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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-01132022-161437


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
COMETA, SARA
URN
etd-01132022-161437
Titolo
Giuseppe Berto, Carlo Emilio Gadda e Italo Svevo: tre modelli a confronto per una genealogia del «male oscuro»
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
ITALIANISTICA
Relatori
relatore Prof. Zatti, Sergio
correlatore Prof. Tirinanzi De Medici, Carlo
Parole chiave
  • autobiografia
  • Carlo Emilio Gadda
  • Giuseppe Berto
  • Italo Svevo
  • male oscuro
  • nevrosi
Data inizio appello
31/01/2022
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
Con il seguente elaborato intendo proporre un percorso di analisi letteraria che possa congiungere la vita e l’opera di Giuseppe Berto, Carlo Emilio Gadda e Italo Svevo attraverso il filo conduttore della nevrosi.
È necessario approfondire cosa si intenda per malattia nevrotica, soprattutto relativamente all’opera dei nostri tre autori: un disturbo della psiche che si riversa in una serie di malesseri sia mentali che corporei, primi tra i quali l’ansia, l’insicurezza e l’ipocondria. Il male oscuro non si presenta sempre con gli stessi connotati , esistono infatti diverse tipologie di tale malattia e vedremo come la critica si sia divisa, in particolare, sul tipo di nevrosi che affligge Svevo. A prescindere dalle definizioni scientifiche attribuibili alla nevrosi, ciò che qui interessa maggiormente è rilevare come gli autori, anche e soprattutto attraverso la finzione romanzesca, reagiscano al male oscuro: le modalità, per quanto presenteranno tratti indiscutibilmente comuni, saranno differenti per ciascuno dei tre.
La decisione di dedicare i primi due capitoli all’opera di Giuseppe Berto ha l’intenzione di fornire anche un’introduzione ai suoi antecedenti, in quanto molti dati si equivalgono o si ripetono, seppure con forme e modalità differenti. I temi che tratterò, primi tra tutti l’origine della nevrosi, la lotta con la figura paterna, i sintomi della malattia e il rapporto con la psicoanalisi si ritroveranno nei due capitoli successivi dedicati rispettivamente a Carlo Emilio Gadda e Italo Svevo.
Il proposito è quello di costruire un sistema chiuso e coerente costituito da tre punti: Il male oscuro, romanzo più recente e che gode di una fama minore rispetto a La cognizione del dolore e a La coscienza di Zeno, fa da collante in questo percorso, dal momento che contiene una serie di richiami espliciti e impliciti alle opere dei suoi maestri, anche per dichiarazione dello stesso Berto.
Vedremo inoltre come i margini tra autobiografia e finzione siano così deboli da sovrapporsi, in particolare nel romanzo bertiano, in cui la mancanza di nomi propri e, invece, la presenza di dati precisi ci permette di riconoscere nel protagonista innumerevoli concordanze con la biografia di Berto: appare infatti più semplice enumerare le differenze minime che intercorrono tra personaggio e autore che non le copiose analogie.
L’indagine interesserà anche il punto di vista strutturale delle opere, sia nella forma che nel contenuto: La cognizione e La coscienza sono più prossimi alla forma del romanzo posseduta dall’immaginario comune, godono infatti di una trama e presentano un universo, più o meno fitto, costituito di azioni e personaggi. Il romanzo sveviano, tra gli esempi che propongo, presenta un mondo molto più variegato: numerosi sono i personaggi che costellano il mondo di Zeno e più ampio il tempo di azione del protagonista. Vedremo anche come le tre opere siano spesso distanti nella sintassi e nella punteggiatura, facendo un’analisi del «discorso associativo» impiegato ne Il male oscuro, presentandolo come esempio estremo dell’utilizzo sporadico dei segni di interpunzione, attuando un confronto con l’opera di Gadda che invece ne fa largo uso.
L’analisi verterà anche, quando possibile, sulla differente tipologia di rapporto che si instaura con lo psicoanalista e sulla fiducia attribuita alla terapia, che potrà condurre o meno a una guarigione. A proposito di quest’ultima anticipo come essa sia poco credibile se dichiarata dal malato stesso: da un lato avremo l’esempio di un Berto parzialmente guarito, quel tanto che basta per liberarsi dalla paralisi scrittoria, dall’altro l’esempio estremo di Zeno che, con l’ironia che lo contraddistingue, si dichiara guarito pur apparendo più malato che mai.
Un’attenzione particolare sarà rivolta al ruolo svolto dalla scrittura, in particolare sul modo in cui la nevrosi ha influito sulla stesura dei romanzi e su quanto ha condizionato la creazione dei personaggi che appaiono come repliche dei loro autori.
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