Tesi etd-01072019-182009 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
LENZI, RACHELE
URN
etd-01072019-182009
Titolo
La filiera della cera d'api: implicazioni ecologiche, tecnologiche e socioeconomiche
Dipartimento
SCIENZE VETERINARIE
Corso di studi
SCIENZE E TECNOLOGIE DELLE PRODUZIONI ANIMALI
Relatori
relatore Felicioli, Antonio
Parole chiave
- analisi swot
- cera d'api
- contaminazione
- contraffazione
- filiera della cera
- focus group
- foglio cereo
- secrezione della cera
Data inizio appello
25/01/2019
Consultabilità
Completa
Riassunto
La cera d’api è il prodotto delle otto ghiandole addominali della cera, le quali sono completamente formate e funzionanti in api operaie di età compresa tra i dieci e sedici giorni di vita immaginale. Anche la produzione della cera infatti, come gli altri compiti che l’ape operaia svolge, è ridotto a un periodo limitato di tempo, e costituisce una fase della vita dell’ape che segue quella di nutrice e precede la fase di magazziniera. In casi straordinari di necessità, le api sono in grado di riacquisire la capacità di produrre cera anche trascorsi i sedici giorni di età. Questa flessibilità caratterizza l’anatomia, la fisiologia e il comportamento delle api in tutti i compiti che sono tenute a svolgere e prende il nome di omeostasi intraorganismica, ed è una delle sette peculiarità che, se presenti, caratterizzano il super-organismo ape.
La cera d’api è una soluzione di oltre trecento sostanze organiche. Le sostanze organiche contenute nella cera d’api sono in prevalenza di natura lipidica, e i maggiori componenti sono rappresentati da idrocarburi, monoesteri, diesteri, idrossi esteri e acidi grassi. La cera d’api si presenta con un colore variabile dal bianco grigiastro al bruno scuro. La varietà di colori che la cera può assumere deriva dai coloranti contenuti nella propoli e nel polline e dai residui larvali, composti da escrementi, esuvie e bozzoli, a loro volta associati, in funzione dello stato fisiologico e metabolico del superorganismo ape, alle cellette, quando di covata, quando volte a contenere polline e/o miele. La cera è impiegata dalle api per la costruzione dei favi da miele e da nido e la produzione degli opercoli, “sigilli” in cera, apposti alle celle contenenti miele maturo e aggiunti alle celle contenenti covata nel suo stadio di sviluppo finale.
La cera d’api è, secondo la normativa, un prodotto agricolo, un alimento, un additivo, un materiale destinato a venire a contatto con i prodotti alimentari e un sottoprodotto di origine animale. Nonostante la cera d’api sia compresa nell’alimentazione umana come parte di un alimento, come additivo e come materiale destinato a venire a contatto con i prodotti alimentari, essa è ritenuta un materiale soggetto a contaminazioni e contraffazioni che mettono in pericolo non soltanto la salute delle api ma anche quella dell’uomo. La natura delle contaminazioni può essere di tipo ambientale, agricolo e apistico; la natura delle contraffazioni può essere di tipo fraudolento, legata alla crescente richiesta di questo materiale sul mercato e alla sua scarsa disponibilità. Alla luce di questi fatti, un ente sanitario di diritto pubblico che svolge attività di prevenzione, ricerca e servizi negli ambiti della salute animale e la sicurezza alimentare, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, ha condotto uno studio sulla cera d’api per valutare i diversi prodotti in commercio e misurare l’impatto di tali materiali sugli alveari, la vita e la produttività delle api.
Questo lavoro di tesi ha lo scopo di delineare e definire la filiera della cera d’api, evidenziandone i punti di forza e di debolezza e i fattori esterni che possono rappresentare opportunità o minacce per lo sviluppo futuro della filiera.
La delineazione e definizione del percorso svolto dalla cera d’api lungo la filiera, e dei punti di forza e di debolezza, delle opportunità e delle minacce che la caratterizzano, sono state affrontate mediante: un’indagine su campo presso la struttura sede del tirocinio, l’allestimento di un focus group, e la lettura delle analisi della cera d’api destinata alla trasformazione in fogli cerei.
Il flow chart della filiera della cera d’api, risultato dello studio di filiera effettuato durante il tirocinio formativo, ha mostrato una filiera caratterizzata dal numero limitato di intermediazioni commerciali e dal rapporto diretto tra gli operatori.
La tecnica del focus group ha permesso l’interazione tra operatori del settore apistico a proposito di quattro temi aventi come soggetto aspetti diversi della cera d’api. La discussione che ne è derivata, ha consentito l’emergere di informazioni riguardanti i punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce della filiera della cera d’api. Queste informazioni sono state poi elaborate in una analisi SWOT. L’analisi SWOT ha mostrato come i punti di forza risiedono nelle scelte aziendali compiute dagli apicoltori, e i punti di debolezza derivano dall’assenza di consapevolezza che guida gli apicoltori in talune scelte. L’analisi SWOT ha mostrato anche che le opportunità per questo processo produttivo si trovano tutte nella fiducia in fornitori e trasformatori, che consentono spesso, ma non sempre, di superare le minacce con cui gli apicoltori si confrontano e che derivano dall’inquinamento ambientale, dall’ambito legislativo e dal sistema di certificazione volontaria.
La lettura delle analisi della cera d’api, è stata eseguita focalizzandosi sui residui di fitofarmaci e antiparassitari, e sulle sostanze estranee alla cera d’api, presenti in campioni di cera ottenuti da cera prodotta nel 1950 e nel 2017. Entrambe le analisi, quella risalente al 1950 e quella datata 2017, hanno mostrato la stessa situazione: la cera d’api è contaminata dai fitofarmaci impiegati in agricoltura. I fitofarmaci rilevati nella cera del 1950 e del 2017 differiscono soltanto in parte. Sebbene molti dei fitofarmaci riscontrati nella cera d’api del 1950 siano stati vietati, negli anni successivi, dalla Comunità Europea e dalla legislazione italiana, possono essere, infatti, ancora rilevati nella cera d’api del 2017. La ragione di questa contaminazione può essere trovata in un’errata stima dei tempi di degradazione dei principi attivi nell’ambiente, in un utilizzo illecito dei principi attivi in questione in agricoltura o in una contaminazione della cera italiana con cera proveniente da paesi in cui non vigono le stesse norme in materia di fitofarmaci e antiparassitari. La contraffazione della cera d’api con sostanze estranee, invece, è un fenomeno che non riguarda la cera risalente al 1950, ma rappresenta un recente avvenimento, dettato dalla sempre maggior richiesta di cera d’api e la sua scarsa reperibilità sul mercato.
Per il superamento di questa situazione e per la tutela del lavoro di apicoltori convenzionali e biologici è auspicabile un ampliamento della normativa che concerne i residui presenti nella cera d’api, o l’istituzione di una certificazione da parte delle cererie che attesti la qualità della cera trasformata e la conformità del proprio prodotto a standard superiori a quelli previsti dalla normativa attuale.
La cera d’api è una soluzione di oltre trecento sostanze organiche. Le sostanze organiche contenute nella cera d’api sono in prevalenza di natura lipidica, e i maggiori componenti sono rappresentati da idrocarburi, monoesteri, diesteri, idrossi esteri e acidi grassi. La cera d’api si presenta con un colore variabile dal bianco grigiastro al bruno scuro. La varietà di colori che la cera può assumere deriva dai coloranti contenuti nella propoli e nel polline e dai residui larvali, composti da escrementi, esuvie e bozzoli, a loro volta associati, in funzione dello stato fisiologico e metabolico del superorganismo ape, alle cellette, quando di covata, quando volte a contenere polline e/o miele. La cera è impiegata dalle api per la costruzione dei favi da miele e da nido e la produzione degli opercoli, “sigilli” in cera, apposti alle celle contenenti miele maturo e aggiunti alle celle contenenti covata nel suo stadio di sviluppo finale.
La cera d’api è, secondo la normativa, un prodotto agricolo, un alimento, un additivo, un materiale destinato a venire a contatto con i prodotti alimentari e un sottoprodotto di origine animale. Nonostante la cera d’api sia compresa nell’alimentazione umana come parte di un alimento, come additivo e come materiale destinato a venire a contatto con i prodotti alimentari, essa è ritenuta un materiale soggetto a contaminazioni e contraffazioni che mettono in pericolo non soltanto la salute delle api ma anche quella dell’uomo. La natura delle contaminazioni può essere di tipo ambientale, agricolo e apistico; la natura delle contraffazioni può essere di tipo fraudolento, legata alla crescente richiesta di questo materiale sul mercato e alla sua scarsa disponibilità. Alla luce di questi fatti, un ente sanitario di diritto pubblico che svolge attività di prevenzione, ricerca e servizi negli ambiti della salute animale e la sicurezza alimentare, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, ha condotto uno studio sulla cera d’api per valutare i diversi prodotti in commercio e misurare l’impatto di tali materiali sugli alveari, la vita e la produttività delle api.
Questo lavoro di tesi ha lo scopo di delineare e definire la filiera della cera d’api, evidenziandone i punti di forza e di debolezza e i fattori esterni che possono rappresentare opportunità o minacce per lo sviluppo futuro della filiera.
La delineazione e definizione del percorso svolto dalla cera d’api lungo la filiera, e dei punti di forza e di debolezza, delle opportunità e delle minacce che la caratterizzano, sono state affrontate mediante: un’indagine su campo presso la struttura sede del tirocinio, l’allestimento di un focus group, e la lettura delle analisi della cera d’api destinata alla trasformazione in fogli cerei.
Il flow chart della filiera della cera d’api, risultato dello studio di filiera effettuato durante il tirocinio formativo, ha mostrato una filiera caratterizzata dal numero limitato di intermediazioni commerciali e dal rapporto diretto tra gli operatori.
La tecnica del focus group ha permesso l’interazione tra operatori del settore apistico a proposito di quattro temi aventi come soggetto aspetti diversi della cera d’api. La discussione che ne è derivata, ha consentito l’emergere di informazioni riguardanti i punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce della filiera della cera d’api. Queste informazioni sono state poi elaborate in una analisi SWOT. L’analisi SWOT ha mostrato come i punti di forza risiedono nelle scelte aziendali compiute dagli apicoltori, e i punti di debolezza derivano dall’assenza di consapevolezza che guida gli apicoltori in talune scelte. L’analisi SWOT ha mostrato anche che le opportunità per questo processo produttivo si trovano tutte nella fiducia in fornitori e trasformatori, che consentono spesso, ma non sempre, di superare le minacce con cui gli apicoltori si confrontano e che derivano dall’inquinamento ambientale, dall’ambito legislativo e dal sistema di certificazione volontaria.
La lettura delle analisi della cera d’api, è stata eseguita focalizzandosi sui residui di fitofarmaci e antiparassitari, e sulle sostanze estranee alla cera d’api, presenti in campioni di cera ottenuti da cera prodotta nel 1950 e nel 2017. Entrambe le analisi, quella risalente al 1950 e quella datata 2017, hanno mostrato la stessa situazione: la cera d’api è contaminata dai fitofarmaci impiegati in agricoltura. I fitofarmaci rilevati nella cera del 1950 e del 2017 differiscono soltanto in parte. Sebbene molti dei fitofarmaci riscontrati nella cera d’api del 1950 siano stati vietati, negli anni successivi, dalla Comunità Europea e dalla legislazione italiana, possono essere, infatti, ancora rilevati nella cera d’api del 2017. La ragione di questa contaminazione può essere trovata in un’errata stima dei tempi di degradazione dei principi attivi nell’ambiente, in un utilizzo illecito dei principi attivi in questione in agricoltura o in una contaminazione della cera italiana con cera proveniente da paesi in cui non vigono le stesse norme in materia di fitofarmaci e antiparassitari. La contraffazione della cera d’api con sostanze estranee, invece, è un fenomeno che non riguarda la cera risalente al 1950, ma rappresenta un recente avvenimento, dettato dalla sempre maggior richiesta di cera d’api e la sua scarsa reperibilità sul mercato.
Per il superamento di questa situazione e per la tutela del lavoro di apicoltori convenzionali e biologici è auspicabile un ampliamento della normativa che concerne i residui presenti nella cera d’api, o l’istituzione di una certificazione da parte delle cererie che attesti la qualità della cera trasformata e la conformità del proprio prodotto a standard superiori a quelli previsti dalla normativa attuale.
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