Thesis etd-11132019-185822 |
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Thesis type
Tesi di specializzazione (5 anni)
Author
REGOLI, FRANCESCO
URN
etd-11132019-185822
Thesis title
Esperienza Real World con i DOACs nei reparti di Medicina Interna
Department
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Course of study
MEDICINA INTERNA
Supervisors
relatore Prof. Taddei, Stefano
relatore Prof. Virdis, Agostino
relatore Prof. Virdis, Agostino
Keywords
- AVK
- DOACs
- embolia polmonare
- fibrillazione atriale
- ictus
- nuovi anticoagulanti orali
- stroke
- warfarin
Graduation session start date
18/12/2019
Availability
Full
Summary
L’introduzione dei nuovi anticoagulanti orali ha rappresentato un punto di svolta fondamentale nella gestione clinica dei pazienti che ne hanno indicazione, con una maggiore semplicità di utilizzo e una riduzione di sanguinamento, con un rischio trombotico non inferiore a quello degli antagonisti della vitamina K.
Il ventaglio di indicazioni della terapia anticoagulante, infatti, comprende numerose patologie, tra cui l’embolia polmonare e la fibrillazione atriale. Sebbene numerosi trial clinici abbiano analizzato l’efficacia e la sicurezza dei nuovi anticoagulanti orali, uno dei problemi maggiori nell’utilizzo di questi farmaci dipende dalle scarse informazioni disponibili sul loro utilizzo nella pratica clinica quotidiana. Questo è importante perché i pazienti reclutati nei trial clinici spesso hanno caratteristiche diverse rispetto a quelli incontrati negli ambulatori o nelle corsie, rendendo difficile l’immediata applicabilità dei risultati della ricerca alla pratica clinica.
Lo scopo di questo studio è stato quello di verificare, nella pratica clinica routinaria, i fattori potenzialmente associati ad un rischio maggiore o minore di sanguinamento tramite l’uso dei nuovi anticoagulanti orali. Sono stati quindi confrontati tra loro i diversi anticoagulanti orali per quanto riguarda il rischio di sanguinamento. I dati utilizzati sono stati raccolti nei reparti di Medicina Interna dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Pisa e di Piombino, fornendo quindi una dimensione real-life dell’esperienza nell’utilizzo di tali farmaci.
La popolazione è composta da soggetti ipertesi che hanno fatto accesso ad ambulatorio specialistico o che siano stati ricoverati nei suddetti reparti, i quali abbiano ricevuto la prescrizione di un nuovo anticoagulante orale tra il luglio 2013 e il luglio 2018. Dalle cartelle cliniche e dalle lettere ambulatoriali sono state ottenute le caratteristiche cliniche basali e al follow-up. Come end-point primario è stato utilizzato lo sviluppo di sanguinamento, mentre gli end-point secondari annoverano sanguinamenti durante il follow-up, di entità maggiore (compromissione emodinamica, in sede critica, con perdita ≥2 g/dL di emoglobina o con richiesta di ≥2 unità di globuli rossi) e minori (i restanti casi). I dati relativi agli eventi di sanguinamento sono stati raccolti durante il ricovero in cui l’evento si è verificato o alla visita ambulatoriale più vicina. Nei pazienti che non hanno sviluppato sanguinamento (controlli), il follow-up si è interrotto all’ultima visita ambulatoriale disponibile o all’ultimo ricovero disponibile (non correlato a sanguinamento).
In generale lo studio ha incluso una popolazione di soggetti anziani , sovrappeso, con un buon controllo pressorio, una funzione renale normale e un buon controllo glicemico. I soggetti che avevano avuto un sanguinamento avevano valori di emoglobina ed ematocrito significativamente inferiori rispetto ai pazienti che non avevano avuto sanguinamenti. Inoltre, i soggetti che avevano avuto un sanguinamento avevano anche maggiore probabilità di morte per tutte le cause rispetto ai controlli, mentre il rischio di infarto miocardico acuto e quello di ictus/TIA non erano significativamente diversi tra i due gruppi. La maggior parte della popolazione studiata era affetta da ipertensione arteriosa e quasi la metà aveva una diagnosi di scompenso cardiaco. Altre comorbidità frequenti erano l’arteriopatia periferica aterosclerotica e il pregresso ictus/TIA. Non abbiamo riscontrato differenze significative tra il rischio di sanguinamento ed una specifica comorbidità durante il follow-up. Il motivo più frequente di indicazione alla terapia con anticoagulante orale era la fibrillazione atriale, seguita dalla trombosi venosa e dall’embolia polmonare. Il farmaco più frequentemente utilizzato era il dabigatran che alla dose bassa era associato ad un rischio di sanguinamento significativamente minore. L’edoxaban, invece, alla dose bassa è risultato associato ad un rischio di sanguinamento significativamente maggiore. Questi risultati sono stati confermati anche dopo la correzione per creatininemia e per età. Il ridotto numero di sanguinamenti minori non ci ha permesso di studiare le differenze tra i pazienti che avevano avuto sanguinamenti minori e maggiori.
Il ventaglio di indicazioni della terapia anticoagulante, infatti, comprende numerose patologie, tra cui l’embolia polmonare e la fibrillazione atriale. Sebbene numerosi trial clinici abbiano analizzato l’efficacia e la sicurezza dei nuovi anticoagulanti orali, uno dei problemi maggiori nell’utilizzo di questi farmaci dipende dalle scarse informazioni disponibili sul loro utilizzo nella pratica clinica quotidiana. Questo è importante perché i pazienti reclutati nei trial clinici spesso hanno caratteristiche diverse rispetto a quelli incontrati negli ambulatori o nelle corsie, rendendo difficile l’immediata applicabilità dei risultati della ricerca alla pratica clinica.
Lo scopo di questo studio è stato quello di verificare, nella pratica clinica routinaria, i fattori potenzialmente associati ad un rischio maggiore o minore di sanguinamento tramite l’uso dei nuovi anticoagulanti orali. Sono stati quindi confrontati tra loro i diversi anticoagulanti orali per quanto riguarda il rischio di sanguinamento. I dati utilizzati sono stati raccolti nei reparti di Medicina Interna dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Pisa e di Piombino, fornendo quindi una dimensione real-life dell’esperienza nell’utilizzo di tali farmaci.
La popolazione è composta da soggetti ipertesi che hanno fatto accesso ad ambulatorio specialistico o che siano stati ricoverati nei suddetti reparti, i quali abbiano ricevuto la prescrizione di un nuovo anticoagulante orale tra il luglio 2013 e il luglio 2018. Dalle cartelle cliniche e dalle lettere ambulatoriali sono state ottenute le caratteristiche cliniche basali e al follow-up. Come end-point primario è stato utilizzato lo sviluppo di sanguinamento, mentre gli end-point secondari annoverano sanguinamenti durante il follow-up, di entità maggiore (compromissione emodinamica, in sede critica, con perdita ≥2 g/dL di emoglobina o con richiesta di ≥2 unità di globuli rossi) e minori (i restanti casi). I dati relativi agli eventi di sanguinamento sono stati raccolti durante il ricovero in cui l’evento si è verificato o alla visita ambulatoriale più vicina. Nei pazienti che non hanno sviluppato sanguinamento (controlli), il follow-up si è interrotto all’ultima visita ambulatoriale disponibile o all’ultimo ricovero disponibile (non correlato a sanguinamento).
In generale lo studio ha incluso una popolazione di soggetti anziani , sovrappeso, con un buon controllo pressorio, una funzione renale normale e un buon controllo glicemico. I soggetti che avevano avuto un sanguinamento avevano valori di emoglobina ed ematocrito significativamente inferiori rispetto ai pazienti che non avevano avuto sanguinamenti. Inoltre, i soggetti che avevano avuto un sanguinamento avevano anche maggiore probabilità di morte per tutte le cause rispetto ai controlli, mentre il rischio di infarto miocardico acuto e quello di ictus/TIA non erano significativamente diversi tra i due gruppi. La maggior parte della popolazione studiata era affetta da ipertensione arteriosa e quasi la metà aveva una diagnosi di scompenso cardiaco. Altre comorbidità frequenti erano l’arteriopatia periferica aterosclerotica e il pregresso ictus/TIA. Non abbiamo riscontrato differenze significative tra il rischio di sanguinamento ed una specifica comorbidità durante il follow-up. Il motivo più frequente di indicazione alla terapia con anticoagulante orale era la fibrillazione atriale, seguita dalla trombosi venosa e dall’embolia polmonare. Il farmaco più frequentemente utilizzato era il dabigatran che alla dose bassa era associato ad un rischio di sanguinamento significativamente minore. L’edoxaban, invece, alla dose bassa è risultato associato ad un rischio di sanguinamento significativamente maggiore. Questi risultati sono stati confermati anche dopo la correzione per creatininemia e per età. Il ridotto numero di sanguinamenti minori non ci ha permesso di studiare le differenze tra i pazienti che avevano avuto sanguinamenti minori e maggiori.
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