Tesi etd-01082024-142746 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
GATTI, VALERIO
URN
etd-01082024-142746
Titolo
CRISI ECOLOGICA ED ECONOMIA CIRCOLARE:
VERSO I NUOVI MODELLI DI BUSINESS NEL SETTORE
DELLA MODA
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
COMUNICAZIONE D'IMPRESA E POLITICA DELLE RISORSE UMANE
Relatori
relatore Villa, Matteo
Parole chiave
- cerchio
- circular economy
- crisi climatica
- economia circolare
- fast fashion
- linea
- modelli di business
- settore tessile
Data inizio appello
05/02/2024
Consultabilità
Completa
Riassunto
La crisi climatica è oggi un fenomeno evidente ed inevitabilmente rischioso soprattutto per la
società umana. Le cause sono molteplici ed attribuibili a vari fattori: tra questi troviamo le azioni
dell'uomo. Non esiste alcuna soluzione definitiva al giorno d'oggi, tuttavia occorre cambiare alcuni
aspetti della nostra vita e del nostro modo di agire e quello delle varie aziende, partendo dalla scelta
della strategia da attuare, fino alla supply chain e l’attenzione riguardo alla catena
dell’approvvigionamento. Il modello dell’Economia Circolare parte dai modi di pensare, di agire e
soprattutto di progettare. Inoltre, pone l’attenzione verso gli scarti di produzione e i rifiuti e la loro
possibilità di essere utilizzati nuovamente. Si parla quindi di circolarità della produzione,
diminuendo la quantità degli scarti, inserendoli nuovamente nel ciclo produttivo tramite
downcycling o, renderli disponibili a terze parti per farne un utilizzo differente. In questa maniera si
avrebbe un modello di economia basato sul processo “progettazione – produzione – riutilizzo”,
differente dal modello lineare “produzione – utilizzo – rifiuto”. Un oggetto, quindi, può avere una
vita più lunga o una tutta nuova. Questo aspetto è caratteristico dei quattro modelli di business presi
in considerazione basati sulla circolarità: abbiamo il modello “dal possesso all’uso”, ovvero
considerare un prodotto come un servizio; il “life-extension”, cioè evitare di buttare prodotti che
sono ancora funzionanti e aggiustarli dove hanno necessità; la “rigenerazione a catena”, ovvero
l’utilizzo di parti di determinati oggetti obsoleti o non funzionanti per la generazione di nuovi
prodotti; “upcycling”, questo processo avviene secondo un processo industriale, ovvero l’uso di uno
scarto per la realizzazione di prodotti di valore superiore. Tuttavia, l’Economia Circolare non è la
soluzione a tutto: infatti, del processo circolare, si devono tenere conto di fattori come la vita dei
vari materiali, gli scarti che, se pur in quantità ridotta, sono inevitabili e l’utilizzo di sostanze o
materiali non perfettamente riciclabili, oltre che il consumo di energia e materia necessario per il
riuso, riutilizzo e riparazione.
A tal proposito, sono state prese come caso studio due aziende del settore della moda, il quale
risulta essere uno dei più inquinanti e con maggior creazione di scarti. La prima azienda è una
conceria che ha deciso di perseguire un percorso sostenibile e circolare, diminuendo così gli scarti
di produzione altrimenti molto elevati; la seconda è un nuovissimo brand di moda, nato già con
l’intento di poggiare interamente le proprie basi sulla circolarità dei prodotti che utilizza per
generare capi di abbigliamento da vecchi vestiti scartati.
Da queste realtà è emerso che non è possibile attuare un processo di produzione circolare senza un
obbiettivo di lungo periodo; sono necessari investimenti importanti, progetti lungimiranti e, talvolta,
l’eventuale disponibilità di condividere il processo di produzione con aziende terze. Inoltre, si
conferma l’impossibilità di eliminare totalmente gli scarti di produzione, oltre che, nel caso del
brand di moda, l’utilizzo di sostanze esterne al ciclo produttivo e non riciclabili per conferire ad
alcuni materiali le proprietà adeguate per la fabbricazione dei capi di abbigliamento.
società umana. Le cause sono molteplici ed attribuibili a vari fattori: tra questi troviamo le azioni
dell'uomo. Non esiste alcuna soluzione definitiva al giorno d'oggi, tuttavia occorre cambiare alcuni
aspetti della nostra vita e del nostro modo di agire e quello delle varie aziende, partendo dalla scelta
della strategia da attuare, fino alla supply chain e l’attenzione riguardo alla catena
dell’approvvigionamento. Il modello dell’Economia Circolare parte dai modi di pensare, di agire e
soprattutto di progettare. Inoltre, pone l’attenzione verso gli scarti di produzione e i rifiuti e la loro
possibilità di essere utilizzati nuovamente. Si parla quindi di circolarità della produzione,
diminuendo la quantità degli scarti, inserendoli nuovamente nel ciclo produttivo tramite
downcycling o, renderli disponibili a terze parti per farne un utilizzo differente. In questa maniera si
avrebbe un modello di economia basato sul processo “progettazione – produzione – riutilizzo”,
differente dal modello lineare “produzione – utilizzo – rifiuto”. Un oggetto, quindi, può avere una
vita più lunga o una tutta nuova. Questo aspetto è caratteristico dei quattro modelli di business presi
in considerazione basati sulla circolarità: abbiamo il modello “dal possesso all’uso”, ovvero
considerare un prodotto come un servizio; il “life-extension”, cioè evitare di buttare prodotti che
sono ancora funzionanti e aggiustarli dove hanno necessità; la “rigenerazione a catena”, ovvero
l’utilizzo di parti di determinati oggetti obsoleti o non funzionanti per la generazione di nuovi
prodotti; “upcycling”, questo processo avviene secondo un processo industriale, ovvero l’uso di uno
scarto per la realizzazione di prodotti di valore superiore. Tuttavia, l’Economia Circolare non è la
soluzione a tutto: infatti, del processo circolare, si devono tenere conto di fattori come la vita dei
vari materiali, gli scarti che, se pur in quantità ridotta, sono inevitabili e l’utilizzo di sostanze o
materiali non perfettamente riciclabili, oltre che il consumo di energia e materia necessario per il
riuso, riutilizzo e riparazione.
A tal proposito, sono state prese come caso studio due aziende del settore della moda, il quale
risulta essere uno dei più inquinanti e con maggior creazione di scarti. La prima azienda è una
conceria che ha deciso di perseguire un percorso sostenibile e circolare, diminuendo così gli scarti
di produzione altrimenti molto elevati; la seconda è un nuovissimo brand di moda, nato già con
l’intento di poggiare interamente le proprie basi sulla circolarità dei prodotti che utilizza per
generare capi di abbigliamento da vecchi vestiti scartati.
Da queste realtà è emerso che non è possibile attuare un processo di produzione circolare senza un
obbiettivo di lungo periodo; sono necessari investimenti importanti, progetti lungimiranti e, talvolta,
l’eventuale disponibilità di condividere il processo di produzione con aziende terze. Inoltre, si
conferma l’impossibilità di eliminare totalmente gli scarti di produzione, oltre che, nel caso del
brand di moda, l’utilizzo di sostanze esterne al ciclo produttivo e non riciclabili per conferire ad
alcuni materiali le proprietà adeguate per la fabbricazione dei capi di abbigliamento.
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