
- epistemologia
- ermeneutica
- ermeneutica della fatticità
- fenomenologia
- Heidegger
- Lebensphilosophie
- ontologia
- psicologia
- psicologia personalistica
- scienze dello spirito
- scienze umane
- soggettività
- storicità
- storiografia
Data inizio appello
03/02/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
03/02/2090
Riassunto
In questa tesi si cerca di valutare il confronto con la filosofia di Dilthey, al contempo di appropriazione e di distanziamento, che Heidegger conduce a partire dai corsi del primo periodo friburghese fino a Essere e tempo. La pubblicazione, nell’ambito della Gesamtausgabe, dei corsi tenuti da Heidegger, tra Friburgo e Marburgo, prima della stesura dell’opera maggiore, ha reso accessibile tutto il lavoro di ricerca del quale Essere e tempo non è che il punto di arrivo e il tentativo di sistematizzazione. Tutta una serie di temi ed elementi teorici, che in Essere e tempo sono presentati in un tentativo di esposizione sistematica, sono visibili, nei corsi, in forma mobile e aperta, per cui una prospettiva meramente evolutiva focalizzata sull’opera maggiore sarebbe limitante delle autonome possibilità teoriche che questi corsi dischiudono. Ciò vale in misura ancora maggiore per il confronto di Heidegger con la filosofia diltheyana. La disponibilità, fino ad una certa fase degli studi heideggeriani, del solo Essere e tempo, ha causato una ricezione del rapporto tra i due filosofi basata esclusivamente sugli esiti dell’opera maggiore, in cui Heidegger presenta il suo rapporto con l’opera diltheyana in una forma ormai chiusa, secondo lo schema dell’inveramento della filosofia della vita nell’ontologia fondamentale. Lo sguardo al materiale preparatorio di Essere e tempo, e in particolare ai primi corsi friburghesi, consente di rendersi conto, contro la versione di Heidegger, condivisa da Gadamer, che l’appropriazione della filosofia di Dilthey, lungi dall’essere una questione risolta sin dal principio, comporta, per il giovane Heidegger, uno sforzo teorico notevole, in ragione del passaggio da un’adesione iniziale, seppure critica, alla terminologia e ai temi della filosofia diltheyana, ad una sempre più decisa presa di distanza.
La trattazione è divisa in quattro parti: dopo un breve excursus su alcune problematiche del pensiero diltheyano, si prendono in esame i passaggi fondamentali della lettura heideggeriana di Dilthey dal primo periodo friburghese ad Essere e tempo: il secondo e il terzo capitolo sono dedicati rispettivamente al primo periodo friburghese e al periodo marburghese, il quarto ad Essere e tempo.
La categoria di “vita” è assolutamente centrale nei corsi tenuti da Heidegger come libero docente nel primo periodo friburghese. Essa compare nella definizione stessa che Heidegger fornisce della fenomenologia nel corso sui Grundprobleme der Phänomenologie (WS 1919/1920), come una “scienza dell’origine della vita”. Da un lato l’elaborazione teorica di Heidegger mostra delle “convergenze strutturali” (Imdahl, 1997) con la filosofia diltheyana, al punto che essa può essere vista come il tentativo di promuovere un’apertura, da parte della fenomenologia, all’eredità filosofica di Dilthey. Dall’altra, è proprio in questo periodo, nel corso Phänomenologie der Anschauung und des Ausdrucks (SS 1920), che Heidegger prende per la prima volta esplicitamente a tema la filosofia di Dilthey, cercando di mettere in atto una sua “distruzione” .
La comparsa del problema ontologico è l’evento più importante che modifica la ricerca di Heidegger a ridosso del passaggio a Marburgo. Ciò produce effetti significativi sul rapporto con l’opera di Dilthey: la terminologia diltheyana, di cui sono pervasi i corsi friburghesi, si riduce sensibilmente; l’ermeneutica, e le categorie connesse di comprensione e interpretazione, assumono una curvatura ontologica; la nozione di “vita”, cruciale nel periodo friburghese per la definizione stessa della filosofia, subisce un ridimensionamento ed è inserita in un contesto più ampio in cui le sono affiancate le categorie di “esserci” ed “esistenza”. Nonostante ciò, Heidegger continua a tornare di frequente su Dilthey, sia per riconoscerne i meriti e sia per segnalarne i limiti. Sono di questo periodo le conferenze di Kassel, la trattazione più ampia che Heidegger, in tutta la sua opera, dedica alla sua filosofia. Inoltre, di primaria importanza è la lettura, da parte di Heidegger, avvenuta, secondo la testimonianza diretta di Gadamer, nel 1923, del carteggio tra Dilthey e il conte Yorck. A partire da questo momento, il conte Yorck impersonifica l’esigenza heideggeriana di una radicalizzazione della filosofia diltheyana.
Il percorso di appropriazione-distruzione, da parte di Heidegger, della filosofia di Dilthey, ha il suo termine ideale in Essere e tempo: dopo la pubblicazione dell’opera maggiore i riferimenti al filosofo di Biebrich si fanno sempre più rari. In Essere e tempo molte delle istanze comparse nel passaggio da Friburgo a Marburgo, che avevano comportato una presa di distanza dall’opera di Dilthey, sono portate alle estreme conseguenze ed inserite in un tentativo di prospettiva sistematica.
La considerazione dei corsi che precedono Essere e tempo, in particolare di quelli del primo periodo friburghese, consente di assumere una distanza critica rispetto alla tesi, sostenuta in Essere e tempo, del naturale superamento della filosofia diltheyana della vita nell’ontologia. Anche se è troppo schematica l’idea di una fase di filosofia della vita cui subentra, a partire dal periodo di Marburgo, una svolta ontologica, è innegabile che uno scarto decisivo separa i primi corsi di Friburgo dal resto della produzione heideggeriana precedente a Essere e tempo. Proprio le oscillazioni, i ripensamenti e le ambiguità che caratterizzano il confronto con Dilthey consentono di rendersi conto del carattere aperto del percorso heideggeriano, e suggeriscono di assumere, contro gli interventi retrospettivi dello stesso Heidegger, un atteggiamento non finalistico, che restituisca ogni stazione del Denkweg nel suo carattere di possibilità.
La trattazione è divisa in quattro parti: dopo un breve excursus su alcune problematiche del pensiero diltheyano, si prendono in esame i passaggi fondamentali della lettura heideggeriana di Dilthey dal primo periodo friburghese ad Essere e tempo: il secondo e il terzo capitolo sono dedicati rispettivamente al primo periodo friburghese e al periodo marburghese, il quarto ad Essere e tempo.
La categoria di “vita” è assolutamente centrale nei corsi tenuti da Heidegger come libero docente nel primo periodo friburghese. Essa compare nella definizione stessa che Heidegger fornisce della fenomenologia nel corso sui Grundprobleme der Phänomenologie (WS 1919/1920), come una “scienza dell’origine della vita”. Da un lato l’elaborazione teorica di Heidegger mostra delle “convergenze strutturali” (Imdahl, 1997) con la filosofia diltheyana, al punto che essa può essere vista come il tentativo di promuovere un’apertura, da parte della fenomenologia, all’eredità filosofica di Dilthey. Dall’altra, è proprio in questo periodo, nel corso Phänomenologie der Anschauung und des Ausdrucks (SS 1920), che Heidegger prende per la prima volta esplicitamente a tema la filosofia di Dilthey, cercando di mettere in atto una sua “distruzione” .
La comparsa del problema ontologico è l’evento più importante che modifica la ricerca di Heidegger a ridosso del passaggio a Marburgo. Ciò produce effetti significativi sul rapporto con l’opera di Dilthey: la terminologia diltheyana, di cui sono pervasi i corsi friburghesi, si riduce sensibilmente; l’ermeneutica, e le categorie connesse di comprensione e interpretazione, assumono una curvatura ontologica; la nozione di “vita”, cruciale nel periodo friburghese per la definizione stessa della filosofia, subisce un ridimensionamento ed è inserita in un contesto più ampio in cui le sono affiancate le categorie di “esserci” ed “esistenza”. Nonostante ciò, Heidegger continua a tornare di frequente su Dilthey, sia per riconoscerne i meriti e sia per segnalarne i limiti. Sono di questo periodo le conferenze di Kassel, la trattazione più ampia che Heidegger, in tutta la sua opera, dedica alla sua filosofia. Inoltre, di primaria importanza è la lettura, da parte di Heidegger, avvenuta, secondo la testimonianza diretta di Gadamer, nel 1923, del carteggio tra Dilthey e il conte Yorck. A partire da questo momento, il conte Yorck impersonifica l’esigenza heideggeriana di una radicalizzazione della filosofia diltheyana.
Il percorso di appropriazione-distruzione, da parte di Heidegger, della filosofia di Dilthey, ha il suo termine ideale in Essere e tempo: dopo la pubblicazione dell’opera maggiore i riferimenti al filosofo di Biebrich si fanno sempre più rari. In Essere e tempo molte delle istanze comparse nel passaggio da Friburgo a Marburgo, che avevano comportato una presa di distanza dall’opera di Dilthey, sono portate alle estreme conseguenze ed inserite in un tentativo di prospettiva sistematica.
La considerazione dei corsi che precedono Essere e tempo, in particolare di quelli del primo periodo friburghese, consente di assumere una distanza critica rispetto alla tesi, sostenuta in Essere e tempo, del naturale superamento della filosofia diltheyana della vita nell’ontologia. Anche se è troppo schematica l’idea di una fase di filosofia della vita cui subentra, a partire dal periodo di Marburgo, una svolta ontologica, è innegabile che uno scarto decisivo separa i primi corsi di Friburgo dal resto della produzione heideggeriana precedente a Essere e tempo. Proprio le oscillazioni, i ripensamenti e le ambiguità che caratterizzano il confronto con Dilthey consentono di rendersi conto del carattere aperto del percorso heideggeriano, e suggeriscono di assumere, contro gli interventi retrospettivi dello stesso Heidegger, un atteggiamento non finalistico, che restituisca ogni stazione del Denkweg nel suo carattere di possibilità.
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