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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-01102023-174021


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
MATTEUZZI, ALESSIA
URN
etd-01102023-174021
Titolo
Apocalissi pandemiche: immagini della natura ai tempi del Covid-19.
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
ITALIANISTICA
Relatori
relatore Prof. Dei, Fabio
correlatore Prof.ssa Di Pasquale, Caterina
Parole chiave
  • utopian
  • Covid-19
  • natura
  • Covid-19
  • immaginario
  • Moresco
  • apocalisse
  • antropologia
  • filosofia. nature
  • letteratura
  • literature
  • anthropology
  • Moresco
  • apocalypse
  • philosophy.
Data inizio appello
02/02/2023
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
02/02/2063
Riassunto
L’elaborato prende in esame alcune tra le concettualizzazioni della natura emerse nel contesto pandemico e del rapporto dell’uomo con essa. In particolare, l’obiettivo è quello di analizzare, in ottica critica, le reazioni di intellettuali, scienziati e social media al primo lockdown per COVID-19. Il 9 marzo 2020 il premier Giuseppe Conte chiudeva l’Italia ed emanava un nuovo decreto. Più o meno nello stesso periodo, anche i governi delle altre nazioni adottavano misure simili e nel mese di aprile circa metà degli abitanti sulla terra erano costretti a rimanere a casa. Per contenere la diffusione del virus, venivano chiusi ristoranti, cinema, uffici, università, negozi, fabbriche, cinema, teatri, stadi, chiese ed erano vietati gli incontri, mediante i provvedimenti di isolamento, quarantena e coprifuoco. Durante la cosiddetta prima ondata della pandemia è stato detto e scritto moltissimo. Prendendo come riferimento il periodo che va da febbraio a ottobre 2020, ho consultato una vasta eterogeneità di fonti (libri, poesie, giornali online, siti web, conferenze, social media, blog, video e pubblicazioni scientifiche), concentrandomi sulle idee e i sentimenti più diffusi, che rimandano a determinate immagini della natura. Molteplici sono state le conseguenze di questa esperienza senza precedenti, una tra tutte la sperimentazione di un mondo diverso possibile in cui l’uomo sembrava non esserci più: città e parchi deserti, cieli limpidi, locali e negozi chiusi. Questi paesaggi hanno provocato reazioni ambigue in ciascuno di noi: molti hanno visto una natura in gran parte liberata dalla nostra ingombrante presenza e hanno tratto motivo di sollievo o di speranza dal ritorno di cieli tersi, acque trasparenti e arcaici silenzi; altri hanno vissuto questa situazione con dolore, rilevando il contrasto crudele tra le sofferenze umane e l’indisturbato risveglio primaverile e, infine, altri ancora hanno visto nel virus un messaggio, un avvertimento o una punizione diretta specificamente all’umanità da parte di Madre Natura. Giornali e social media di tutto il mondo hanno iniziato a pubblicare post e notizie su avvistamenti di animali selvatici senza precedenti nelle aree urbane, spesso affermando che la natura stava riguadagnando il suo spazio. Vi sono, però, alcuni studi scientifici che si oppongono a tale retorica principale, in quanto la ritengono una narrazione affascinante ma distorcente e che fa leva sul bisogno di certezze e storie positive a cui appigliarsi in un momento difficile come quello del lockdown. Tali studi, inoltre, dimostrano che molte delle foto e delle storie circolate in questo periodo e diventate virali sui social si sono rivelate false, o quantomeno imprecise.
Ho preso poi in considerazione alcuni racconti ambientati durante il lockdown che danno voce a varie tipologie di animali e, sempre in quest’ottica, ho analizzato i due racconti dello scrittore Antonio Moresco: Canto degli alberi e Il Grido. Inoltre, l’elaborato porta alla luce gli atteggiamenti più disparati nei confronti del virus, in alcuni casi anche molto discutibili. Per esempio, ci sono autori secondo i quali dovremmo convivere con esso e altri che sostengono che il vero virus sono gli umani e il coronavirus è il vaccino che risanerà la terra, quindi la nostra malattia coinciderebbe con la guarigione della natura. Molto frequenti sono anche l’idea che il virus sia una forza provvidenziale attraverso cui la natura ristabilisce un’armonia incrinata dagli esseri umani e, infine, un filone post-apocalittico e post-umano (sia letterario che cinematografico), che vede la sopravvivenza della natura dopo la nostra estinzione come motivo di speranza, perché la vita continuerà anche senza di noi.
Come vedremo più dettagliatamente, traspare molto spesso un’immagine mitologica della natura, ma, dietro al volto apparentemente ridente di essa che questi autori mettono in primo piano, è doveroso non dimenticare tutti i morti e la sofferenza che la pandemia di COVID-19 ha causato. Sono tendenze forti da parte di intellettuali, che fanno presa perché fanno leva su un’insoddisfazione generale diffusa nella società e parlano ad un senso umano di finitezza e insoddisfazione.
Dopo aver analizzato in ottica critica alcuni degli atteggiamenti ricorrenti in tempi di lockdown nei confronti della natura e del virus, ho cercato di tracciare una genealogia degli atteggiamenti antiscientisti e antimodernisti che hanno caratterizzato molte delle posizioni degli intellettuali umanisti di fronte alla pandemia e anche certe posizioni di senso comune ad esse legate. Le radici di questo tipo di immaginario vanno ricercate nel pensiero del Novecento, da un punto di vista sia filosofico, quindi di critica alla tecnologia e alla modernizzazione, sia antropologico, quindi nel fascino per l’irrazionale e il primitivo e nell’idea della modernità che abbandona un rapporto diretto e precategoriale e fondamentale con l’esistenza.

The paper examines some of the conceptualizations of nature that emerged in the pandemic context and man's relationship with them. In particular, it aims to critically analyze the reactions of intellectuals, scientists, and social media to the first lockdown for COVID-19. On March 9, 2020, Prime Minister Giuseppe Conte put Italy in lockdown and issued a new decree. Around the same time, governments of other nations were also taking similar measures, and in April about half of the inhabitants on earth were forced to stay at home. Restaurants, cinemas, offices, universities, stores, factories, theaters, stadiums, and churches were closed, and meetings were banned through the measures of isolation, quarantine and curfew. A great deal has been said and written during the so-called first wave of the pandemic. Taking the period from February to October 2020 as a reference, I consulted a wide heterogeneity of sources (books, poems, online journals, websites, conferences, social media, blogs, videos, and scientific publications), focusing on the most prevalent ideas and sentiments, which refer to certain images of nature. Many were the consequences of this unprecedented experience, for example the experimentation with a different possible world without men and women: deserted cities and parks, clear skies, closed clubs and stores. These landscapes provoked ambiguous reactions in each of us: many saw a nature largely freed from our cumbersome presence and drew reason for relief or hope from the return of clear skies, clear waters, and archaic silences; others experienced this situation with sorrow, noting the cruel contrast between human suffering and the undisturbed spring awakening; and, finally, still others saw in the virus a message, a warning, or a punishment directed specifically at humanity by Mother Nature. Newspapers and social media around the world began publishing posts and news stories about unprecedented wildlife sightings in urban areas, often claiming that nature was regaining its space. There are, however, some scientific studies that oppose such mainstream rhetoric, as they see it as a fascinating but distorting narrative that appeals to the need for certainty and positive stories in a difficult time such as the lockdown. These studies, moreover, show that many of the photos and stories that circulated during this period were false or inaccurate.
Then, I considered a number of short stories set during the lockdown that give voice to various types of animals and I analyzed two short stories written by Antonio Moresco: Canto degli alberi and Il Grido. In addition, the paper reveals the most disparate attitudes toward the virus, which are in some cases very questionable. For example, some authors claim that we should accept it, others argue that the true virus is humans, and the coronavirus is the vaccine that will heal the earth, so our illness would coincide with nature's healing. Also very common are the ideas that the virus is a providential force through which nature restores a harmony broken by humans and, finally, a post-apocalyptic and post-human strand (both literary and cinematic), which sees the survival of nature after our extinction as a reason for hope, because life will continue without us.
As we will see in more detail, a mythological image of nature very often transpires, but behind the seemingly laughing face of it that these authors foreground, it is important not to forget all the death and suffering that the COVID-19 pandemic caused.
In conclusion, I have attempted to trace the genealogy of the anti-scientist and anti-modernist attitudes that have characterized many of the positions of humanist intellectuals in the face of the pandemic and even certain common-sense positions related to them. The roots of this kind of imagery are to be found in twentieth-century thought. First of all, from a philosophical point of view, thus a critique of technology and modernization. Then, from an anthropological point of view, thus a fascination with the irrational and primitive and the idea of modernity abandoning a direct and pre-categorical and fundamental relationship with existence.

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