Tesi etd-01112018-212003 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
SAMMARCO, ENRICO
URN
etd-01112018-212003
Titolo
Sequenze terapeutiche nel trattamento medico del carcinoma prostatico resistente alla castrazione
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Falcone, Alfredo
correlatore Dott. Galli, Luca
correlatore Dott. Galli, Luca
Parole chiave
- carcinoma prostatico resistente alla castrazione
- sequenze terapeutiche
Data inizio appello
30/01/2018
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il carcinoma prostatico è la neoplasia più frequentemente diagnosticata nel sesso maschile e risulta essere la terza causa di morte per tumore nel maschio; la malattia metastatica può essere distinta sostanzialmente in due fasi, una di sensibilità e una di resistenza alla castrazione (chirurgica o, più modernamente, farmacologica).
Nell’ultima decade sono stati progressivamente sviluppati diversi farmaci dimostratisi in grado di prolungare la sopravvivenza di questi pazienti; tra i vari, si annoverano due taxani (Docetaxel e Cabazitaxel), due ormonoterapici di nuova generazione (Abiraterone ed Enzalutamide) e un radiofarmaco emittente particelle alfa (Radium-223).
Nonostante l’ampia disponibilità di nuovi agenti terapeutici, non esiste attualmente alcun fattore in grado di predire la risposta a un determinato farmaco; come tale, non è possibile stabilire se un paziente risponderà o meno e soprattutto non vi sono studi prospettici validati che dimostrino la superiorità dell’utilizzo di una determinata sequenza di farmaci anziché un’altra in un determinato gruppo di pazienti.
Il presente studio si pone come obiettivo valutare retrospettivamente l’esistenza di eventuali differenze in termini di attività, efficacia e tollerabilità tra due alternative sequenze farmacologiche.
Sono stati raccolti retrospettivamente i dati anagrafici, clinico-patologici, biochimici e radiologici di 62 pazienti trattati presso il Polo Oncologico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana per carcinoma prostatico resistente alla castrazione (Castration Resistant Prostate Cancer, CRPC) con almeno due farmaci life-prolonging.
Le sequenze farmacologiche più largamente impiegate nella popolazione di pazienti includono un chemioterapico (Docetaxel) e uno tra i nuovi ormonoterapici (Abiraterone ed Enzalutamide, noti anche come ARTA, Androgen Receptor-Targeted Agents). Sono stati individuati due gruppi significativi di pazienti: nel primo, denominato CT-OT e in grado di contare 33 soggetti, la prima linea di trattamento è stata un regime chemioterapico con Docetaxel, mentre in seconda linea è stato loro somministrato uno tra Abiraterone ed Enzalutamide; nel secondo gruppo, denominato OT-CT e totalizzante 14 pazienti, è stata invece impiegata la sequenza speculare (ovvero un ARTA in prima linea e Docetaxel in seconda).
Gli endpoint misurati sono stati: sopravvivenza globale (Overall Survival, OS), tempo alla progressione dall’inizio della prima linea (Time To Progression, TTP1), tempo alla progressione dall’inizio della seconda linea (TTP2), tempo alla progressione complessivo (TT2P, ovvero l’intervallo tra l’inizio della prima linea e la progressione alla seconda), tasso di risposte obiettive (Objective Response Rate, ORR, ovvero la proporzione di pazienti che ha avuto una risposta parziale o completa, definite in accordo con i criteri RECIST, Response Evaluation Criteria In Solid Tumors versione 1.1). Sono state inoltre rilevate le tossicità sviluppate dai pazienti nel corso dei trattamenti, definendole secondo i criteri CTCAE (Common Terminology Criteria for Adverse Events) versione 4.03.
Nei pazienti della sequenza OT-CT è stato riportato un valore mediano dell’OS pari a 31 mesi (95% CI 25,43-36, 57), mentre i soggetti della sequenza opposta si sono assestati su valori mediani di 22 mesi (95% CI 8,28-35,72): tale dato ha raggiunto significatività statistica (p=0,021).
Il valore mediano del TTP1 è risultato lievemente più alto nei pazienti della sequenza OT-CT (10 mesi contro i 9 dei pazienti del gruppo CT-OT), parimenti al TTP2 (8 mesi vs 5 mesi) e al TT2P (21 mesi vs 16 mesi): va tuttavia sottolineato che per questi ultimi tre endpoint, differentemente da quanto visto per la sopravvivenza globale, non è stata raggiunta la significatività statistica.
La chemioterapia si è dimostrata maggiormente attiva nel CRPC, confrontata con gli ARTA: l’ORR è risultato pari al 51% in caso di impiego del Docetaxel in prima linea e del 21% in caso di somministrazione in seconda; i nuovi agenti ormonoterapici hanno determinato una risposta parziale o completa nel 12% dei casi se utilizzati dopo il Docetaxel e in nessun caso se somministrati in prima linea (ciò è facilmente intuibile in virtù del differente meccanismo di azione, citocida per la chemioterapia e citostatico per l’ormonoterapia).
In termini di safety, l’ormonoterapia ha confermato di possedere un profilo di tollerabilità nettamente migliore rispetto alla chemioterapia: il tasso di eventi avversi gravi (di grado maggiore o uguale a 3) è stato del 18% durante la somministrazione di Docetaxel in prima linea e del 29% nella somministrazione dello stesso farmaco in seconda; gli ARTA invece hanno condotto a tossicità severe il 6% dei pazienti della sequenza CT-OT (in un utilizzo post-Docetaxel) e in nessun caso nell’impiego in prima linea di trattamento.
Le reazioni avverse più frequentemente associate al Docetaxel sono state astenia (in più del 75% dei casi), diarrea (nel 64% dei soggetti nella chemioterapia di prima linea e nel 57% nella somministrazione in seconda), onicopatia (48% dei casi in prima linea), neurotossicità periferica (55% dei casi in prima linea e 36% in seconda), nausea e vomito (29% dei casi in seconda linea), mucosite orale (61% dei casi in prima linea, 29% in seconda), anemia (9% dei casi in prima linea e 21% in seconda), con rari casi di neutropenia e neutropenia febbrile (sviluppata da 2 pazienti del gruppo CT-OT e da 3 soggetti afferenti alla sequenza opposta).
Il trattamento con Abiraterone o Enzalutamide è stato, invece, relativamente scevro da tossicità clinicamente importanti: il 67% dei pazienti della sequenza CT-OT e il 50% di coloro che hanno ricevuto la sequenza opposta hanno sviluppato astenia correlata con la terapia; l’anoressia e le vampate di calore si sono invece manifestate rispettivamente in un terzo e un quinto dei soggetti che hanno ricevuto gli ARTA. Le tossicità cardiovascolare (insufficienza cardiaca, ipertensione arteriosa) ed epatica, associate unicamente alla somministrazione di Abiraterone, sono state riportate rispettivamente nel 7% e nel 3% dei pazienti. Enzalutamide ha avuto come uniche tossicità l’astenia e l’anoressia (oltre ad un unico caso di diarrea).
In virtù dei risultati ottenuti, il proporre un ormonoterapico di nuova generazione prima della chemioterapia nei pazienti affetti da CRPC metastatico sembra portare un vantaggio statisticamente significativo in termini di sopravvivenza globale; va tuttavia ricordato come le popolazioni afferenti alle due diverse sequenze presentassero delle differenze sin dall’esordio della malattia: i soggetti trattati primariamente con la chemioterapia avevano una malattia più aggressiva, con la presenza di metastasi già alla diagnosi nella metà dei casi e spesso con un volume tumorale più elevato. Tale dato potrebbe in parte spiegare lo svantaggio in termini di OS e ridurre la rilevanza clinica dei risultati raggiunti; la disponibilità relativamente recente degli ARTA va in parte però a controbilanciare tali discrepanze, poiché un maggior numero di pazienti inclusi nello studio ha ricevuto solo successivamente alla chemioterapia un ormonoterapico di nuova generazione, avendo quest’ultimo l’indicazione, durante il lasso temporale considerato, solo per la fase post-chemioterapia.
La possibile esistenza, in futuro, di fattori predittivi di risposta potrà giocare un ruolo cruciale nella scelta della miglior sequenza farmacologica: in tale senso, molto promettente appare la possibilità di ricercare sull’RNA esosomiale la presenza di una variante dello splicing del recettore androgenico (AR-V7, Androgen Receptor-Variant 7), associata con resistenza verso Abiraterone e Enzalutamide. Questa isoforma recettoriale sembra essere importante anche nella biologia tumorale del CRPC: ciò è confermato indirettamente dal fatto che su 15 pazienti del nostro studio valutati per la presenza di AR-V7, 8 sono risultati positivi.
In conclusione, non è ancora possibile definire con certezza un algoritmo universalmente riconosciuto che possa guidare l’oncologo nella scelta delle varie linee di trattamento del CRPC; la persistente centralità dell’asse androgenico in fase di resistenza alla castrazione è avvalorata dalla dimostrata efficacia degli ARTA, farmaci in grado di prolungare la sopravvivenza con un profilo di tollerabilità nettamente superiore ai taxani. Il nostro studio, pur presentando dei limiti intrinseci alla natura retrospettiva e al possibile bias di selezione, sembra suggerire come l’utilizzo di ormonoterapia prima della chemioterapia impatti positivamente sulla sopravvivenza dei pazienti. Al fine di definire meglio i vantaggi di una specifica sequenza, è necessario disporre dei risultati di studi prospettici randomizzati, possibilmente guidati da biomarcatori predittivi.
Nell’ultima decade sono stati progressivamente sviluppati diversi farmaci dimostratisi in grado di prolungare la sopravvivenza di questi pazienti; tra i vari, si annoverano due taxani (Docetaxel e Cabazitaxel), due ormonoterapici di nuova generazione (Abiraterone ed Enzalutamide) e un radiofarmaco emittente particelle alfa (Radium-223).
Nonostante l’ampia disponibilità di nuovi agenti terapeutici, non esiste attualmente alcun fattore in grado di predire la risposta a un determinato farmaco; come tale, non è possibile stabilire se un paziente risponderà o meno e soprattutto non vi sono studi prospettici validati che dimostrino la superiorità dell’utilizzo di una determinata sequenza di farmaci anziché un’altra in un determinato gruppo di pazienti.
Il presente studio si pone come obiettivo valutare retrospettivamente l’esistenza di eventuali differenze in termini di attività, efficacia e tollerabilità tra due alternative sequenze farmacologiche.
Sono stati raccolti retrospettivamente i dati anagrafici, clinico-patologici, biochimici e radiologici di 62 pazienti trattati presso il Polo Oncologico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana per carcinoma prostatico resistente alla castrazione (Castration Resistant Prostate Cancer, CRPC) con almeno due farmaci life-prolonging.
Le sequenze farmacologiche più largamente impiegate nella popolazione di pazienti includono un chemioterapico (Docetaxel) e uno tra i nuovi ormonoterapici (Abiraterone ed Enzalutamide, noti anche come ARTA, Androgen Receptor-Targeted Agents). Sono stati individuati due gruppi significativi di pazienti: nel primo, denominato CT-OT e in grado di contare 33 soggetti, la prima linea di trattamento è stata un regime chemioterapico con Docetaxel, mentre in seconda linea è stato loro somministrato uno tra Abiraterone ed Enzalutamide; nel secondo gruppo, denominato OT-CT e totalizzante 14 pazienti, è stata invece impiegata la sequenza speculare (ovvero un ARTA in prima linea e Docetaxel in seconda).
Gli endpoint misurati sono stati: sopravvivenza globale (Overall Survival, OS), tempo alla progressione dall’inizio della prima linea (Time To Progression, TTP1), tempo alla progressione dall’inizio della seconda linea (TTP2), tempo alla progressione complessivo (TT2P, ovvero l’intervallo tra l’inizio della prima linea e la progressione alla seconda), tasso di risposte obiettive (Objective Response Rate, ORR, ovvero la proporzione di pazienti che ha avuto una risposta parziale o completa, definite in accordo con i criteri RECIST, Response Evaluation Criteria In Solid Tumors versione 1.1). Sono state inoltre rilevate le tossicità sviluppate dai pazienti nel corso dei trattamenti, definendole secondo i criteri CTCAE (Common Terminology Criteria for Adverse Events) versione 4.03.
Nei pazienti della sequenza OT-CT è stato riportato un valore mediano dell’OS pari a 31 mesi (95% CI 25,43-36, 57), mentre i soggetti della sequenza opposta si sono assestati su valori mediani di 22 mesi (95% CI 8,28-35,72): tale dato ha raggiunto significatività statistica (p=0,021).
Il valore mediano del TTP1 è risultato lievemente più alto nei pazienti della sequenza OT-CT (10 mesi contro i 9 dei pazienti del gruppo CT-OT), parimenti al TTP2 (8 mesi vs 5 mesi) e al TT2P (21 mesi vs 16 mesi): va tuttavia sottolineato che per questi ultimi tre endpoint, differentemente da quanto visto per la sopravvivenza globale, non è stata raggiunta la significatività statistica.
La chemioterapia si è dimostrata maggiormente attiva nel CRPC, confrontata con gli ARTA: l’ORR è risultato pari al 51% in caso di impiego del Docetaxel in prima linea e del 21% in caso di somministrazione in seconda; i nuovi agenti ormonoterapici hanno determinato una risposta parziale o completa nel 12% dei casi se utilizzati dopo il Docetaxel e in nessun caso se somministrati in prima linea (ciò è facilmente intuibile in virtù del differente meccanismo di azione, citocida per la chemioterapia e citostatico per l’ormonoterapia).
In termini di safety, l’ormonoterapia ha confermato di possedere un profilo di tollerabilità nettamente migliore rispetto alla chemioterapia: il tasso di eventi avversi gravi (di grado maggiore o uguale a 3) è stato del 18% durante la somministrazione di Docetaxel in prima linea e del 29% nella somministrazione dello stesso farmaco in seconda; gli ARTA invece hanno condotto a tossicità severe il 6% dei pazienti della sequenza CT-OT (in un utilizzo post-Docetaxel) e in nessun caso nell’impiego in prima linea di trattamento.
Le reazioni avverse più frequentemente associate al Docetaxel sono state astenia (in più del 75% dei casi), diarrea (nel 64% dei soggetti nella chemioterapia di prima linea e nel 57% nella somministrazione in seconda), onicopatia (48% dei casi in prima linea), neurotossicità periferica (55% dei casi in prima linea e 36% in seconda), nausea e vomito (29% dei casi in seconda linea), mucosite orale (61% dei casi in prima linea, 29% in seconda), anemia (9% dei casi in prima linea e 21% in seconda), con rari casi di neutropenia e neutropenia febbrile (sviluppata da 2 pazienti del gruppo CT-OT e da 3 soggetti afferenti alla sequenza opposta).
Il trattamento con Abiraterone o Enzalutamide è stato, invece, relativamente scevro da tossicità clinicamente importanti: il 67% dei pazienti della sequenza CT-OT e il 50% di coloro che hanno ricevuto la sequenza opposta hanno sviluppato astenia correlata con la terapia; l’anoressia e le vampate di calore si sono invece manifestate rispettivamente in un terzo e un quinto dei soggetti che hanno ricevuto gli ARTA. Le tossicità cardiovascolare (insufficienza cardiaca, ipertensione arteriosa) ed epatica, associate unicamente alla somministrazione di Abiraterone, sono state riportate rispettivamente nel 7% e nel 3% dei pazienti. Enzalutamide ha avuto come uniche tossicità l’astenia e l’anoressia (oltre ad un unico caso di diarrea).
In virtù dei risultati ottenuti, il proporre un ormonoterapico di nuova generazione prima della chemioterapia nei pazienti affetti da CRPC metastatico sembra portare un vantaggio statisticamente significativo in termini di sopravvivenza globale; va tuttavia ricordato come le popolazioni afferenti alle due diverse sequenze presentassero delle differenze sin dall’esordio della malattia: i soggetti trattati primariamente con la chemioterapia avevano una malattia più aggressiva, con la presenza di metastasi già alla diagnosi nella metà dei casi e spesso con un volume tumorale più elevato. Tale dato potrebbe in parte spiegare lo svantaggio in termini di OS e ridurre la rilevanza clinica dei risultati raggiunti; la disponibilità relativamente recente degli ARTA va in parte però a controbilanciare tali discrepanze, poiché un maggior numero di pazienti inclusi nello studio ha ricevuto solo successivamente alla chemioterapia un ormonoterapico di nuova generazione, avendo quest’ultimo l’indicazione, durante il lasso temporale considerato, solo per la fase post-chemioterapia.
La possibile esistenza, in futuro, di fattori predittivi di risposta potrà giocare un ruolo cruciale nella scelta della miglior sequenza farmacologica: in tale senso, molto promettente appare la possibilità di ricercare sull’RNA esosomiale la presenza di una variante dello splicing del recettore androgenico (AR-V7, Androgen Receptor-Variant 7), associata con resistenza verso Abiraterone e Enzalutamide. Questa isoforma recettoriale sembra essere importante anche nella biologia tumorale del CRPC: ciò è confermato indirettamente dal fatto che su 15 pazienti del nostro studio valutati per la presenza di AR-V7, 8 sono risultati positivi.
In conclusione, non è ancora possibile definire con certezza un algoritmo universalmente riconosciuto che possa guidare l’oncologo nella scelta delle varie linee di trattamento del CRPC; la persistente centralità dell’asse androgenico in fase di resistenza alla castrazione è avvalorata dalla dimostrata efficacia degli ARTA, farmaci in grado di prolungare la sopravvivenza con un profilo di tollerabilità nettamente superiore ai taxani. Il nostro studio, pur presentando dei limiti intrinseci alla natura retrospettiva e al possibile bias di selezione, sembra suggerire come l’utilizzo di ormonoterapia prima della chemioterapia impatti positivamente sulla sopravvivenza dei pazienti. Al fine di definire meglio i vantaggi di una specifica sequenza, è necessario disporre dei risultati di studi prospettici randomizzati, possibilmente guidati da biomarcatori predittivi.
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