Tesi etd-01132016-194735 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
GIORGIO, MARCELLA
Indirizzo email
marcellagiorgio@hotmail.com
URN
etd-01132016-194735
Titolo
LA CERAMICA NEI PERIODI DI TRANSIZIONE: PRODUZIONE E CIRCOLAZIONE DI VASELLAME A PISA E NEL CONTADO TRA QUATTRO E SEICENTO
Settore scientifico disciplinare
L-ANT/08
Corso di studi
DISCIPLINE UMANISTICHE
Relatori
tutor Prof. Cantini, Federico
commissario Prof. Milanese, Marco
commissario Prof. Gelichi, Sauro
commissario Varaldo, Carlo
commissario Prof. Milanese, Marco
commissario Prof. Gelichi, Sauro
commissario Varaldo, Carlo
Parole chiave
- archeologia della produzione
- ceramica
- età moderna
- medioevo
- Pisa
Data inizio appello
16/01/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Le ricerche sulla ceramica pisana, iniziate negli anni ’60 del secolo scorso da Liana Tongiorgi e Graziella Berti, hanno trovato negli ultimi decenni nuova linfa grazie ai sempre maggiori dati offerti dalle ricerche stratigrafiche nel centro storico cittadino. In tal modo è stato possibile sia aumentare le conoscenze su tematiche tradizionali che mettere al vaglio le intuizioni degli studiosi che in passato si erano affrontati su argomenti fondamentali quali l’introduzione di nuove tecnologie, le prime produzioni di vasellame ceramico con coperture vetrificate, le trasmissioni e i cambiamenti tecnologici in atto a Pisa e nella Toscana settentrionale a partire dal Duecento.
Sin dai miei primi anni da studentessa presso l’Università di Pisa i miei studi si sono orientati in questo senso sfociando, attraverso le ricerche nell’ambito di una tesi dottorale presso l’Università di Torino, nell’analisi della maiolica arcaica e delle invetriate depurate da mensa pisane di XIII-XV secolo. Tale studio permise di distinguere nettamente le invetriate dalle maioliche arcaiche, consentendo di vederle come classe ceramica a sé stante e di riconoscerne individualità e funzionalità specifiche. Alla stessa maniera le ricerche sulla maiolica arcaica, confortate e stimolate dalle informazioni provenienti dagli scavi urbani, giunsero ad osservarne una sopravvivenza più ampia di quanto ritenuto in passato, permettendo di proporre un primo allungamento della cronologia di produzione.
La prosecuzione delle indagini stratigrafiche urbane dell’ultimo ventennio ha, però, offerto lo spunto per continuare ad approfondire il tema relativo alla fabbricazione di vasellame ceramico a Pisa nel passaggio dai manufatti smaltati a quelli ingobbiati nel corso del Quattrocento e del Cinquecento.
Il lavoro che segue, quindi, si concentrerà proprio su questa tematica che negli ultimi anni è risultata controversa e foriera di animosi dibattiti: da un lato le proposte tradizionali di Graziella Berti derivate dalla lettura incrociata di fonti scritte e recuperi non stratigrafici, dall’altro il punto di vista degli archeologi che scavando negli ultimi 20 anni il sottosuolo pisano non sempre riuscivano a riscontrare la stessa tipologia di associazioni e cronologie.
In questa contrapposizione l’intenzione della presente ricerca è quella di offrire una verifica dei dati sia attraverso una rilettura e una diversa interpretazione di alcuni recuperi urbani (es. il famoso contesto delle “Benedettine”) sia attraverso la presentazione e l’unione dei materiali provenienti da ricerche recenti ed inedite che permettono di ampliare le conoscenze e rivedere le acquisizioni fatte in passato grazie al rinvenimento di numerosi scarti ceramici di cottura.
Per consentire un’analisi omogenea rispetto a quanto fatto in passato sono stati presi in considerazione, quindi, solo contesti contenenti ceramiche interpretabili come evidenti scarti di cottura sia in giacitura primaria che secondaria. Da questi sono state tratte osservazioni tecnologiche, cronologiche, tipologiche, archeometriche alle quali è stato unito un vaglio delle fonti documentarie e l’inquadramento all’interno di un quadro sociale e commerciale strutturato.
Sulla base degli interrogativi e delle problematiche storiche individuate lo studio, che non si è limitato al campione pisano ma ha riguardato anche materiale proveniente da altri centri, ha allargato il suo sguardo alla Toscana settentrionale al fine di mettere in relazione le dinamiche di Pisa con quanto accaduto in un territorio più ampio e ad essa, in un modo o nell’altro, connesso politicamente ed economicamente.
Su questa base il lavoro che segue è diviso in capitoli differenti funzionali a presentare e interpretare i dati raccolti.
Il primo capitolo propone un breve inquadramento sulla storia degli studi, sulle problematiche individuate e sui metodi utilizzati, elencando i contesti che sono stati esaminati durante questa ricerca.
Il secondo presenta i contesti pisani analizzati esponendone in breve la sequenza stratigrafica o le caratteristiche del recupero, fornendo gli estremi cronologici ricavati dalla posizione stratigrafica e/o dall’analisi di tutti reperti rinvenuti, e dedicando una parte specifica per ogni ritrovamento all’osservazione analitica degli scarti.
Il terzo capitolo descrive le caratteristiche tecnologiche degli oggetti schedati (ricavate dall’osservazione autoptica e dalle analisi archeometriche) e propone l’evoluzione crono-tipologica delle varie classi ceramiche pisane attraverso sia l’inserimento di tavole di forme e decori divise per periodi che le schedature specifiche del materiale selezionato.
Infine, nel quarto capitolo viene esaminata la produzione di ceramica a Pisa tra tardo XV e XVII secolo in maniera complessiva e maggiormente strutturata in cui, oltre ad un’analisi storico-politica-economica, vengono inseriti i dati provenienti dallo studio delle fonti scritte relative ai vasai pisani e ci si interroga sulla quantità e posizione delle fornaci cittadine, sul loro potere economico, sull’approvvigionamento di materia prima da parte delle botteghe, sul commercio internazionale dei manufatti fabbricati. È presente anche una parte dedicata ai contesti di scavo con scarti d’uso che permettano di verificare associazioni e cronologie e di confrontarsi sul tema del complesso rapporto tra oggetti smaltati e ingobbiati. Il capitolo si conclude ampliando lo sguardo alla Toscana settentrionale: anche in questo caso uno studio incrociato tra fonti edite ed inedite ha cercato di comprendere come si sia attuata la transizione (più o meno prolungata come per Pisa) dallo smalto all’ingobbio nei centri già produttori di maiolica arcaica e come, in un momento appena successivo, si sia diffuso l’ingobbio anche in altri luoghi.
Le conclusioni ricapitolano brevemente i risultati ottenuti e focalizzano l’attenzione su possibili future linee di ricerca.
Il presente lavoro, quindi, rappresenta la prosecuzione e la conclusione di una linea di ricerca che, partendo dagli studi sull’ultima maiolica arcaica e le prime ingobbiate pisane, ha teso a definire al meglio quale fosse e come si strutturasse la fabbricazione di vasellame a Pisa tra la fine del Medioevo e la prima Età Moderna.
Sin dai miei primi anni da studentessa presso l’Università di Pisa i miei studi si sono orientati in questo senso sfociando, attraverso le ricerche nell’ambito di una tesi dottorale presso l’Università di Torino, nell’analisi della maiolica arcaica e delle invetriate depurate da mensa pisane di XIII-XV secolo. Tale studio permise di distinguere nettamente le invetriate dalle maioliche arcaiche, consentendo di vederle come classe ceramica a sé stante e di riconoscerne individualità e funzionalità specifiche. Alla stessa maniera le ricerche sulla maiolica arcaica, confortate e stimolate dalle informazioni provenienti dagli scavi urbani, giunsero ad osservarne una sopravvivenza più ampia di quanto ritenuto in passato, permettendo di proporre un primo allungamento della cronologia di produzione.
La prosecuzione delle indagini stratigrafiche urbane dell’ultimo ventennio ha, però, offerto lo spunto per continuare ad approfondire il tema relativo alla fabbricazione di vasellame ceramico a Pisa nel passaggio dai manufatti smaltati a quelli ingobbiati nel corso del Quattrocento e del Cinquecento.
Il lavoro che segue, quindi, si concentrerà proprio su questa tematica che negli ultimi anni è risultata controversa e foriera di animosi dibattiti: da un lato le proposte tradizionali di Graziella Berti derivate dalla lettura incrociata di fonti scritte e recuperi non stratigrafici, dall’altro il punto di vista degli archeologi che scavando negli ultimi 20 anni il sottosuolo pisano non sempre riuscivano a riscontrare la stessa tipologia di associazioni e cronologie.
In questa contrapposizione l’intenzione della presente ricerca è quella di offrire una verifica dei dati sia attraverso una rilettura e una diversa interpretazione di alcuni recuperi urbani (es. il famoso contesto delle “Benedettine”) sia attraverso la presentazione e l’unione dei materiali provenienti da ricerche recenti ed inedite che permettono di ampliare le conoscenze e rivedere le acquisizioni fatte in passato grazie al rinvenimento di numerosi scarti ceramici di cottura.
Per consentire un’analisi omogenea rispetto a quanto fatto in passato sono stati presi in considerazione, quindi, solo contesti contenenti ceramiche interpretabili come evidenti scarti di cottura sia in giacitura primaria che secondaria. Da questi sono state tratte osservazioni tecnologiche, cronologiche, tipologiche, archeometriche alle quali è stato unito un vaglio delle fonti documentarie e l’inquadramento all’interno di un quadro sociale e commerciale strutturato.
Sulla base degli interrogativi e delle problematiche storiche individuate lo studio, che non si è limitato al campione pisano ma ha riguardato anche materiale proveniente da altri centri, ha allargato il suo sguardo alla Toscana settentrionale al fine di mettere in relazione le dinamiche di Pisa con quanto accaduto in un territorio più ampio e ad essa, in un modo o nell’altro, connesso politicamente ed economicamente.
Su questa base il lavoro che segue è diviso in capitoli differenti funzionali a presentare e interpretare i dati raccolti.
Il primo capitolo propone un breve inquadramento sulla storia degli studi, sulle problematiche individuate e sui metodi utilizzati, elencando i contesti che sono stati esaminati durante questa ricerca.
Il secondo presenta i contesti pisani analizzati esponendone in breve la sequenza stratigrafica o le caratteristiche del recupero, fornendo gli estremi cronologici ricavati dalla posizione stratigrafica e/o dall’analisi di tutti reperti rinvenuti, e dedicando una parte specifica per ogni ritrovamento all’osservazione analitica degli scarti.
Il terzo capitolo descrive le caratteristiche tecnologiche degli oggetti schedati (ricavate dall’osservazione autoptica e dalle analisi archeometriche) e propone l’evoluzione crono-tipologica delle varie classi ceramiche pisane attraverso sia l’inserimento di tavole di forme e decori divise per periodi che le schedature specifiche del materiale selezionato.
Infine, nel quarto capitolo viene esaminata la produzione di ceramica a Pisa tra tardo XV e XVII secolo in maniera complessiva e maggiormente strutturata in cui, oltre ad un’analisi storico-politica-economica, vengono inseriti i dati provenienti dallo studio delle fonti scritte relative ai vasai pisani e ci si interroga sulla quantità e posizione delle fornaci cittadine, sul loro potere economico, sull’approvvigionamento di materia prima da parte delle botteghe, sul commercio internazionale dei manufatti fabbricati. È presente anche una parte dedicata ai contesti di scavo con scarti d’uso che permettano di verificare associazioni e cronologie e di confrontarsi sul tema del complesso rapporto tra oggetti smaltati e ingobbiati. Il capitolo si conclude ampliando lo sguardo alla Toscana settentrionale: anche in questo caso uno studio incrociato tra fonti edite ed inedite ha cercato di comprendere come si sia attuata la transizione (più o meno prolungata come per Pisa) dallo smalto all’ingobbio nei centri già produttori di maiolica arcaica e come, in un momento appena successivo, si sia diffuso l’ingobbio anche in altri luoghi.
Le conclusioni ricapitolano brevemente i risultati ottenuti e focalizzano l’attenzione su possibili future linee di ricerca.
Il presente lavoro, quindi, rappresenta la prosecuzione e la conclusione di una linea di ricerca che, partendo dagli studi sull’ultima maiolica arcaica e le prime ingobbiate pisane, ha teso a definire al meglio quale fosse e come si strutturasse la fabbricazione di vasellame a Pisa tra la fine del Medioevo e la prima Età Moderna.
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