Tesi etd-01122017-085741 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
PUGLISI, MARTINA
URN
etd-01122017-085741
Titolo
La ricchezza illecita tra profili sanzionatori e capacita contributiva
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Venafro, Emma
Parole chiave
- Art. 14
- comma 4
- l. n. 537/1993
- profili sanzionatori
- ricchezza illecita
- tassazione
Data inizio appello
19/04/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
La trattazione che seguirà ha lo scopo precipuo di esporre la disciplina della ricchezza illecita, un tema che assume sempre più rilevanza negli ultimi anni, dal momento che la globalizzazione ha favorito la mobilità di persone, capitali, beni e servizi. Questo scenario economico sociale diviene terreno fertile per la nascita e lo sviluppo della criminalità economica1 che sfrutta l’estrema mobilità che caratterizza il sistema degli scambi per poter incrementare i propri profitti. Essa, galvanizzata dal fiorire degli scambi economici, ha sempre più preso piede cogliendo anche la possibilità di far perdere le tracce degli illeciti, tramite operazioni finanziarie di natura transnazionale, che permettono alla criminalità economica, non solo di autofinanziarsi, ma anche di poter ripulire il denaro sporco derivante dalla commissione di reati. Questo fenomeno ha posto i legislatori di tutte le nazioni dinanzi alla necessità di adottare degli strumenti idonei per poterlo arginare. A tal proposito sono stati realizzati degli interventi per impedire il riciclaggio, anche tramite la recente introduzione del reato di autoriciclaggio2; sono state inoltre sfruttate le potenzialità degli strumenti ablatori di natura penale.
Il problema della ricchezza illecita, tuttavia, non è confinato al solo diritto penale, ma interessa anche il diritto tributario. La dottrina e la giurisprudenza, infatti, per lungo tempo si sono poste l’interrogativo di quale fosse il regime fiscale di tali ricchezze, se ve ne fosse uno. Ed invero, nelle pagine che seguono verranno ripercorsi questi dibattiti che non sono stati sopiti neppure dall’intervento del legislatore. Quest’ultimo a partire dal 1993 - anno in cui è stato introdotta la legge 537/1993 - ha mostrato sempre più interesse al tema della rilevanza tributaria dei proventi illeciti. V’è da dire che la materia risulta affetta da molti profili di complessità e criticità che la rendono delicata nei suoi contatti con la disciplina penalistica. Infatti, come si vedrà, è in quest’ultimo versante che si palesano le maggiori difficoltà, dal momento che si tratta di conciliare due branche del diritto, profondamente diverse tra loro per struttura e finalità, vale a dire il diritto tributario ed il diritto penale. Il primo è volto a garantire all’Erario che tutti i contribuenti partecipino alla spesa pubblica secondo un principio solidaristico improntato sulla capacità contributiva. Il secondo, invece si presenta come un Giano bifronte che tutela la collettività dalla lesione di beni giuridici rilevanti, nonché il reo dalla forza dello Stato che, se non regolamentata, potrebbe schiacciarlo. Le due discipline si incontrano nel momento in cui il diritto tributario si serve della sua ancella prediletta per sanzionare coloro che, pur essendo tenuti alla contribuzione, vi si sottraggono. Tuttavia in questo incontro tra mondi diversi si generano profonde fratture di difficile composizione. In questo lavoro si cercherà di far emergere queste complessità per poterne dare, se possibile, una soluzione conforme ai principi che improntano il nostro sistema giuridico.
Il problema della ricchezza illecita, tuttavia, non è confinato al solo diritto penale, ma interessa anche il diritto tributario. La dottrina e la giurisprudenza, infatti, per lungo tempo si sono poste l’interrogativo di quale fosse il regime fiscale di tali ricchezze, se ve ne fosse uno. Ed invero, nelle pagine che seguono verranno ripercorsi questi dibattiti che non sono stati sopiti neppure dall’intervento del legislatore. Quest’ultimo a partire dal 1993 - anno in cui è stato introdotta la legge 537/1993 - ha mostrato sempre più interesse al tema della rilevanza tributaria dei proventi illeciti. V’è da dire che la materia risulta affetta da molti profili di complessità e criticità che la rendono delicata nei suoi contatti con la disciplina penalistica. Infatti, come si vedrà, è in quest’ultimo versante che si palesano le maggiori difficoltà, dal momento che si tratta di conciliare due branche del diritto, profondamente diverse tra loro per struttura e finalità, vale a dire il diritto tributario ed il diritto penale. Il primo è volto a garantire all’Erario che tutti i contribuenti partecipino alla spesa pubblica secondo un principio solidaristico improntato sulla capacità contributiva. Il secondo, invece si presenta come un Giano bifronte che tutela la collettività dalla lesione di beni giuridici rilevanti, nonché il reo dalla forza dello Stato che, se non regolamentata, potrebbe schiacciarlo. Le due discipline si incontrano nel momento in cui il diritto tributario si serve della sua ancella prediletta per sanzionare coloro che, pur essendo tenuti alla contribuzione, vi si sottraggono. Tuttavia in questo incontro tra mondi diversi si generano profonde fratture di difficile composizione. In questo lavoro si cercherà di far emergere queste complessità per poterne dare, se possibile, una soluzione conforme ai principi che improntano il nostro sistema giuridico.
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