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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-01072015-224212


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
FIGLIOMENI, ANTONIO
URN
etd-01072015-224212
Titolo
La vertebroplastica nella gestione delle fratture vertebrali da osteoporosi primitiva o secondaria a trattamento cronico con glucocorticoidi.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Dott. Mazzantini, Maurizio
Parole chiave
  • incidenza
  • glucocorticoidi
  • fratture vertebrali
  • cifoplastica
  • osteoporosi
  • vertebroplastica
Data inizio appello
27/01/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
La vertebroplastica (VP) è una procedura atta a ridurre il dolore causato da una frattura vertebrale (FV) tramite l’iniezione di un cemento nel corpo vertebrale al fine di stabilizzarlo. Esistono ancora incertezze circa la sicurezza della VP nel lungo termine in paragone al trattamento conservativo (costituito da riposo, terapia antalgica e ortesi). In particolare, è controverso il possibile incremento di nuove FV, specialmente nelle vertebre vicine a quella trattata. Questo può ragionevolmente essere dovuto ad un effetto di convergenza di stress meccanico operata dal cemento, che ha una struttura più compatta e rigida del normale osso spugnoso, che costituisce l’interno di un corpo vertebrale. Tale problema riveste particolare importanza in pazienti osteoporotici in terapia cronica con glucocorticoidi (GC), farmaci che rappresentano un forte fattore di rischio per l’insorgenza di fratture da fragilità, specialmente a livello vertebrale. Pertanto, è legittimo chiedersi se l’esecuzione di una VP in pazienti con osteoporosi da GC – e conseguenti FV da fragilità – non determini un eccessivo rischio di nuove FV rispetto ai vantaggi che tale procedura può offrire nel breve termine. Scopo del presente studio è quindi valutare comparativamente l’incidenza di nuove FV in due gruppi di pazienti, tutti trattati con VP: un gruppo in terapia cronica con GC (n=70) e l’altro no (n=71). Si tratta di uno studio di coorte prospettico della durata di due anni, nel quale sono stati inclusi pazienti di entrambi i sessi con osteoporosi e almeno una FV dolorosa e non responsiva al trattamento conservativo. In tutti i pazienti è stata eseguita un’accurata valutazione anamnestica e clinica, associata ad un’indagine biochimica basale che ha permesso di escludere anormalità nel metabolismo del calcio. Inoltre, in tutti i casi è stata valutata la presenza di una correlazione tra i dati clinici e le evidenze registrate attraverso le tecniche di imaging. Dopo l’esecuzione della VP, i pazienti hanno eseguito delle visite di controllo a 1, 3 e 6 mesi, e ogni 6 mesi fino alla conclusione del periodo di osservazione. Al momento della dimissione dall’ospedale, a tutti i pazienti è stata prescritta una terapia antifratturativa costituita da bisfosfonati orali (alendronato o risedronato), vitamina D e, in caso di necessità, supplementazione di calcio. Per valutare l’insorgenza di FV incidenti, sono stati eseguiti degli esami radiologici della colonna dorso-lombare ogni 12 mesi, o quando i pazienti avessero lamentato un dolore al rachide suggestivo di una nuova FV. Dopo due anni di follow-up abbiamo evidenziato una significativa differenza tra i due gruppi. Mentre i pazienti non trattati con GC hanno mostrato un’incidenza cumulativa di nuove FV del 22,5%, i pazienti trattati con GC hanno presentato un valore pari al 44,3%, con un RR di 1,96 (IC 95%: 1,19 – 3,26; p=0,0087). Il modello di regressione logistica ha mostrato che il rischio di nuove FV era associato a uso di GC (OR 4,53; IC 95%: 1,5 – 13,69; p=0,0073) e bassi valori di T-score misurati al collo femorale (OR 3,57; IC 95%: 1,82 – 7,02; p=0,002). I risultati di questo studio indicano che la terapia cronica con GC determina un incremento, pari a circa 2 volte, del numero di FV in pazienti trattati con VP. Di conseguenza, la terapia con GC deve essere tenuta in considerazione come fattore di rischio aggiuntivo di nuove FV, oltre ai fattori di rischio già noti, quali marcata riduzione della BMD e deficienza di vitamina D.
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