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Thesis etd-10062022-114641


Thesis type
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Author
AZZARITO, ANGELA
URN
etd-10062022-114641
Thesis title
La prospettiva narrativa nella costruzione della realtà
Department
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Course of study
LETTERE
Supervisors
relatore Prof.ssa Neri, Veronica
correlatore Prof. Polizzi, Gaspare
Keywords
  • autobiografia
  • Bruner
  • narrazione
  • pensiero narrativo
  • psicologia culturale
Graduation session start date
14/11/2022
Availability
Withheld
Release date
14/11/2092
Summary
INTRODUZIONE
L’arte del narrare è antica quanto l’uomo. Con lo sviluppo del linguaggio l’uomo ha potuto elaborare e perfezionare le sue narrazioni, trasportandosi così dal dominio della rappresentazione mimetica, caratteristica dei nostri antichi antenati, a quello, più complesso, rappresentato dai processi del racconto e della recitazione.
È attraverso le strutture narrative che gli individui riescono a costruire i propri mondi, le proprie realtà. Non solo: la narrazione si presenta anche come strumento indispensabile per la creazione dell’identità dell’uomo, dal momento che, narrando, organizziamo e diamo forma alle nostre conoscenze ed esperienze. È infatti in seno alla cultura che possiamo individuare le strutture delle narrazioni di cui ci avvaliamo per organizzare le nostre conoscenze, divenendo così i diretti costruttori della storia, delle arti e della tradizione.
Non a caso Jerome Bruner è considerato uno dei massimi esponenti dell’odierna psicologia culturale e, in quanto tale, è in grado di offrirci importanti contributi sull’argomento in questione.
Ciò che mi propongo di fare in questa tesi è approfondire un argomento noto e familiare come quello della narrazione, indagandone le strutture e le espressioni attraverso una prospettiva diversa, ovvero per mezzo dell’”occhio” psicologico e intellettuale di Bruner, scoprendone le sue insite responsabilità e finalità celate dietro una familiare e oscurante ovvietà. Ogni narrazione innesca un meccanismo di strutturazione della realtà, senza il quale ci sentiremmo sopraffatti dalla stessa e dalla vastità e ingestibilità dell’esperienza: la realtà ci impone, in questo senso, l’esigenza di attribuirle dei significati. D’altro canto, essa ci offre anche quei modelli di cui noi ci avvaliamo per avviare tale processo di creazione e identificazione, dato che è proprio nella cultura che troviamo quelle strutture narrative con le quali familiarizziamo, il che equivale a dire, seguendo il principio del culturalismo: se la mente produce la cultura, la cultura forma la mente.
Pertanto occuparsi di narrazione significa, per Bruner, indagarne tutte le sue espressioni e le sue forme.
Il primo capitolo rappresenta un breve excursus sulla carriera di Bruner e sulla sua formazione intellettuale, percorrendo le varie tappe che, dall’inizio della sua carriera universitaria, attraverso una costante e progressiva attività di studio e ricerca, lo hanno condotto ad interessarsi al tema della narrazione, trasferendolo sul terreno della psicologia culturale.
Protagonista e sostenitore di quella che è stata denominata la prima ‹‹rivoluzione cognitiva›› in campo psicologico, durante tutta la sua carriera, Bruner ha perseguito un solo obiettivo, quello di studiare la mente dell’uomo, investigandola nell’incessante interazione con il suo mondo e tenendo sempre fede a due fondamentali principi: l’interdisciplinarità e il culturalismo.
Il secondo capitolo sviluppa alcune riflessioni sulla psicologia narrativa di Bruner. Come sostiene l’autore, “La narrazione è una forma di organizzazione dell’esperienza. Serve a costruire il mondo, per caratterizzarne il flusso, per suddividere gli eventi al suo interno ... Se non fossimo in grado di operare tale strutturazione, ci perderemmo nel buio di esperienze caotiche, e probabilmente non saremmo affatto sopravvissuti come specie. Questa strutturazione è sociale, finalizzata alla condivisione del ricordo nell’ambito di una cultura, piuttosto che semplicemente ad assicurare un immagazzinamento individuale” .
Quindi, secondo Bruner l’uomo è diventato capace di vivere all’interno di una comunità organizzata e strutturata culturalmente, quando ha imparato l’arte del racconto, attraverso il quale ha creato civiltà e cultura. Infatti, per Bruner, la narrazione è il primo meccanismo per interpretare e conoscere, di cui si serve l’uomo nella sua esperienza di vita, e, attraverso essa, attribuisce senso e significato al suo agire.
La narrativa, intesa non solo come genere letterario, in questo specifico contesto, è considerata anche come atto psicologico, sociologico e pedagogico, come prodotto dell’atto di narrare. Ogni giorno adulti e bambini ascoltano e comprendono racconti, o raccontano storie che appartengono alla loro vita avendo l’impressione di fare qualcosa di semplice e naturale, senza alcuno sforzo mentale. Tutto ciò avviene liberamente, senza difficoltà, quasi che la mente umana sia adatta alla comprensione e alla creazione di questi testi.
Il pensiero narrativo, che spinge la persona al comportamento, è un modo universale per organizzare l’esperienza umana e si estrinseca nell’atto di narrare. Esso ha la funzione di innescare processi di elaborazione, interpretazione, comprensione, rievocazione di esperienze, eventi, fatti, dando ad essi una forma che ne renda possibile la descrizione, la spiegazione e il racconto.
Inoltre, ho analizzato ed interpretato i modi e le caratteristiche della narrazione secondo il punto di vista di Bruner, che propone dieci elementi caratterizzanti il racconto.
Ho evidenziato il modo attraverso il quale ogni persona nella descrizione di una storia, effettua, in maniera completamente automatica, una selezione degli avvenimenti più importanti della sua vita. Secondo le regole della “Teoria degli schemi” e della “Grammatica delle storie”, nella persona esiste già una struttura mentale tale per cui, anche in presenza di pochi dettagli, essa sarà in grado di ricostruire l’intera sequenza degli avvenimenti grazie alla sua conoscenza della situazione e all’attivazione di schemi che si ricordano e sono disponibili e facilmente accessibili. Ciò avviene grazie alla memoria, considerata non solo come il magazzino che conserva le informazioni, ma anche come la sede in cui si realizza il processo di comprensione, sia degli eventi personali sia dei testi narrativi.
Il terzo capitolo, che costituisce insieme al secondo la parte centrale del lavoro, è focalizzato sull’uso didattico della narrazione. Si descrive come essa sia oggi considerata uno strumento preferenziale per progettare possibili percorsi educativi, a partire da quello scolastico. Nel racconto, i ricordi e le memorie si fondono con l’immaginazione e la creatività, il passato scivola nel futuro, e appaiono soluzioni fino a quel momento ignorate, forse nemmeno considerate e che, immerse nella fantasia della nostra immaginazione narrativa, diventano plausibili e talvolta risolutive. Il racconto, quindi, rende possibile un dialogo tra ciò che è consolidato e ciò che è solo immaginato.
Di conseguenza, si evincerà come l’educazione alle forme narrative sia fondamentale per il bambino, affinché egli acquisti dimestichezza con i processi di costruzione e conoscenza della realtà e possa imparare a definire il proprio ruolo e la propria identità all’interno della cultura e del suo mondo e come la familiarità con tali processi si rivela preziosa, soprattutto se consolidata, durante tutta la durata della vita adulta dell’uomo. Riuscire a padroneggiare il pensiero narrativo (al quale Bruner contrappone il pensiero paradigmatico o logico-scientifico) corrisponde ad avvalersi della preziosa possibilità di costruire, strutturare e significare le nostre intenzioni e azioni e, dunque, la nostra esistenza.
Un esempio è il digital storytelling (utilizzato personalmente con i miei alunni) che si serve delle nuove tecnologie per creare strumenti di apprendimento attraverso la tecnica della narrazione, unendo dunque abilità e potenzialità tecnologiche. L’educare narrando è il fulcro di una pedagogia nuova, aperta all’ascolto, capace di narrare e farsi narrare.
Il tema specifico sviluppato nel quarto e ultimo capitolo è quello relativo all’autobiografia come strumento di costruzione della propria identità. Il pensiero autobiografico è considerato un ponte tra il passato e il presente dell’individuo ed uno strumento per vivere il presente e progettare il futuro. La tendenza a raccontarsi è comune a tutti gli individui e ad un certo punto della vita di alcuni, diventa quasi un bisogno incontrollabile. Questo nuovo concetto di memoria si ritrova nell’opera che segna un primo cambiamento fondamentale: Le Confessioni di Sant’Agostino.
Per Duccio Demetrio, uno dei principali studiosi del genere, l’autobiografia è un metodo di ricostruzione attraverso il quale l’uomo parla di sé attraverso diverse forme: da quella scritta a quella orale, da quella grafica a quella musicale, per richiamare il passato, riprodurre immagini, ricreare o rivivere relazioni e affetti, quindi per riportare in vita tutto ciò che ha caratterizzato la vita della persona.
Ma l’autobiografia è anche “cura” nel momento in cui essa è la promessa di uno sviluppo futuro per la mente, ed è anche risorsa per attingere dal passato guardando al presente. Essa, cioè produce cambiamento in prospettiva evolutiva, e per questo motivo oggi, le viene assegnato grande valore “formativo” e “pedagogico”.
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