Tesi etd-01092021-192315 |
Link copiato negli appunti
Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
RUELLO, GIUSEPPE
URN
etd-01092021-192315
Titolo
L'appello nel processo penale tra revisio prioris instantiae e novum iudicium
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Marzaduri, Enrico
Parole chiave
- Appeal
- Appello
- Contraddittorio
- Contradictory
- Criminal Procedure
- Equality
- Parità
- Poteri processuali
- Procedura penale
- procedural Powers
Data inizio appello
01/02/2021
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
01/02/2091
Riassunto
L’appello ha sempre posto interrogativi significativi relativi alla sua natura. Prendendo in esame i poteri processuali delle singole parti, la tesi si concentra sulle configurazioni assunte nel corso del tempo da questo mezzo di impugnazione.
Originariamente le criticità sorgevano dallo scarso coraggio dimostrato dal legislatore durante la redazione del codice del 1988. Pur non essendo un rimedio a critica vincolata come il ricorso in Cassazione, l’appello era considerato come una scarna revisio prioris instantiae di quanto affrontato durante il primo grado di giudizio. Le maggiori perplessità attorno a questo gravame riguardavano dunque le modalità di svolgimento del contraddittorio, che il più delle volte era semplicemente cartolare.
Partendo da un apparato ritenuto insoddisfacente da molti commentatori, le diverse riforme hanno cercato di porre rimedio alle carenze, con la costante inadeguatezza dei risultati rispetto agli obiettivi prefissati. Questo fenomeno è stato osservato nel 2006, quando la dottrina risultava concorde verso una svolta maggiormente partecipativa del secondo grado. Invece che configurarsi come un novum iudicium, l’appello non cambiava il proprio carattere: il legislatore intendeva colmare le lacune partecipative semplicemente mediante una modifica della legittimazione ad appellare, che si rivelò incostituzionale, poichè determinava un’insostenibile parificazione dei poteri processuali delle parti. Allo stesso modo anche la riforma Orlando – partita tra proclami di profonda deflazione del carico processuale – ha prodotto innovazioni inefficaci (come la modifica dell’art. 581 c.p.p.) o difficilmente comprensibili rispetto agli obiettivi originari (coma la disposizione di cui all’art. 603 co. 3 bis c.p.p.). Anche in questa circostanza, peraltro, gli interventi sui poteri processuali delle parti si sono rivelati inadeguati nella forma e nella sostanza, come visto riguardo al reintrodotto concordato sui motivi in appello.
Nel complesso, il lavoro intende far riflettere sull’assenza di una visione complessiva del legislatore sull’appello. Mosse da istinti differenti a seconda dei momenti, le riforme sono spesso intervenute in maniera confusionaria, menomando i poteri di intervento delle parti processuali e perpetrando violazioni più o meno gravi dei diversi principi costituzionali.
Partendo dall’imputato, si sono quindi evidenziati gli elementi di maggiore criticità per tutti i soggetti coinvolti nel processo, con un costante sguardo alla giustizia costituzionale e al diritto comparato. Circa tale mezzo di impugnazione vi è da dire che la Consulta non sempre ha fornito risposte pienamente soddisfacenti. Ancora oggi non è stato infatti attribuito un rilievo costituzionale alla necessità di un secondo grado di giudizio di merito; allo stesso modo, anche il potere di impugnazione del pubblico ministero ha generato un dibattito significativo, visto che la Corte ha impiegato a più riprese il concetto di soccombenza, poco adeguato rispetto alla funzione pubblica esercitata da tale autorità. Si è osservato invece come la comparazione possa giocare un ruolo importante in prospettiva futura, visto che già in passato la soppressione delle facoltà di appello della parte pubblica avverso le sentenze di proscioglimento venne attuata sulla scia dei sistemi processuali operanti nei principali Paesi europei. É infatti interessante valutare come le risposte alle pressioni derivanti dalla Corte di Strasburgo siano differenti a seconda dei vari ordinamenti: proprio tale confronto può fornire uno spunto per i futuri interventi del legislatore italiano, che dovrà innanzitutto intraprendere una scelta decisa circa la conformazione dell’appello.
Appeal has always developed a strong debate about its nature. Analysing the faculties provided to the different procedural parties, the thesis focuses on the configurations assumed by this mean of impugnation during time. Initially, the main problems derived from the lack of innovations in the first Criminal Procedure Code in 1988. Despite it wasn’t a bonded mean like “ricorso in Cassazione”, the appeal was considered like a simple revisio prioris instantiae of what was considered during the first grade of judgement. Major questions were about the way of contradictory: procedural parties were called to expose their position only through acts.
For this reason, the successive legislative interventions tried to solve the main gaps: by the way, they always failed in perceiving the objectives. It happened in 2006, when a lot of authors agreed about involving procedural parties in a better way. The result was not a novum iudicium, because appeal did not change its main feature: the reform changed only the faculties to appeal, that were declared unconstitutional in 2007. Indeed, the novel determined an unsustainable equivalence between public minister and defendant. By the way, also the Orlando’s reform - that wanted to pursue a strong deflation of the amount of processes – was a failure, producing ineffective innovations (like the art. 581’s modification) or incomprehensible changes (art. 603 co. 2 bis c.p.p.), considering the targets of the intervention. Also this time, parties’ faculties were not defined well in shape and substance, as we see in the new “concordato in appello”.
At all, this work tries to focus on the absence of vision evidenced by the different legislative interventions. During different periods, reforms produced a confused system, with a strong reduction of the intervention’s faculties. It also produced relevant constitutional violations.
Starting from the defendant, we tried to evidence the main problems for every procedural part involved in the process, with a constant view on constitutional justice and comparative law. Corte costituzionale did not reach an uniform position about appeal. Indeed, it did not affirm a constitutional relevance of this mean of impugnation; at the same time, observing the public minister’s faculties, the Court often used the word “soccombenza”, which is not appropriate for a public subject. A comparative perspective is relevant also for the future: in 2006 indeed the deletion of the appeal faculty for the public minister (against the acquittal) was adopted following the procedural systems of the main European States. By the way, also today the EDU Court’s pressure causes different outputs in the various legislative systems: from this comparison there are interesting elements for a successive Italian legislative intervention, that should make a choice about the appeal’s conformation.
Originariamente le criticità sorgevano dallo scarso coraggio dimostrato dal legislatore durante la redazione del codice del 1988. Pur non essendo un rimedio a critica vincolata come il ricorso in Cassazione, l’appello era considerato come una scarna revisio prioris instantiae di quanto affrontato durante il primo grado di giudizio. Le maggiori perplessità attorno a questo gravame riguardavano dunque le modalità di svolgimento del contraddittorio, che il più delle volte era semplicemente cartolare.
Partendo da un apparato ritenuto insoddisfacente da molti commentatori, le diverse riforme hanno cercato di porre rimedio alle carenze, con la costante inadeguatezza dei risultati rispetto agli obiettivi prefissati. Questo fenomeno è stato osservato nel 2006, quando la dottrina risultava concorde verso una svolta maggiormente partecipativa del secondo grado. Invece che configurarsi come un novum iudicium, l’appello non cambiava il proprio carattere: il legislatore intendeva colmare le lacune partecipative semplicemente mediante una modifica della legittimazione ad appellare, che si rivelò incostituzionale, poichè determinava un’insostenibile parificazione dei poteri processuali delle parti. Allo stesso modo anche la riforma Orlando – partita tra proclami di profonda deflazione del carico processuale – ha prodotto innovazioni inefficaci (come la modifica dell’art. 581 c.p.p.) o difficilmente comprensibili rispetto agli obiettivi originari (coma la disposizione di cui all’art. 603 co. 3 bis c.p.p.). Anche in questa circostanza, peraltro, gli interventi sui poteri processuali delle parti si sono rivelati inadeguati nella forma e nella sostanza, come visto riguardo al reintrodotto concordato sui motivi in appello.
Nel complesso, il lavoro intende far riflettere sull’assenza di una visione complessiva del legislatore sull’appello. Mosse da istinti differenti a seconda dei momenti, le riforme sono spesso intervenute in maniera confusionaria, menomando i poteri di intervento delle parti processuali e perpetrando violazioni più o meno gravi dei diversi principi costituzionali.
Partendo dall’imputato, si sono quindi evidenziati gli elementi di maggiore criticità per tutti i soggetti coinvolti nel processo, con un costante sguardo alla giustizia costituzionale e al diritto comparato. Circa tale mezzo di impugnazione vi è da dire che la Consulta non sempre ha fornito risposte pienamente soddisfacenti. Ancora oggi non è stato infatti attribuito un rilievo costituzionale alla necessità di un secondo grado di giudizio di merito; allo stesso modo, anche il potere di impugnazione del pubblico ministero ha generato un dibattito significativo, visto che la Corte ha impiegato a più riprese il concetto di soccombenza, poco adeguato rispetto alla funzione pubblica esercitata da tale autorità. Si è osservato invece come la comparazione possa giocare un ruolo importante in prospettiva futura, visto che già in passato la soppressione delle facoltà di appello della parte pubblica avverso le sentenze di proscioglimento venne attuata sulla scia dei sistemi processuali operanti nei principali Paesi europei. É infatti interessante valutare come le risposte alle pressioni derivanti dalla Corte di Strasburgo siano differenti a seconda dei vari ordinamenti: proprio tale confronto può fornire uno spunto per i futuri interventi del legislatore italiano, che dovrà innanzitutto intraprendere una scelta decisa circa la conformazione dell’appello.
Appeal has always developed a strong debate about its nature. Analysing the faculties provided to the different procedural parties, the thesis focuses on the configurations assumed by this mean of impugnation during time. Initially, the main problems derived from the lack of innovations in the first Criminal Procedure Code in 1988. Despite it wasn’t a bonded mean like “ricorso in Cassazione”, the appeal was considered like a simple revisio prioris instantiae of what was considered during the first grade of judgement. Major questions were about the way of contradictory: procedural parties were called to expose their position only through acts.
For this reason, the successive legislative interventions tried to solve the main gaps: by the way, they always failed in perceiving the objectives. It happened in 2006, when a lot of authors agreed about involving procedural parties in a better way. The result was not a novum iudicium, because appeal did not change its main feature: the reform changed only the faculties to appeal, that were declared unconstitutional in 2007. Indeed, the novel determined an unsustainable equivalence between public minister and defendant. By the way, also the Orlando’s reform - that wanted to pursue a strong deflation of the amount of processes – was a failure, producing ineffective innovations (like the art. 581’s modification) or incomprehensible changes (art. 603 co. 2 bis c.p.p.), considering the targets of the intervention. Also this time, parties’ faculties were not defined well in shape and substance, as we see in the new “concordato in appello”.
At all, this work tries to focus on the absence of vision evidenced by the different legislative interventions. During different periods, reforms produced a confused system, with a strong reduction of the intervention’s faculties. It also produced relevant constitutional violations.
Starting from the defendant, we tried to evidence the main problems for every procedural part involved in the process, with a constant view on constitutional justice and comparative law. Corte costituzionale did not reach an uniform position about appeal. Indeed, it did not affirm a constitutional relevance of this mean of impugnation; at the same time, observing the public minister’s faculties, the Court often used the word “soccombenza”, which is not appropriate for a public subject. A comparative perspective is relevant also for the future: in 2006 indeed the deletion of the appeal faculty for the public minister (against the acquittal) was adopted following the procedural systems of the main European States. By the way, also today the EDU Court’s pressure causes different outputs in the various legislative systems: from this comparison there are interesting elements for a successive Italian legislative intervention, that should make a choice about the appeal’s conformation.
File
Nome file | Dimensione |
---|---|
Tesi non consultabile. |