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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-01082021-111048


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
SANTARINI, CHIARA
URN
etd-01082021-111048
Titolo
Qual è il significato clinico della diagnosi di esophagogastric junction outflow obstruction? Confronto fra pazienti trattati con terapia endoscopica versus terapia medica
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. de Bortoli, Nicola
correlatore Dott. D'Imporzano, Simone
Parole chiave
  • Manometria ad alta risoluzione
  • calcio antagonisti
  • esophagogastric junction outflow obstruction
  • High resolution manometry
  • dilatazione pneumatica
  • nitrati
  • pneumatic dilation
Data inizio appello
26/01/2021
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
26/01/2091
Riassunto
Background: L'esophagogastric junction outflow obstruction (EGJOO) è una diagnosi effettuata mediante manometria ad alta risoluzione (HRM) e si caratterizza per la presenza di un rilassamento incompleto a livello della giunzione esofago gastrica con associata peristalsi conservata. I pazienti
spesso si presentano con sintomi di disfagia, dolore toracico o una combinazione di entrambi. Dal momentop che tale condizione è stata identificata per la prima volta dopo il 2012 e solo mediante HRM vi sono ancora pochi dati sulla sua storia naturale e sulla sua clinica. Può considerata come una variante dell'acalasia (10% evoluzione) o risolversi spontaneamente a distanza di mesi.
Scopo dello studio: Lo scopo del presente studio di tesi è stato quello di valutare due casistiche di pazienti affetti da EGJOO trattate rispettivamente con dilatazione endoscopica e terapia farmacologica a base di calcio antagonisti (CCB) e nitrati (Nit) allo scopo di valutare la risposta a terapia.
Materiali e metodi Dal 2018 ad oggi sono stati arruolati una serie consecutiva di pazienti che si recavano ad eseguire esami di fisiopatologia esofagea per sintomi esofagei in assenza di anomalie presenti durante l’endoscopia. Tutti i pazienti sono stati valutati per i sintomi tipici da reflusso gastroesofageo (presenza di pirosi retrosternale o rigurgito) mediante il GERDQ e in caso di disfagia mediante il DSS (dysphagia symptom score). Tutti i pazienti erano stati sottoposti ad endoscopia digestiva che non aveva mostrato anomalie macroscopiche. Tutti i pazienti avevano già eseguito trial di terapia con IPP. I pazienti sono stati suddivisi su base di decisione chirurgico-anestesiologica come da trattare mediante TTS (pneumatic dilation, PD – Gruppo 1) o con terapia medica (TM – Gruppo 2). La risposta a terapia veniva definita sulla riduzione (>50% del sintomo disfagia, DSS) o riduzione del valore di IRP (manometria HRM).
Risultati: Sono stati arruolati circa 39 pazienti (10 M e 29 F) con diagnosi manometrica di EGJOO. L’età media era circa 62.8±15.5 anni. Il BMI medio era di circa 24.6±2.3. Come da ipotesi abbiamo suddiviso quindi i pazienti sulla base della terapia ricevuta in gruppo 1 (pazienti trattati con dilatazione endoscopica) e gruppo 2 (pazienti trattati con CCB o Nit). Come da ipotesi abbiamo suddiviso quindi i pazienti sulla base della terapia ricevuta. I due gruppi sono risultati apparentemente omogenei per rapporto M/F, età media, BMI ed abitudini voluttuarie. Il Gruppo 1 presentava una quota maggiore di soggetti che riferivano disfagia (p=0.001) mentre il Gruppo 2 presentava con maggiore frequenza il sintomo pirosi (p=0.026) e rigurgito (p=0.001). Il valore della fase di rilassamento post-deglutitoria (IRP) ed il valore della pressione intrabolo (IBP) sono risultati più elevati nella popolazione sottoposta a dilatazione endoscopica. Nel Gruppo 2, che fa riferimento ai pazienti trattati con terapia medica, abbiamo osservato alcune piccole modifiche ma in nessun caso è stata raggiunta la significatività statistica.
Conclusioni: per concludere questo lavoro di tesi ha confermato che la terapia con PD è più efficace della terapia medica nel trattamento della EGJOO. Lo stesso studio ha messo in luce che la differente risposta a terapia osservata possa non dipendere solo dai due differenti tipi di trattamento ma che alla luce della nuova CC4.0 la diagnosi sarebbe stata confermata nel 75% dei soggetti del Gruppo 1 ma solamente nel 13.6% dei soggetti del Gruppo 2.

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