Tesi etd-01032023-193301 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
FORTINI, SIMONA
URN
etd-01032023-193301
Titolo
Commento filologico-interpretativo alle Ecloghe 1, 4 e 7 di Calpurnio Siculo
Settore scientifico disciplinare
L-FIL-LET/04
Corso di studi
SCIENZE DELL'ANTICHITA' E ARCHEOLOGIA
Relatori
tutor Prof. Russo, Alessandro
Parole chiave
- aurea aetas
- Calpurnio Siculo
- commento filologico
- ecloghe
- età neroniana
- Nerone
- poesia bucolica
- poesia pastorale
- spectacula
- Teocrito
Data inizio appello
31/01/2023
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
31/01/2063
Riassunto
La mia ricerca sulle tre ecloghe politiche di Calpurnio Siculo viene condotta secondo un approccio metodologico che combina l’interpretazione filologica puntuale e la riflessione poetologico-letteraria, con un taglio espositivo e un risultato finale di natura saggistica.
L’indagine testuale complessiva della terna poetica mette a fuoco il raccordo ponderato e costante con Teocrito, nonché con la poesia ellenistica in generale, da parte di un poeta che costruisce una tecnica narrativa in grado di rendere ogni immagine altamente iconica, dal forte impatto figurativo. Le riflessioni sui componimenti mi portano a definire inclusiva la bucolica di Calpurnio: con i suoi versi vivifica e attualizza il genere pastorale, in quanto lo dota, senza però snaturarlo, di movenze panegiristiche volte a celebrare l’avvento del giovane imperatore artefice di prodigi visibili nella città e nel paesaggio rurale.
Prendo in esame con particolare attenzione la prospettiva unificante che abbraccia i tre brani, ove sento di riconoscere un itinerario tracciato all’interno della realtà contemporanea attraverso le parole e le immagini evocate, un percorso conoscitivo che rende tangibile al lettore il miracolo del princeps.
Nella prima ecloga, appunto lo sguardo sulla dimensione gioiosa che rappresenta per Fauno la spinta propulsiva all’incisione sulla corteccia del suo canto, portatore nei destinatari di un gaudio rassicurante quale effetto dell’imminente evento epocale, destinato ad assicurare prosperità e ordine politico. Seguendo questa nuova linea interpretativa, pervengo alla conclusione che le parole del dio silvestre sono, ancor prima che una profezia della nuova aurea aetas già in atto, la testimonianza della rinascita di Fauno, della sua tranquillità ritrovata per merito del sovrano, che riesce ad affermare la stabilità e la sicurezza sia nel rus sia nella città.
Nell’epilogo del carme, viene minutamente scandagliato il momento di investitura del pastore-poeta Coridone, il passaggio di consegne dal dio al cantore finalizzato alla divulgazione canora, nella comunità pastorale, degli effetti miracolistici del principato neroniano sul paesaggio bucolico.
Il mio contributo interpretativo alla quarta ecloga prende le mosse dalla fase meditativa ed elaborativa del solenne canto alternato, che i fratres Coridone e Aminta dedicano poi, in linea con le indicazioni di Melibeo, alla celebrazione del principe divino. Sulla figura del patronus intraprendo un percorso esplorativo, in controtendenza rispetto ai consueti tentativi di identificazione con personaggi contemporanei a Calpurnio, che mi porta a riconoscere nella sua immagine la possibile trasfigurazione del Virgilio autore dell'intera produzione poetica. Elaboro inoltre una serie di considerazioni sulla natura della bucolica calpurniana, da me definita relazionale in quanto si configura come l’esito di un incontro tra individui, di quello scambio interpersonale da cui scaturiscono i carmina dei pastori.
L’analisi della settima ecloga si concentra sulla valorizzazione delle modalità del recupero calpurniano di un importante modello alessandrino, Le Siracusane di Teocrito, di cui finora era stato colto solo qualche macroscopico punto di contatto. Nel commento, l’ipotesto greco viene sottoposto ad una comparazione minuziosa e sistematica, da cui emerge una ripresa sapientemente bilanciata, complementare, da parte del poeta latino. Beneficiano inoltre di una inquadratura innovativa tanto la relazione tra il vecchio Licota rimasto tra le silvae e il giovane Coridone che ha visitato Roma, quanto la finalità del viaggio di quest’ultimo, solitamente individuata dagli interpreti nella sua volontà di incontrare il sovrano.
Questa riconsiderazione dei dati testuali coinvolge anche la dialettica tra campagna e città, riformulata rispetto alla tradizionale visione dicotomica. Ritengo infatti che Calpurnio la concepisca ed esprima in termini di coesione, con il risultato che nel resoconto narrativo di Coridone lo spazio del rus si popola e si arricchisce del paesaggio urbano; l’uno accoglie ed integra l’altro per il tramite del racconto, il quale mette in scena nella valle tutta la dimensione degli spectacula anfiteatrali e della trepidante partecipazione collettiva, in una sintesi sapientemente orchestrata.
Rilevo inoltre significative analogie tra la modalità descrittiva della fauna, esotica e rara, ammirata nell’arena e l’iconografia antica, segnatamente musiva, delle venationes anfiteatrali. La permanenza a Roma del rusticus, con la visione delle bellezze urbane e la teofania di un sovrano dalle sembianze doppiamente divine, non ne scalfiscono l’identità bucolica e il senso di appartenenza alla sfera pastorale, nella quale tuttavia comprensibilmente il personaggio rientra lentus.
Con riguardo infine alla cronologia del poeta, metto in luce interessanti elementi testuali a sostegno della datazione neroniana, che allo stato attuale raccoglie il consenso pressoché unanime degli studiosi.
L’indagine testuale complessiva della terna poetica mette a fuoco il raccordo ponderato e costante con Teocrito, nonché con la poesia ellenistica in generale, da parte di un poeta che costruisce una tecnica narrativa in grado di rendere ogni immagine altamente iconica, dal forte impatto figurativo. Le riflessioni sui componimenti mi portano a definire inclusiva la bucolica di Calpurnio: con i suoi versi vivifica e attualizza il genere pastorale, in quanto lo dota, senza però snaturarlo, di movenze panegiristiche volte a celebrare l’avvento del giovane imperatore artefice di prodigi visibili nella città e nel paesaggio rurale.
Prendo in esame con particolare attenzione la prospettiva unificante che abbraccia i tre brani, ove sento di riconoscere un itinerario tracciato all’interno della realtà contemporanea attraverso le parole e le immagini evocate, un percorso conoscitivo che rende tangibile al lettore il miracolo del princeps.
Nella prima ecloga, appunto lo sguardo sulla dimensione gioiosa che rappresenta per Fauno la spinta propulsiva all’incisione sulla corteccia del suo canto, portatore nei destinatari di un gaudio rassicurante quale effetto dell’imminente evento epocale, destinato ad assicurare prosperità e ordine politico. Seguendo questa nuova linea interpretativa, pervengo alla conclusione che le parole del dio silvestre sono, ancor prima che una profezia della nuova aurea aetas già in atto, la testimonianza della rinascita di Fauno, della sua tranquillità ritrovata per merito del sovrano, che riesce ad affermare la stabilità e la sicurezza sia nel rus sia nella città.
Nell’epilogo del carme, viene minutamente scandagliato il momento di investitura del pastore-poeta Coridone, il passaggio di consegne dal dio al cantore finalizzato alla divulgazione canora, nella comunità pastorale, degli effetti miracolistici del principato neroniano sul paesaggio bucolico.
Il mio contributo interpretativo alla quarta ecloga prende le mosse dalla fase meditativa ed elaborativa del solenne canto alternato, che i fratres Coridone e Aminta dedicano poi, in linea con le indicazioni di Melibeo, alla celebrazione del principe divino. Sulla figura del patronus intraprendo un percorso esplorativo, in controtendenza rispetto ai consueti tentativi di identificazione con personaggi contemporanei a Calpurnio, che mi porta a riconoscere nella sua immagine la possibile trasfigurazione del Virgilio autore dell'intera produzione poetica. Elaboro inoltre una serie di considerazioni sulla natura della bucolica calpurniana, da me definita relazionale in quanto si configura come l’esito di un incontro tra individui, di quello scambio interpersonale da cui scaturiscono i carmina dei pastori.
L’analisi della settima ecloga si concentra sulla valorizzazione delle modalità del recupero calpurniano di un importante modello alessandrino, Le Siracusane di Teocrito, di cui finora era stato colto solo qualche macroscopico punto di contatto. Nel commento, l’ipotesto greco viene sottoposto ad una comparazione minuziosa e sistematica, da cui emerge una ripresa sapientemente bilanciata, complementare, da parte del poeta latino. Beneficiano inoltre di una inquadratura innovativa tanto la relazione tra il vecchio Licota rimasto tra le silvae e il giovane Coridone che ha visitato Roma, quanto la finalità del viaggio di quest’ultimo, solitamente individuata dagli interpreti nella sua volontà di incontrare il sovrano.
Questa riconsiderazione dei dati testuali coinvolge anche la dialettica tra campagna e città, riformulata rispetto alla tradizionale visione dicotomica. Ritengo infatti che Calpurnio la concepisca ed esprima in termini di coesione, con il risultato che nel resoconto narrativo di Coridone lo spazio del rus si popola e si arricchisce del paesaggio urbano; l’uno accoglie ed integra l’altro per il tramite del racconto, il quale mette in scena nella valle tutta la dimensione degli spectacula anfiteatrali e della trepidante partecipazione collettiva, in una sintesi sapientemente orchestrata.
Rilevo inoltre significative analogie tra la modalità descrittiva della fauna, esotica e rara, ammirata nell’arena e l’iconografia antica, segnatamente musiva, delle venationes anfiteatrali. La permanenza a Roma del rusticus, con la visione delle bellezze urbane e la teofania di un sovrano dalle sembianze doppiamente divine, non ne scalfiscono l’identità bucolica e il senso di appartenenza alla sfera pastorale, nella quale tuttavia comprensibilmente il personaggio rientra lentus.
Con riguardo infine alla cronologia del poeta, metto in luce interessanti elementi testuali a sostegno della datazione neroniana, che allo stato attuale raccoglie il consenso pressoché unanime degli studiosi.
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