Tesi etd-01112009-114232 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
COCUZZA, PAOLA
URN
etd-01112009-114232
Titolo
Ruolo della RM con bobina endorettale nella neoplasia prostatica: dalla stadiazione al programma terapeutico
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
Relatore Prof. Cionini, Luca
Parole chiave
- prostata
- radioterapia
- RM bobina endorettale
Data inizio appello
27/01/2009
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
27/01/2049
Riassunto
Nella neoplasia prostatica, così come nella maggior parte delle malattie oncologiche, la corretta definizione della sede e della estensione della malattia con appropriate metodiche di imaging risulta essere fondamentale per la scelta della terapia.
La Radioterapia rappresenta una delle principali soluzioni terapeutiche nella neoplasia prostatica, sia come trattamento esclusivo, sia adiuvante post chirurgico, sia di salvataggio nei casi di recidiva di malattia.
In questa tesi verranno analizzati i vantaggi che le metodiche diagnostiche strumentali di ultima generazione possono portare nella scelta e nella realizzazione del più corretto iter terapeutico; in particolare verrà focalizzata l’attenzione sul ruolo svolto dalla RM con bobina endorettale associata a spettroscopia nella neoplasia prostatica alla prima diagnosi o in caso di recidiva, e sulle implicazioni per la successiva irradiazione. Inoltre verrà presa in esame la potenzialità che la metodica sembra mostrare relativamente al follow-up dopo trattamento radioterapico con fasci esterni.
A tale riguardo sono stati presi in esame i pazienti che dall’aprile 2005 al luglio 2008 si sono presentati presso la U.O. di Radioterapia dell’Università di Pisa con prima diagnosi di carcinoma prostatico o portatori di recidiva di malattia dopo chirurgia o precedente irradiazione. In particolare nell’ambito di quest’ultimo gruppo è stata effettuata una suddivisione tra i casi con diagnosi di recidiva biochimica esclusiva rispetto ai pazienti con conferma ecografica e/o bioptica di presenza di malattia.
89 pazienti sono stati inseriti in un protocollo interno di valutazione dei potenziali vantaggi che la RM con bobina endorettale ed analisi spettroscopica del rapporto colina/citrato può offrire, con lo scopo di validare l’affidabilità della metodica; ciò è stato possibile grazie ad una collaborazione con la U.O. di Diagnostica per Immagini (Direttore C. Bartolozzi) che nel 2005 ha acquisito la bobina endorettale idonea allo studio della prostata.
La possibilità di effettuare valutazioni metaboliche con l’analisi spettroscopica ha fatto inoltre nascere l’idea di analizzare quale possa essere il contributo di tale esame nella definizione dei risultati del trattamento radioterapico rispetto al solo dosaggio del PSA; per tale motivo alcuni pazienti (67) sono stati sottoposti ad ulteriori esami strumentali durante il follow up.
Degli 89 pazienti valutati con RM con bobina endo rettale ed esame spettroscopico pre e/o post radioterapia con intento radicale, 56 (63%) sono afferiti presso la nostra Unita Operativa con prima diagnosi di malattia, 17 pazienti (19%) erano invece portatori di recidiva locale accertata istologicamente o con esame ecografico, 16 pazienti (18%) presentavano esclusiva evidenza biochimica di ripresa di malattia.
In 47 dei 56 pazienti con prima diagnosi, è stato possibile fare un confronto tra stadiazione effettuata precedentemente all’inizio della radioterapia, attraverso i risultati bioptici, integrati con l’ecografia transrettale nei 20 pazienti in cui era risultata positiva, rispetto a quella effettuata con RM.
I risultati mostrano che la concordanza tra le metodiche si aveva solo nel 12% dei casi. In un unico caso (2%) la risonanza non è stata in grado di rilevare la malattia mentre nell’86% dei casi ne ha evidenziato la sottostadiazione.
L’utilizzo della RM con bobina endorettale associata a spettroscopia ha confermato una più accurata determinazione del parametro T, e quindi un’ottimale suddivisione in classi di rischio in funzione delle quali viene fornita indicazione per la scelta terapeutica.
Tenendo conto che per i pazienti sottoposti a irradiazione, l’estensione del volume bersaglio varia sulla base della definita classe di rischio, la RM ha consentito un miglior adeguamento del target allo stadio di malattia in 31 pazienti su 47; quindi nel 66% dei casi senza la risonanza il trattamento sarebbe risultato inadeguato.
Dei 33 pazienti con recidiva, 31 sono stati analizzati con RM in fase diagnostica con identificazione del nodulo neoplastico nel 97% dei casi, rispetto al 50% ottenuto con l’esame bioptico ed ecografia con sonda transrettale. Pertanto anche nella recidiva di malattia la RM con bobina endorettale presenta affidabilità superiore alle altre indagini strumentali e, grazie all’identificazione del nodulo neoplastico, rende possibile ridurre il volume di trattamento consentendo di aumentare le dosi al bersaglio, risparmiando i tessuti sani, nell’ottica di un miglioramento terapeutico, e di una minor tossicità acuta e tardiva.
Per quanto riguarda il follow-up, in 56 pazienti è disponibile almeno una RM con bobina endorettale e spettroscopia eseguito dopo completamento della radioterapia, e confrontabile con una RM basale. L’informazione che deriva da tale analisi è che, pur nella estrema variabilità di risposta, sembra che la RM effettuata entro un anno dal termine della radioterapia risulti sostanzialmente invariata rispetto all’esame iniziale in più della metà dei pazienti (58%). Per quanto riguarda invece i controlli eseguiti dopo oltre un anno dal termine del trattamento, nel 50% dei pazienti, analizzando sia le immagini di RM che il dato metabolico della spettroscopia, si aveva un miglioramento o addirittura l’assenza della malattia.
Tale osservazione farebbe ipotizzare che nel primo anno dal termine della radioterapia il dosaggio del PSA rimane lo strumento di base per la valutazione della risposta al trattamento, mentre la RM è utile in una fase più tardiva.
La Radioterapia rappresenta una delle principali soluzioni terapeutiche nella neoplasia prostatica, sia come trattamento esclusivo, sia adiuvante post chirurgico, sia di salvataggio nei casi di recidiva di malattia.
In questa tesi verranno analizzati i vantaggi che le metodiche diagnostiche strumentali di ultima generazione possono portare nella scelta e nella realizzazione del più corretto iter terapeutico; in particolare verrà focalizzata l’attenzione sul ruolo svolto dalla RM con bobina endorettale associata a spettroscopia nella neoplasia prostatica alla prima diagnosi o in caso di recidiva, e sulle implicazioni per la successiva irradiazione. Inoltre verrà presa in esame la potenzialità che la metodica sembra mostrare relativamente al follow-up dopo trattamento radioterapico con fasci esterni.
A tale riguardo sono stati presi in esame i pazienti che dall’aprile 2005 al luglio 2008 si sono presentati presso la U.O. di Radioterapia dell’Università di Pisa con prima diagnosi di carcinoma prostatico o portatori di recidiva di malattia dopo chirurgia o precedente irradiazione. In particolare nell’ambito di quest’ultimo gruppo è stata effettuata una suddivisione tra i casi con diagnosi di recidiva biochimica esclusiva rispetto ai pazienti con conferma ecografica e/o bioptica di presenza di malattia.
89 pazienti sono stati inseriti in un protocollo interno di valutazione dei potenziali vantaggi che la RM con bobina endorettale ed analisi spettroscopica del rapporto colina/citrato può offrire, con lo scopo di validare l’affidabilità della metodica; ciò è stato possibile grazie ad una collaborazione con la U.O. di Diagnostica per Immagini (Direttore C. Bartolozzi) che nel 2005 ha acquisito la bobina endorettale idonea allo studio della prostata.
La possibilità di effettuare valutazioni metaboliche con l’analisi spettroscopica ha fatto inoltre nascere l’idea di analizzare quale possa essere il contributo di tale esame nella definizione dei risultati del trattamento radioterapico rispetto al solo dosaggio del PSA; per tale motivo alcuni pazienti (67) sono stati sottoposti ad ulteriori esami strumentali durante il follow up.
Degli 89 pazienti valutati con RM con bobina endo rettale ed esame spettroscopico pre e/o post radioterapia con intento radicale, 56 (63%) sono afferiti presso la nostra Unita Operativa con prima diagnosi di malattia, 17 pazienti (19%) erano invece portatori di recidiva locale accertata istologicamente o con esame ecografico, 16 pazienti (18%) presentavano esclusiva evidenza biochimica di ripresa di malattia.
In 47 dei 56 pazienti con prima diagnosi, è stato possibile fare un confronto tra stadiazione effettuata precedentemente all’inizio della radioterapia, attraverso i risultati bioptici, integrati con l’ecografia transrettale nei 20 pazienti in cui era risultata positiva, rispetto a quella effettuata con RM.
I risultati mostrano che la concordanza tra le metodiche si aveva solo nel 12% dei casi. In un unico caso (2%) la risonanza non è stata in grado di rilevare la malattia mentre nell’86% dei casi ne ha evidenziato la sottostadiazione.
L’utilizzo della RM con bobina endorettale associata a spettroscopia ha confermato una più accurata determinazione del parametro T, e quindi un’ottimale suddivisione in classi di rischio in funzione delle quali viene fornita indicazione per la scelta terapeutica.
Tenendo conto che per i pazienti sottoposti a irradiazione, l’estensione del volume bersaglio varia sulla base della definita classe di rischio, la RM ha consentito un miglior adeguamento del target allo stadio di malattia in 31 pazienti su 47; quindi nel 66% dei casi senza la risonanza il trattamento sarebbe risultato inadeguato.
Dei 33 pazienti con recidiva, 31 sono stati analizzati con RM in fase diagnostica con identificazione del nodulo neoplastico nel 97% dei casi, rispetto al 50% ottenuto con l’esame bioptico ed ecografia con sonda transrettale. Pertanto anche nella recidiva di malattia la RM con bobina endorettale presenta affidabilità superiore alle altre indagini strumentali e, grazie all’identificazione del nodulo neoplastico, rende possibile ridurre il volume di trattamento consentendo di aumentare le dosi al bersaglio, risparmiando i tessuti sani, nell’ottica di un miglioramento terapeutico, e di una minor tossicità acuta e tardiva.
Per quanto riguarda il follow-up, in 56 pazienti è disponibile almeno una RM con bobina endorettale e spettroscopia eseguito dopo completamento della radioterapia, e confrontabile con una RM basale. L’informazione che deriva da tale analisi è che, pur nella estrema variabilità di risposta, sembra che la RM effettuata entro un anno dal termine della radioterapia risulti sostanzialmente invariata rispetto all’esame iniziale in più della metà dei pazienti (58%). Per quanto riguarda invece i controlli eseguiti dopo oltre un anno dal termine del trattamento, nel 50% dei pazienti, analizzando sia le immagini di RM che il dato metabolico della spettroscopia, si aveva un miglioramento o addirittura l’assenza della malattia.
Tale osservazione farebbe ipotizzare che nel primo anno dal termine della radioterapia il dosaggio del PSA rimane lo strumento di base per la valutazione della risposta al trattamento, mentre la RM è utile in una fase più tardiva.
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