Tesi etd-01062021-155535 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
SEDDA, PIERPAOLO
URN
etd-01062021-155535
Titolo
La Barbagia nel mondo antico.
Problemi di geografia storica.
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
FILOLOGIA E STORIA DELL'ANTICHITA'
Relatori
relatore Prof.ssa Campanile, Maria Domitilla
Parole chiave
- barbagia
- barbaria
- civitates barbariae.
Data inizio appello
01/02/2021
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
01/02/2091
Riassunto
La Barbagia è una regione della Sardegna centrale. Attualmente è divisa in sub-regioni: Barbagia di Ollolai, Barbagia di Seulo, Barbagia di Belvì. I confini territoriali furono decisi in epoca medievale, tra il 1164 e il 1180. Sul piano culturale la Barbagia ha un’altra conformazione. I termini di quella che deve considerarsi Barbagia non sono netti e definiti, se non quelle zone sopra descritte. A questi territori devono aggiungersi quindi il Nuorese, il Mandrolisai e l’Ogliastra.
Questo lavoro cerca di tracciare i confini della Barbagia in epoca antica, dalla sua nascita fino alla cristianizzazione. L’ampio spettro diacronico (dodici secoli) è compensato dalla delimitazione geografica del territorio.
La Barbagia nasce in occasione dell’invasione della Sardegna da parte delle truppe Cartaginesi guidate dai generali Asdrubale e Amilcare nel VI secolo a.C.. Un precedente tentativo di conquista operato dal generale Malchus fu respinto. Un primo tentativo di espansionismo verso l’interno lo abbiamo a opera di alcune città fenicie dell’isola, soprattutto da Sulky e Carales. Il secondo, operato dai due figli di Magone, portò a una rottura politica dell’isola. Dopo la guerra dei Magonidi infatti abbiamo una dicotomia etnica. Da una parte si creò una Sardegna di cultura sardo-fenicia, dall’altra una sorta di “riserva” nuragica. Queste due Sardegne si trovarono in stato di guerra per tre secoli. Espropriate dei loro territori più fertili, le popolazioni encoriche si trovarono in un costante stato di guerriglia, tanto che i Cartaginesi dovettero creare un sistema di confine presieduto da piazzeforti e fortini disseminati lungo un limes lineare e uniforme. Questi furono costantemente sorvegliati da soldati mercenari, che più di una volta si ribellarono a Cartagine. Molti di questi mercenari trovarono nella regione libera la salvezza.
Le popolazioni nuragiche combatterono gli invasori costruendo a loro volta una serie di recinti megalitici chiamati mura.
Questo stato di assedio durò fino all’epoca romana. I Romani sottrassero l’isola ai Cartaginesi dopo la rivolta dei mercenari del 235 a.C.. I nuovi dominatori ereditarono la situazione politica dalla precedente amministrazione cartaginese. I primi a fare la guerra ai romani furono però i Sardo-punici, che nel contesto delle grandi sollevazioni dovute alla battaglia di Canne, si organizzarono assieme a Cartagine e affrontarono i Romani in campo aperto. I Sardo-punici, capitanato di Ampsicora furono ripetutamente sconfitti nel 215 a.C.. I Romani si dovettero occupare a più riprese dei territori non di quella che chiameranno Barbaria. Questa regione, a differenza dell’isola sardo-punica, era divisa in civitates non urbanizzate.
Con l’intervento romano, non sussiste più quel limes netto come quello strutturato in fortini dai cartaginesi. I Romani optarono per una linea di postazioni dalla quale poter arginare le incursioni delle Civitates Barbariae. In parte queste ricalcano la linea cartaginese.
Del periodo repubblicano sappiamo di diverse operazioni di guerra che investirono questa regione. Furono utilizzati vari stratagemmi, come l’uso dei cani da caccia. In questo contesto le fonti ci raccontano di una guerriglia all’interno di foreste sconfinate. La difficoltà di combattere tra terre non urbanizzate rendeva ostico scovare il nemico. Le fonti parlano anche di abitazioni sotterranee. Probabilmente si trattava di nuraghi caduti in disuso da secoli.
Dopo le operazioni di Gracco, tra il 182 e il 175 a.C. contro gli Iliensi e Balari, che a detta di Livio causarono ottantamila vittime, ci fu una grande decimazione della popolazione. La Barbaria perse di forze, la guerra si tramutò in conflitto tra pastori e agricoltori. In questo contesto abbiamo le operazioni belliche da parte di Metello, nel 111 a.C., il quale sistemò le proprietà e i confini tra le popolazioni all’interno dell’isola. A queste sistemazioni si rifaranno le successive cause civili per il pascolo di terreni, come la Tavola di Esterzili, nel 69 d.C.
Il periodo imperiale registra invece la convivenza tra le popolazioni della Barbaria e i Romani. Le fonti non ci tramandano di ribellioni. Registriamo anche il fenomeno del riutilizzo dei nuraghi. Non vengono costruiti né ristrutturati, ma utilizzati come magazzini e laboratori di lavorazione di vino e olio. Una lenta ripresa economica e demografica dovette seguire il periodo imperiale, tanto che col crollo del sistema romano, dobbiamo ipotizzare una resistenza al potere dei Vandali durante gli ottant’anni di dominazione dell’isola.
Con la cacciata dei Vandali operata dai generali dell’imperatore Giustiniano, abbiamo uno stato di guerriglia operata dai Barbaricini. È proprio nel VI secolo d.C. che abbiamo per la prima volta nella storia il termine Βαρβαρικῖνοι. Questi poi fecero la pace, dopo cinquant’anni di guerra, con i bizantini. A testimoniarcelo ci sono due lettere di Papa Gregorio Magno: una a Zabarda, luogotenente in Sardegna per conto dell’imperatore; l’altra lettera è destinata a Hospito, il Dux Barbaricinorum. Alla pace con i Bizantini segue anche la conversione al cristianesimo.
Questo lavoro si conclude con le lettere di Gregorio del maggio del 594 d.C..
Questo lavoro cerca di tracciare i confini della Barbagia in epoca antica, dalla sua nascita fino alla cristianizzazione. L’ampio spettro diacronico (dodici secoli) è compensato dalla delimitazione geografica del territorio.
La Barbagia nasce in occasione dell’invasione della Sardegna da parte delle truppe Cartaginesi guidate dai generali Asdrubale e Amilcare nel VI secolo a.C.. Un precedente tentativo di conquista operato dal generale Malchus fu respinto. Un primo tentativo di espansionismo verso l’interno lo abbiamo a opera di alcune città fenicie dell’isola, soprattutto da Sulky e Carales. Il secondo, operato dai due figli di Magone, portò a una rottura politica dell’isola. Dopo la guerra dei Magonidi infatti abbiamo una dicotomia etnica. Da una parte si creò una Sardegna di cultura sardo-fenicia, dall’altra una sorta di “riserva” nuragica. Queste due Sardegne si trovarono in stato di guerra per tre secoli. Espropriate dei loro territori più fertili, le popolazioni encoriche si trovarono in un costante stato di guerriglia, tanto che i Cartaginesi dovettero creare un sistema di confine presieduto da piazzeforti e fortini disseminati lungo un limes lineare e uniforme. Questi furono costantemente sorvegliati da soldati mercenari, che più di una volta si ribellarono a Cartagine. Molti di questi mercenari trovarono nella regione libera la salvezza.
Le popolazioni nuragiche combatterono gli invasori costruendo a loro volta una serie di recinti megalitici chiamati mura.
Questo stato di assedio durò fino all’epoca romana. I Romani sottrassero l’isola ai Cartaginesi dopo la rivolta dei mercenari del 235 a.C.. I nuovi dominatori ereditarono la situazione politica dalla precedente amministrazione cartaginese. I primi a fare la guerra ai romani furono però i Sardo-punici, che nel contesto delle grandi sollevazioni dovute alla battaglia di Canne, si organizzarono assieme a Cartagine e affrontarono i Romani in campo aperto. I Sardo-punici, capitanato di Ampsicora furono ripetutamente sconfitti nel 215 a.C.. I Romani si dovettero occupare a più riprese dei territori non di quella che chiameranno Barbaria. Questa regione, a differenza dell’isola sardo-punica, era divisa in civitates non urbanizzate.
Con l’intervento romano, non sussiste più quel limes netto come quello strutturato in fortini dai cartaginesi. I Romani optarono per una linea di postazioni dalla quale poter arginare le incursioni delle Civitates Barbariae. In parte queste ricalcano la linea cartaginese.
Del periodo repubblicano sappiamo di diverse operazioni di guerra che investirono questa regione. Furono utilizzati vari stratagemmi, come l’uso dei cani da caccia. In questo contesto le fonti ci raccontano di una guerriglia all’interno di foreste sconfinate. La difficoltà di combattere tra terre non urbanizzate rendeva ostico scovare il nemico. Le fonti parlano anche di abitazioni sotterranee. Probabilmente si trattava di nuraghi caduti in disuso da secoli.
Dopo le operazioni di Gracco, tra il 182 e il 175 a.C. contro gli Iliensi e Balari, che a detta di Livio causarono ottantamila vittime, ci fu una grande decimazione della popolazione. La Barbaria perse di forze, la guerra si tramutò in conflitto tra pastori e agricoltori. In questo contesto abbiamo le operazioni belliche da parte di Metello, nel 111 a.C., il quale sistemò le proprietà e i confini tra le popolazioni all’interno dell’isola. A queste sistemazioni si rifaranno le successive cause civili per il pascolo di terreni, come la Tavola di Esterzili, nel 69 d.C.
Il periodo imperiale registra invece la convivenza tra le popolazioni della Barbaria e i Romani. Le fonti non ci tramandano di ribellioni. Registriamo anche il fenomeno del riutilizzo dei nuraghi. Non vengono costruiti né ristrutturati, ma utilizzati come magazzini e laboratori di lavorazione di vino e olio. Una lenta ripresa economica e demografica dovette seguire il periodo imperiale, tanto che col crollo del sistema romano, dobbiamo ipotizzare una resistenza al potere dei Vandali durante gli ottant’anni di dominazione dell’isola.
Con la cacciata dei Vandali operata dai generali dell’imperatore Giustiniano, abbiamo uno stato di guerriglia operata dai Barbaricini. È proprio nel VI secolo d.C. che abbiamo per la prima volta nella storia il termine Βαρβαρικῖνοι. Questi poi fecero la pace, dopo cinquant’anni di guerra, con i bizantini. A testimoniarcelo ci sono due lettere di Papa Gregorio Magno: una a Zabarda, luogotenente in Sardegna per conto dell’imperatore; l’altra lettera è destinata a Hospito, il Dux Barbaricinorum. Alla pace con i Bizantini segue anche la conversione al cristianesimo.
Questo lavoro si conclude con le lettere di Gregorio del maggio del 594 d.C..
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