Tesi etd-01092011-121451 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC5
Autore
NARDINI, ELISA
URN
etd-01092011-121451
Titolo
sintesi di nuovi inibitori della subunita A della lattato deidrogenasi umana (LDH-A)
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
CHIMICA E TECNOLOGIA FARMACEUTICHE
Relatori
relatore Prof. Minutolo, Filippo
Parole chiave
- fenotipo glicolitico
- fermentazione lattica
- glicolisi
- ipossia
- lattato deidrogenasi umana
Data inizio appello
26/01/2011
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
26/01/2051
Riassunto
La glicolisi, il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa sono processi metabolici utilizzati dalle cellule sane, per ossidare il glucosio e quindi per produrre energia. In presenza di ossigeno la fosforilazione ossidativa sfrutta i cofattori ridotti provenienti sia dalla glicolisi, volta alla degradazione del glucosio a piruvato, sia dal ciclo di Krebs. Quando le cellule non hanno un adeguato apporto di ossigeno sono costrette a cambiare il proprio metabolismo: il piruvato, prodotto finale della glicolisi, invece di entrare nel ciclo di Krebs, si trasforma in acido lattico e permette la rigenerazione dei cofattori ossidati necessari per non interrompere la glicolisi. La conversione del piruvato in acido lattico è un processo detto fermentazione lattica. Un esempio di cellule, in cui si manifesta una mancanza di equilibrio tra l’apporto e il consumo di ossigeno sono le cellule dei tumori solidi una volta che questi hanno raggiunto un certo volume (> 1 cm3). La proliferazione delle masse tumorali, a differenza dei tessuti sani, avviene in modo rapido e incontrollato, provocando possibili compressioni e ostruzioni dei lumi vasali. I vasi ostruiti portano ad una diminuzione del flusso sanguigno, così che le zone tissutali da loro irrorate subiscono una diminuzione dell’apporto di ossigeno e divengono ipossiche. Possono manifestarsi due tipi di ipossia:
1) acuta, causata da una ostruzione del vaso dovuta, per esempio, da un accrescimento incontrollato della massa tumorale;
2) cronica, provocata dalla limitazione della diffusione di ossigeno e sostanze nutrienti, a causa di un eccessivo allontanamento dal flusso sanguigno.
Vari studi hanno dimostrato che gli strati ipossici istaurano una maggiore resistenza verso tradizionali farmaci chemioterapici e radioterapie.
L’ipossia porta le cellule tumorali ad attuare dei meccanismi di adattamento, primo tra tutti un cambiamento del metabolismo dei carboidrati. La diminuzione dell’attività OXPHOS (fosforilazione ossidativa), causata dalla presenza di basse concentrazioni di O2, porta ad un accumulo dei cofattori ridotti. La cellula, quindi, per continuare a sfruttare la glicolisi come fonte di energia, è costretta ad aumentare la fermentazione lattica, ripristinando così, i cofattori ossidati. Questo cambiamento del metabolismo, definito come “fenotipo glicolitico”, conferisce un vantaggio nella crescita cellulare, e rappresenta un tratto distintivo delle cellule tumorali caratterizzate da un’elevata invasività. Vari studi hanno rivelato che cellule tumorali che vanno incontro a tale cambiamento metabolico, una volta riportate a normali condizioni di ossigenazioni (normossia), non riattivano la fosforilazione ossidativa, pur avendone la possibilità di farlo; è per questo motivo che si parla di glicolisi aerobica. I principali effetti della glicolisi aerobica sono: un aumentato “uptake” di glucosio, un incremento della produzione di acido lattico, una conseguente acidificazione dell’ambiente extracellulare ed un aumento del potenziale di membrana mitocondriale (ψm). Molti studi hanno inoltre provato che, anche le cellule sane, se sottoposte ad una diminuzione della concentrazione di O2, vanno incontro ad un aumento dell’attività glicolitica e ad un incremento del consumo di glucosio; questo fenomeno è definito “effetto Pasteur”. Tuttavia, le cellule tumorali presentano un elevato aumento dell’uptake di glucosio e della glicolisi anche in condizioni di normossia, rappresentando quello che è definito come “effetto di Warburg”.1 Questi cambiamenti metabolici consentono alle cellule tumorali di proliferare rapidamente anche in ambiente ipossico, inoltre l’acidificazione dello spazio extracellulare a causa dell’acido lattico prodotto aumenta il carattere invasivo della massa neoplastica.
I meccanismi cellulari che sono alla base del fenotipo glicolitico sono vari e molto complessi e si intersecano con meccanismi che la cellula deve mettere in atto per sostenere l’elevata proliferazione. L’ipossia porta alla stabilizzazione dell’HIF-1α, che non essendo più degradato, va a costituire insieme alla subunità HIF-1β il fattore pienamente funzionale HIF-1 (fattore indotto dall’ipossia di tipo 1). Questo fattore attiva la trascrizione di molteplici geni, fra cui: la sovra-espressione del fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF), responsabile dell’incremento dell’attività angiogenica; l’“up-regulation” del trasportatore di membrana del glucosio (GLUT-1), la quale causa un incremento dell’uptake del glucosio; l’aumento sia dell’anidrasi carbonica CA-9 e CA-12 che dei trasportatori di membrana MCT-1 e MCT-2, responsabili dell’acidificazione dell’ambiente extracellulare; la sovra-espressione dell’esochinasi HK-1, HK-2 e dell’isoforma A della lattato deidrogenasi (LDH-A).
L’ipossia, se da una parte può essere associata alla chemioresistenza, alla radioresistenza, alla formazione di una massa tumorale più invasiva e con maggiore capacità di dare metastasi, dall’altra può essere un elemento di ispirazione per terapie antitumorali selettive, in quanto a livello della massa neoplastica sono presenti concentrazioni di ossigeno molto inferiori rispetto a quelle che si possono ritrovare nei distretti sani dell’organismo. Con tale scopo, sono stati progettati in passato, profarmaci costituiti da una porzione “trigger” o “interruttore” che modificandosi in condizioni ipossigenate, causa l’attivazione della porzione “effettrice”, la vera responsabile dell’azione citotossica.2
Recentemente l’LDH-A è stato indicato come potenziale target innovativo e selettivo per le terapie antitumorali-ipossiche. Infatti studi in vitro hanno dimostrato che l’inibizione di questo enzima in condizioni di ipossia porta ad una netta diminuzione della proliferazione cellulare.3 In particolare l’inibizione genica della produzione dell’enzima, attuata mediante shRNA,3 porta al blocco della rigenerazione di NAD+, con conseguente blocco della glicolisi e mancato rifornimento di energia per le cellule tumorali (Figura 1). Di conseguenza si presume che l’inibizione dell’enzima LDH-A con un potenziale farmaco può rappresentare una strategia alternativa per la terapia antitumorale. Inoltre terapie basate sull’inibizione di questo enzima potrebbero essere associate ad effetti collaterali di rilevanza clinica limitata, perché pazienti aventi un deficit ereditario di tale enzima non presentano effetti collaterali in condizioni di riposo, ma solo rigidità e danni al tessuto muscolare dopo un’intensa attività fisica.4
Figura 1. Effetti dell’inibizione dell’LDH-A in cellule sane e tumorali.
L’obiettivo della mia Tesi di Laurea è stato quello di sintetizzare molecole aventi attività inibitoria nei confronti dell’enzima LDH-A. Il mio lavoro si è concentrato sulla sintesi di derivati dell’acido N-idrossiindol-2-carbossilico (NHI) opportunamente sostituiti, in cui sono sempre presenti il gruppo ossidrilico e il gruppo carbossilico in posizione vicinale, perché in seguito a studi effettuati su molecole precedentemente sintetizzate nello stesso laboratorio di ricerca, si sono rivelati essenziali per mantenere l’attività inibitoria.
Lo schema generale di sintesi per ottenere i derivati NHI è il seguente (Schema 1):
Schema 1
Reagenti e condizioni: a) NaH, (COOCH3)2, DMF anidra, -15 °C→t. a.; b) SnCl2•2H2O, PhSH, Et3N/CH3CN ; c) LiOH 2 N, THF/CH3OH 1:1.
A partire da derivati o-nitrotoluenici 1, opportunamente sostituiti, viene effettuata una deprotonazione del gruppo metilico, ad opera del NaH e il carbanione risultante si attacca al dimetil-ossalato per dare il chetoestere 2. Quest’ultimo viene sottoposto ad una ciclizzazione riduttiva: il gruppo nitro si riduce ad idrossilammina, la quale in seguito all’attacco nucleofilo sul carbonio carbonilico e ad una successiva disidratazione genera il derivato N-idrossindolico 3. Dopo aver ottenuto l’NHI si procede all’idrolisi dell’estere per ottenere l’acido libero 4.
RIFERIMENTI:
1. Gatenby, R. A.; Gillies, R. J. Why Do Cancers Have High Aerobic Glycolysis?, Nature Rev. Cancer 2004, 4, 891-899.
2. Chen, Y.; Hu, L. Design of Anticancer Prodrugs for Reductive Activation. Med. Res. Rev. 2009, 29, 29-64
3. Fantin, V. R.; St-Pierre, J.; Leder, P. Attenuation of LDH-A Expression Uncovers a Link between Glycolysis, Mitochondrial Physiology, and Tumor Maintenance, Cancer Cell 2006, 9, 425-434.
4. Kanno, T.; Sudo, K.; Maekawa, M.; Nishimura, Y.; Ukita, M.; Fukutake, K. Lactate dehydrogenase M-subunit deficiency: a new type of hereditary exertional myopathy. Clin. Chim. Acta 1988, 173, 89-98.
1) acuta, causata da una ostruzione del vaso dovuta, per esempio, da un accrescimento incontrollato della massa tumorale;
2) cronica, provocata dalla limitazione della diffusione di ossigeno e sostanze nutrienti, a causa di un eccessivo allontanamento dal flusso sanguigno.
Vari studi hanno dimostrato che gli strati ipossici istaurano una maggiore resistenza verso tradizionali farmaci chemioterapici e radioterapie.
L’ipossia porta le cellule tumorali ad attuare dei meccanismi di adattamento, primo tra tutti un cambiamento del metabolismo dei carboidrati. La diminuzione dell’attività OXPHOS (fosforilazione ossidativa), causata dalla presenza di basse concentrazioni di O2, porta ad un accumulo dei cofattori ridotti. La cellula, quindi, per continuare a sfruttare la glicolisi come fonte di energia, è costretta ad aumentare la fermentazione lattica, ripristinando così, i cofattori ossidati. Questo cambiamento del metabolismo, definito come “fenotipo glicolitico”, conferisce un vantaggio nella crescita cellulare, e rappresenta un tratto distintivo delle cellule tumorali caratterizzate da un’elevata invasività. Vari studi hanno rivelato che cellule tumorali che vanno incontro a tale cambiamento metabolico, una volta riportate a normali condizioni di ossigenazioni (normossia), non riattivano la fosforilazione ossidativa, pur avendone la possibilità di farlo; è per questo motivo che si parla di glicolisi aerobica. I principali effetti della glicolisi aerobica sono: un aumentato “uptake” di glucosio, un incremento della produzione di acido lattico, una conseguente acidificazione dell’ambiente extracellulare ed un aumento del potenziale di membrana mitocondriale (ψm). Molti studi hanno inoltre provato che, anche le cellule sane, se sottoposte ad una diminuzione della concentrazione di O2, vanno incontro ad un aumento dell’attività glicolitica e ad un incremento del consumo di glucosio; questo fenomeno è definito “effetto Pasteur”. Tuttavia, le cellule tumorali presentano un elevato aumento dell’uptake di glucosio e della glicolisi anche in condizioni di normossia, rappresentando quello che è definito come “effetto di Warburg”.1 Questi cambiamenti metabolici consentono alle cellule tumorali di proliferare rapidamente anche in ambiente ipossico, inoltre l’acidificazione dello spazio extracellulare a causa dell’acido lattico prodotto aumenta il carattere invasivo della massa neoplastica.
I meccanismi cellulari che sono alla base del fenotipo glicolitico sono vari e molto complessi e si intersecano con meccanismi che la cellula deve mettere in atto per sostenere l’elevata proliferazione. L’ipossia porta alla stabilizzazione dell’HIF-1α, che non essendo più degradato, va a costituire insieme alla subunità HIF-1β il fattore pienamente funzionale HIF-1 (fattore indotto dall’ipossia di tipo 1). Questo fattore attiva la trascrizione di molteplici geni, fra cui: la sovra-espressione del fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF), responsabile dell’incremento dell’attività angiogenica; l’“up-regulation” del trasportatore di membrana del glucosio (GLUT-1), la quale causa un incremento dell’uptake del glucosio; l’aumento sia dell’anidrasi carbonica CA-9 e CA-12 che dei trasportatori di membrana MCT-1 e MCT-2, responsabili dell’acidificazione dell’ambiente extracellulare; la sovra-espressione dell’esochinasi HK-1, HK-2 e dell’isoforma A della lattato deidrogenasi (LDH-A).
L’ipossia, se da una parte può essere associata alla chemioresistenza, alla radioresistenza, alla formazione di una massa tumorale più invasiva e con maggiore capacità di dare metastasi, dall’altra può essere un elemento di ispirazione per terapie antitumorali selettive, in quanto a livello della massa neoplastica sono presenti concentrazioni di ossigeno molto inferiori rispetto a quelle che si possono ritrovare nei distretti sani dell’organismo. Con tale scopo, sono stati progettati in passato, profarmaci costituiti da una porzione “trigger” o “interruttore” che modificandosi in condizioni ipossigenate, causa l’attivazione della porzione “effettrice”, la vera responsabile dell’azione citotossica.2
Recentemente l’LDH-A è stato indicato come potenziale target innovativo e selettivo per le terapie antitumorali-ipossiche. Infatti studi in vitro hanno dimostrato che l’inibizione di questo enzima in condizioni di ipossia porta ad una netta diminuzione della proliferazione cellulare.3 In particolare l’inibizione genica della produzione dell’enzima, attuata mediante shRNA,3 porta al blocco della rigenerazione di NAD+, con conseguente blocco della glicolisi e mancato rifornimento di energia per le cellule tumorali (Figura 1). Di conseguenza si presume che l’inibizione dell’enzima LDH-A con un potenziale farmaco può rappresentare una strategia alternativa per la terapia antitumorale. Inoltre terapie basate sull’inibizione di questo enzima potrebbero essere associate ad effetti collaterali di rilevanza clinica limitata, perché pazienti aventi un deficit ereditario di tale enzima non presentano effetti collaterali in condizioni di riposo, ma solo rigidità e danni al tessuto muscolare dopo un’intensa attività fisica.4
Figura 1. Effetti dell’inibizione dell’LDH-A in cellule sane e tumorali.
L’obiettivo della mia Tesi di Laurea è stato quello di sintetizzare molecole aventi attività inibitoria nei confronti dell’enzima LDH-A. Il mio lavoro si è concentrato sulla sintesi di derivati dell’acido N-idrossiindol-2-carbossilico (NHI) opportunamente sostituiti, in cui sono sempre presenti il gruppo ossidrilico e il gruppo carbossilico in posizione vicinale, perché in seguito a studi effettuati su molecole precedentemente sintetizzate nello stesso laboratorio di ricerca, si sono rivelati essenziali per mantenere l’attività inibitoria.
Lo schema generale di sintesi per ottenere i derivati NHI è il seguente (Schema 1):
Schema 1
Reagenti e condizioni: a) NaH, (COOCH3)2, DMF anidra, -15 °C→t. a.; b) SnCl2•2H2O, PhSH, Et3N/CH3CN ; c) LiOH 2 N, THF/CH3OH 1:1.
A partire da derivati o-nitrotoluenici 1, opportunamente sostituiti, viene effettuata una deprotonazione del gruppo metilico, ad opera del NaH e il carbanione risultante si attacca al dimetil-ossalato per dare il chetoestere 2. Quest’ultimo viene sottoposto ad una ciclizzazione riduttiva: il gruppo nitro si riduce ad idrossilammina, la quale in seguito all’attacco nucleofilo sul carbonio carbonilico e ad una successiva disidratazione genera il derivato N-idrossindolico 3. Dopo aver ottenuto l’NHI si procede all’idrolisi dell’estere per ottenere l’acido libero 4.
RIFERIMENTI:
1. Gatenby, R. A.; Gillies, R. J. Why Do Cancers Have High Aerobic Glycolysis?, Nature Rev. Cancer 2004, 4, 891-899.
2. Chen, Y.; Hu, L. Design of Anticancer Prodrugs for Reductive Activation. Med. Res. Rev. 2009, 29, 29-64
3. Fantin, V. R.; St-Pierre, J.; Leder, P. Attenuation of LDH-A Expression Uncovers a Link between Glycolysis, Mitochondrial Physiology, and Tumor Maintenance, Cancer Cell 2006, 9, 425-434.
4. Kanno, T.; Sudo, K.; Maekawa, M.; Nishimura, Y.; Ukita, M.; Fukutake, K. Lactate dehydrogenase M-subunit deficiency: a new type of hereditary exertional myopathy. Clin. Chim. Acta 1988, 173, 89-98.
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