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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-01042017-231239


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
ANASTASIO, ELEONORA
URN
etd-01042017-231239
Titolo
"Giustizia riparativa e processo penale: una ricognizione critica del presente per uno sguardo rivolto al futuro."
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Bonini, Valentina
Parole chiave
  • restorative justice
  • giustizia riparativa
  • processo penale
Data inizio appello
23/01/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
Nel presentare l’argomento di questo lavoro vorremmo perdere in prestito, come del resto molti hanno già fatto trattando di restorative justice (o giustizia riparativa), l’immagine allegorica della divinità bendata che regge in una mano la spada e nell’altra la bilancia.
Il significato di questi attributi è universalmente noto: la benda simboleggia l’imparzialità di una giustizia uguale per tutti, che non daba a chi ha davanti, la bilancia l’equità delle decisioni, in cui la pena deve essere proporzionata alla colpa, infine la spada, a rappresentare la forza di cui il diritto si serve per imporsi alla collettività.
Ora, se vogliamo proseguire con la metafora, la restorative justice offre un paradigma del tutto alternativo a quello classico qui raffigurato, anche dal punto di vista rappresentativo-simbolico; per rispondere agli interrogativi del nostro tempo sulla funzione della pena e, più in generale, sulla legittimità del diritto penale, e sul significato del concetto stesso di giustizia da un punto di vista sostanziale e non solo formale, infatti, si spoglia di tutti gli attributi tradizionali: rinuncia alla benda e diventa una giustizia che vede benissimo chi ha davanti, tenendo presente le sue condizioni di vita, la realtà sociale da cui proviene, le prospettive che gli sono state date, conseguentemente abbandona la bilancia, perché si accorge dell’incommensurabilità dei valori in gioco nel processo penale, ma sopratutto dell’iniquità di misurazione astratte e asetticamente oggettive; da ultimo rinuncia alla spada, perché ha verificato l’inefficacia e la dannosità di un’imposizione violenta del diritto che, attraverso la retribuzione, si impone sopratutto sui più deboli ed emarginati senza prevedere delle alternative che veramente possano aprire un percorso di rieducazione e risocializzazione.
La restorative justice riesce a fare tutto questo grazie alle caratteristiche strutturali che le sono proprie e che analizzeremo nella seconda parte della trattazione: informalità, dialogo tra le parti, flessibilità delle soluzioni e quindi adattabilità a tutte le stazioni di conflitto.
Vogliamo precisare, però, che nella prospettiva che qui abbiamo adottato, e che auspichiamo informi la politica criminale del futuro, la riparazione non è un “terzo binario” del sistema sanzionatorio, come invece è stata dogmatizzata nel dibattito sulla Wiedergutmachung che ha occupato la fine degli anni ’90 in Germania, bensì si inserisce a pieno titolo alla base della risposta penale come un secondo binario (ridotta al minimo e per gli incapaci la misura di sicurezza), alternativo alla pena criminale, che abbia una sua influenza dall’inizio della commisurazione della sanzione, fino all’estinzione del reato, in qualche caso, e non solo come attenuazione o limitazione della stessa, come succede attualmente.
Inoltre, secondo grande vantaggio dell’approccio riparativo, si tratta di restituire il conflitto ai suoi protagonisti, pur senza trascurare la cornice di garanzie che il diritto sostanziale e processuale predispone: la mediazione, che è il maggiore strumento di attuazione del paradigma ristorativo, infatti cerca di recuperare il rapporto tra autore, vittima e società che il sistema tradizionale, nella sua logica giuridico-coercitiva, ha sempre trascurato di ricostruire.
Quello che tentiamo di dire è che, citando le parole di autorevole dottrina, “non è tanto la pena imposta che produce il distacco di una persona dalla società: la pena imposta è la conseguenza di quel distacco, perché la risposta del sistema dovrebbe orientarsi in senso opposto favorendo una responsabilità agita e non subita. […] La situazione descritta può essere diversa solo per chi vive una carriera criminale o è inserito in un circuito che abbia rotto i ponti con i valori della società civile - è il punctum dolens del dibattito sul diritto penale del nemico e dei “criminali irriducibili” - e ciò non a seguito di un singolo delitto grave, ma per l'inevitabile sommarsi di condotte recidivanti e pene relative o per l'innesto di misure di prevenzione anche successive alla pena.”
Quindi, quello che cercheremo di fare è appunto sottolineare la necessità di una giustizia che, per essere veramente tale, debba vere la vista di un falco, la bilancia adeguatamente calibrata per ogni situazione diversa e specifica che le si presenta e la spada ai suoi piedi, dimenticata.
Per far questo in un primo momento cercheremo di evidenziare tutte le carenze del paradigma retributivo tradizionale, ancora oggi, purtroppo, determinante nelle scelte del nostro legislatore (lo dimostrano i continui aumenti dei limiti edittali con cui si spera, invano, di porre in essere un’efficacia politica criminale di prevenzione generale); in seguito analizzeremo invece le caratteristiche principali del paradigma alternativo della giustizia riparativa, rendendone evidenti le risorse e i vantaggi; infine intraprenderemo una critica degli istituti riparativi, o che comunque danno una certa rilevanza al risarcimento del danno ai fini della pena, presenti nel nostro ordinamento (l’attenuante ex art. 62, comma 1 n°6 c.p., l’oblazione c.d. discrezionale, il procedimento ex art. 35 D.Lgs. n°274/2000, etc…), criticandone le lacune e prospettando alcune correzioni utili a migliorarne l’efficacia; in conclusione abbiamo voluto dare un’occhiata al futuro, con le innovazioni proposte del legislatore in tema di estinzione del reato a seguito di condotte riparatorie (Disegno di legge C. 2798, presentato il 23 dicembre 2014, c.d. d.d.l. Orlando) e le elaborazioni della dottrina, a dire il vero ancora più originali, riguardo l’inserimento della fattispecie del “delitto riparato” nel nostro ordinamento penale.
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