Tesi etd-01092012-154149 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
MONACCI, FRANCESCA
URN
etd-01092012-154149
Titolo
Approccio interventistico al trattamento in utero del cuore sinistro ipoplasico
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Genazzani, Andrea R.
Parole chiave
- cuore
- interventistica
- ipoplasia
Data inizio appello
31/01/2012
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
31/01/2052
Riassunto
La possibilità di diagnosticare la sindrome del cuore sinistro ipoplasico piuttosto precocemente (a partire dalle 18-19 settimane) e di conoscerne la patogenesi di tipo progressivo, gli scarsi risultati ottenuti dai trattamenti fino ad oggi applicati che spingono ancora molti genitori a scegliere una interruzione di gravidanza, gli studi ottimistici sulla plasticità miocardica e sulle cellule staminali, hanno posto le basi per una nuova sperimentazione: una procedura interventistica per il trattamento in utero della HLHS.
Gli interventi sul feto ancora oggi sono raramente eseguiti, a causa della loro complessità e dei rischi che possono comportare.
Nelle cardiopatie congenite, ed ancora di più nella sindrome del cuore sinistro ipoplasico, sappiamo però che tale intervento ha le potenzialità di prevenire lo sviluppo della malformazione o quanto meno di ridurre la gravità delle sue manifestazioni cliniche.
Tutte queste premesse ci hanno spinto a sperimentare una nuova tecnica su feti ovini ad un’epoca gestazionale compresa tra i 95 ed i 106 giorni (laddove la durata complessiva della gravidanza è di 145±5 giorni), non affetti da patologia.
La scelta della pecora come animale su cui eseguire gli esperimenti è stata dettata, come molti studi passati possono testimoniare, dall’estrema somiglianza morfo-funzionale del suo cuore con quello umano; inoltre selezionare feti ad un’epoca gestazionale di 95-106 giorni permette di sperimentare la procedura su un cuore avente pressoché le stesse dimensioni di un cuore fetale umano alla ventesima settimana di gestazione, ovvero nel periodo in cui dovrebbe essere eseguito l’intervento, subito dopo la diagnosi.
Gli interventi eseguiti fino a questo momento su 9 feti di pecora hanno avuto come principale obiettivo quello di andare a dimostrare la fattibilità della procedura in utero: questa viene eseguita con un catetere costruito su misura ed inserito per via trans-uterina, che permetta il rilascio direttamente nel tessuto miocardico di microsfere fluorescenti appositamente preparate.
Questa prima parte dello studio ha quindi lo scopo di sperimentare la tecnica, valutarne le eventuali complicanze e apportarne correzioni e miglioramenti per rendere l’intervento il più sicuro ed efficace possibile.
L’infusione di microsfere fluorescenti rappresenta una premessa all’obiettivo finale dello studio: l’impianto di cellule staminali direttamente nel miocardio, che potenzialmente permettano lo sviluppo e la crescita del tessuto, in particolare a livello del ventricolo sinistro.
Vengono perciò utilizzate in prima istanza microsfere aventi lo stesso diametro delle eventuali cellule staminali (10µm) ma con una maggiore reperibilità, nonché costi nettamente inferiori.
Le microsfere marcate possono inoltre essere facilmente visualizzate e valutate all’interno del tessuto cui sono destinate, mediante un microscopio a fluorescenza. Questo permette quindi di dimostrare anche il successo dell’intervento ed il raggiungimento di un primo importante obiettivo: la corretta infusione delle microsfere (riproducibile poi con le cellule staminali) e la loro permanenza nel tessuto miocardico.
La procedura interventistica, che nell’uomo potrebbe essere eseguita per via percutanea, nella pecora richiede una incisione laparotomica con esposizione dell’utero gravido; questo perché nella pecora l’unità di scambio tra la circolazione materna e quella fetale è rappresentata dal placentoma, che prende vita dall’unione tra il cotiledone placentare e la caruncola materna: nella pecora gravida ci sono circa 90-100 placentomi dispersi sulla membrana corionica. Questi fanno sì che la penetranza delle onde meccaniche ecografiche sia piuttosto scarsa, e quindi che la visualizzazione delle strutture fetali per via trans-addominale sia molto difficoltosa. Per una migliore trasmissibilità delle immagini ecografiche perciò l’utero viene esposto e la sonda viene appoggiata direttamente su di esso.
Sotto guida ecografica viene inserito il catetere attraverso l’apice del ventricolo sinistro e viene fatto avanzare, oltre la valvola aortica, all’interno dell’aorta ascendente fino a livello del tronco brachiocefalico, senza oltrepassarlo; qui viene gonfiato un palloncino che induca un arresto del flusso (stop flow) per circa due minuti, durante i quali le microsfere fluorescenti vengono iniettate.
Dopo questa operazione il palloncino viene sgonfiato e si ha la ripresa del flusso.
L’obiettivo della procedura è quello di convogliare le microsfere (ed in seguito le cellule staminali) dalla radice aortica verso i seni aortici e le arterie coronarie, e attraverso queste al miocardio.
Teoricamente poi le microsfere, dopo il primo ciclo cardiaco, verranno raccolte nel seno coronarico, e da questo, dato il suo sbocco a livello dell’atrio destro, verranno distribuite per un 60% al ventricolo destro e per un 40% al ventricolo sinistro grazie al passaggio attraverso il forame ovale. Dal ventricolo destro le microsfere passeranno poi alla circolazione sistemica attraverso il dotto arterioso di Botallo.
Il fine di questa prima parte dello studio è duplice: da una parte vogliamo dimostrare l’efficacia del posizionamento del catetere e la sua capacità di rilasciare direttamente le microsfere nel tessuto bersaglio, ovvero il miocardio; dall’altra vogliamo valutare la distribuzione delle microsfere nel tessuto bersaglio stesso.
Per soddisfare entrambi gli obiettivi, dopo l’infusione delle microsfere, si può procedere in due diversi modi:
• Nel primo caso, dopo 30-60 secondi dall’infusione si iniettano 35 mEq di KCl (1 ml) senza rimuovere lo stop flow, per indurre l’arresto cardiaco del feto; viene effettuato poi un taglio cesareo, il feto viene prelevato e sottoposto ad esame autoptico, durante il quale il cuore viene rimosso dalla cavità toracica ed immerso in un gel per la conservazione. Questo permetterà di testare l’efficacia del posizionamento del catetere e dell’induzione dello stop flow: infatti qualora quest’ultimo non fosse completo, ovvero se il palloncino non aderisse perfettamente alle pareti dell’aorta, potremo rilevare la sostanza iniettata (in questo caso le microsfere) anche in altri tessuti oltre a quello cardiaco.
• Nel secondo caso, dopo 30-60 secondi il palloncino viene sgonfiato e si lascia il tempo (circa 10 minuti) per un ‘wash out’ delle microsfere dal tessuto miocardico. A questo punto si procede, come nel caso precedente, con l’iniezione di KCl per eutanasizzare il feto, il taglio cesareo e l’esame autoptico.
Questa seconda modalità permette di valutare così la distribuzione delle microsfere nel tessuto bersaglio e l’eventuale dispersione in altri tessuti.
Una volta compiuta la procedura ed estratto il feto dall’utero della pecora, l’importante passo successivo è l’esame autoptico dell’animale sacrificato. Questo permette di visualizzare i siti d’ingresso dell’agocannula e del catetere, di determinare la causa di eventuali complicanze incorse (tra le più frequenti emopericardio, emotorace ed emoperitoneo), di prelevare i principali organi da sottoporre ad esame istologico: il cuore, ovvero l’organo bersaglio in cui ci aspetteremo di ritrovare le microsfere, ma anche i principali organi emuntori, cioè i reni ed in alcuni casi parte del fegato, per valutare una eventuale dispersione in circolo della sostanza iniettata.
Gli interventi sul feto ancora oggi sono raramente eseguiti, a causa della loro complessità e dei rischi che possono comportare.
Nelle cardiopatie congenite, ed ancora di più nella sindrome del cuore sinistro ipoplasico, sappiamo però che tale intervento ha le potenzialità di prevenire lo sviluppo della malformazione o quanto meno di ridurre la gravità delle sue manifestazioni cliniche.
Tutte queste premesse ci hanno spinto a sperimentare una nuova tecnica su feti ovini ad un’epoca gestazionale compresa tra i 95 ed i 106 giorni (laddove la durata complessiva della gravidanza è di 145±5 giorni), non affetti da patologia.
La scelta della pecora come animale su cui eseguire gli esperimenti è stata dettata, come molti studi passati possono testimoniare, dall’estrema somiglianza morfo-funzionale del suo cuore con quello umano; inoltre selezionare feti ad un’epoca gestazionale di 95-106 giorni permette di sperimentare la procedura su un cuore avente pressoché le stesse dimensioni di un cuore fetale umano alla ventesima settimana di gestazione, ovvero nel periodo in cui dovrebbe essere eseguito l’intervento, subito dopo la diagnosi.
Gli interventi eseguiti fino a questo momento su 9 feti di pecora hanno avuto come principale obiettivo quello di andare a dimostrare la fattibilità della procedura in utero: questa viene eseguita con un catetere costruito su misura ed inserito per via trans-uterina, che permetta il rilascio direttamente nel tessuto miocardico di microsfere fluorescenti appositamente preparate.
Questa prima parte dello studio ha quindi lo scopo di sperimentare la tecnica, valutarne le eventuali complicanze e apportarne correzioni e miglioramenti per rendere l’intervento il più sicuro ed efficace possibile.
L’infusione di microsfere fluorescenti rappresenta una premessa all’obiettivo finale dello studio: l’impianto di cellule staminali direttamente nel miocardio, che potenzialmente permettano lo sviluppo e la crescita del tessuto, in particolare a livello del ventricolo sinistro.
Vengono perciò utilizzate in prima istanza microsfere aventi lo stesso diametro delle eventuali cellule staminali (10µm) ma con una maggiore reperibilità, nonché costi nettamente inferiori.
Le microsfere marcate possono inoltre essere facilmente visualizzate e valutate all’interno del tessuto cui sono destinate, mediante un microscopio a fluorescenza. Questo permette quindi di dimostrare anche il successo dell’intervento ed il raggiungimento di un primo importante obiettivo: la corretta infusione delle microsfere (riproducibile poi con le cellule staminali) e la loro permanenza nel tessuto miocardico.
La procedura interventistica, che nell’uomo potrebbe essere eseguita per via percutanea, nella pecora richiede una incisione laparotomica con esposizione dell’utero gravido; questo perché nella pecora l’unità di scambio tra la circolazione materna e quella fetale è rappresentata dal placentoma, che prende vita dall’unione tra il cotiledone placentare e la caruncola materna: nella pecora gravida ci sono circa 90-100 placentomi dispersi sulla membrana corionica. Questi fanno sì che la penetranza delle onde meccaniche ecografiche sia piuttosto scarsa, e quindi che la visualizzazione delle strutture fetali per via trans-addominale sia molto difficoltosa. Per una migliore trasmissibilità delle immagini ecografiche perciò l’utero viene esposto e la sonda viene appoggiata direttamente su di esso.
Sotto guida ecografica viene inserito il catetere attraverso l’apice del ventricolo sinistro e viene fatto avanzare, oltre la valvola aortica, all’interno dell’aorta ascendente fino a livello del tronco brachiocefalico, senza oltrepassarlo; qui viene gonfiato un palloncino che induca un arresto del flusso (stop flow) per circa due minuti, durante i quali le microsfere fluorescenti vengono iniettate.
Dopo questa operazione il palloncino viene sgonfiato e si ha la ripresa del flusso.
L’obiettivo della procedura è quello di convogliare le microsfere (ed in seguito le cellule staminali) dalla radice aortica verso i seni aortici e le arterie coronarie, e attraverso queste al miocardio.
Teoricamente poi le microsfere, dopo il primo ciclo cardiaco, verranno raccolte nel seno coronarico, e da questo, dato il suo sbocco a livello dell’atrio destro, verranno distribuite per un 60% al ventricolo destro e per un 40% al ventricolo sinistro grazie al passaggio attraverso il forame ovale. Dal ventricolo destro le microsfere passeranno poi alla circolazione sistemica attraverso il dotto arterioso di Botallo.
Il fine di questa prima parte dello studio è duplice: da una parte vogliamo dimostrare l’efficacia del posizionamento del catetere e la sua capacità di rilasciare direttamente le microsfere nel tessuto bersaglio, ovvero il miocardio; dall’altra vogliamo valutare la distribuzione delle microsfere nel tessuto bersaglio stesso.
Per soddisfare entrambi gli obiettivi, dopo l’infusione delle microsfere, si può procedere in due diversi modi:
• Nel primo caso, dopo 30-60 secondi dall’infusione si iniettano 35 mEq di KCl (1 ml) senza rimuovere lo stop flow, per indurre l’arresto cardiaco del feto; viene effettuato poi un taglio cesareo, il feto viene prelevato e sottoposto ad esame autoptico, durante il quale il cuore viene rimosso dalla cavità toracica ed immerso in un gel per la conservazione. Questo permetterà di testare l’efficacia del posizionamento del catetere e dell’induzione dello stop flow: infatti qualora quest’ultimo non fosse completo, ovvero se il palloncino non aderisse perfettamente alle pareti dell’aorta, potremo rilevare la sostanza iniettata (in questo caso le microsfere) anche in altri tessuti oltre a quello cardiaco.
• Nel secondo caso, dopo 30-60 secondi il palloncino viene sgonfiato e si lascia il tempo (circa 10 minuti) per un ‘wash out’ delle microsfere dal tessuto miocardico. A questo punto si procede, come nel caso precedente, con l’iniezione di KCl per eutanasizzare il feto, il taglio cesareo e l’esame autoptico.
Questa seconda modalità permette di valutare così la distribuzione delle microsfere nel tessuto bersaglio e l’eventuale dispersione in altri tessuti.
Una volta compiuta la procedura ed estratto il feto dall’utero della pecora, l’importante passo successivo è l’esame autoptico dell’animale sacrificato. Questo permette di visualizzare i siti d’ingresso dell’agocannula e del catetere, di determinare la causa di eventuali complicanze incorse (tra le più frequenti emopericardio, emotorace ed emoperitoneo), di prelevare i principali organi da sottoporre ad esame istologico: il cuore, ovvero l’organo bersaglio in cui ci aspetteremo di ritrovare le microsfere, ma anche i principali organi emuntori, cioè i reni ed in alcuni casi parte del fegato, per valutare una eventuale dispersione in circolo della sostanza iniettata.
Note
La tesi in oggetto non è stata inserita correttamente nel data base dall’autore. L’autore stesso ed i relatori sono stati avvertiti di tale omissione.
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