Thesis etd-09032018-080753 |
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Thesis type
Tesi di laurea magistrale LM6
Author
OGLIASTRO, MATILDE
URN
etd-09032018-080753
Thesis title
La crasi ematica come elemento predittivo della durata di ricovero nei pazienti con scompenso cardiaco acuto
Department
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Course of study
MEDICINA E CHIRURGIA
Supervisors
relatore Prof. Taddei, Stefano
correlatore Prof. Ghiadoni, Lorenzo
correlatore Prof. Ghiadoni, Lorenzo
Keywords
- BNP
- cuore
- durata degenza
- linfociti
- medicina
- medicina d'urgenza
- medicina interna
- neutrofili
- NLR
- piastrine
- PLR
- reparti
- ricoveri
- trasferimenti
Graduation session start date
25/09/2018
Availability
Full
Summary
Lo scompenso cardiaco (SC) è una delle principali cause di mortalità e di
morbilità a livello globale.
Negli ultimi decenni, soprattutto nei paesi Occidentali, si è assistito a un incremento della prevalenza e dell’incidenza di questa importante patologia. Questo dato è imputabile sia all’invecchiamento della popolazione, sia alla ridotta mortalità per cause cardiovascolari in favore della loro evoluzione in SC.
I ricoveri per SC e shock sono divenuti in Italia, già nel 2003, la seconda causa di ricovero dopo il parto. Inoltre, lo SC rappresenta attualmente la più importante causa di ospedalizzazione negli individui sopra i 65 anni.
Il miglioramento dell’efficacia delle terapie e la maggiore conoscenza dei meccanismi patogenetici responsabili dello sviluppo di SC, hanno avuto un importante impatto positivo sulla gestione del paziente e hanno permesso un miglioramento della sopravvivenza. Ciononostante, l’incidenza e la prevalenza di SC sono tutt’oggi in aumento, e la mortalità e le comorbidità ad esso correlate sono ancora rilevanti.
Visti gli elevati costi connessi allo SC, appare fondamentale un’adeguata stratificazione dei pazienti fin dal loro accesso in pronto soccorso, in modo da identificare fin da subito coloro che potrebbero avere un decorso clinico più lungo rispetto a coloro che potrebbero essere dimessi velocemente. Questo consentirebbe di ottimizzare la gestione del paziente, avere una comunicazione più efficace riguardo alla sua aspettativa di ricovero e ottimizzare le risorse a disposizione all’interno dell’Ospedale.
Il BNP è un marcatore efficace nella stratificazione della prognosi del paziente con SC acuto in quanto fornisce importanti informazioni sulla severità del quadro clinico di presentazione. Quindi, questo marcatore potrebbe fornire importanti informazioni anche sulla possibile durata del ricovero del paziente affetto da scompenso. Oltre al BNP, altri marcatori ematochimici o parametri antropometrici/vitali riscontrati al momento del ricovero hanno dimostrato un’associazione con la prognosi del paziente con SC acuto. Tra questi, sono da ricordare la creatininemia, i livelli di emoglobina, il valore di BMI (come possibile indicatore di uno stato cachettico), i valori di pressione arteriosa sistolica, la frequenza cardiaca e la presenza di comorbidità come il diabete mellito, la fibrillazione atriale o la broncopneumopatia cronica ostruttiva. Anche il rapporto neutrofili/linfociti (NLR) sembra essere candidato come un potenziale indicatore prognostico della mortalità nel paziente con SC acuto. Esso è un marker ematologico ampiamente disponibile poiché è di facile esecuzione e poco costoso. Per queste sue caratteristiche quindi, potrebbe rappresentare un parametro utile per la stratificazione della lunghezza del ricovero nel paziente presentatosi al pronto soccorso con SC acuto.
Con questa Tesi abbiamo valutato quali, degli indici comunemente associati alla prognosi dello SC, possano fornire informazioni significative circa la durata del ricovero nel paziente presentatosi al pronto soccorso con SC acuto. In particolare, la tesi si è soffermata maggiormente sull’accuratezza dei vari parametri della crasi ematica, in quanto tali parametri sono semplici da ricavare, largamente e rapidamente disponibili in tutti i reparti di emergenza-urgenza, economici e connessi con la prognosi del paziente.
Lo studio ha incluso i dati raccolti retrospettivamente di 83 pazienti ricoverati nel reparto di medicina d’emergenza-urgenza Universitaria (Direttore Prof. L. Ghiadoni) dell’Azienda ospedaliera universitaria pisana (AOUP) con diagnosi di SC acuto. I dati raccolti comprendevano non solo gli esami ematochimici ed emogasanalitici, ma anche informazioni relative alla terapia del paziente, alla frazione di eiezione (quando nota), alla classe funzionale NYHA, ed alla concomitante presenza di altre malattie che possano influire sulla prognosi. Le informazioni relative ai parametri ematochimici sono state raccolte comprendendo sia gli esami eseguiti in pronto soccorso, sia quelli eseguiti nel corso del ricovero.
I risultati dello studio hanno dimostrato come tra i parametri raccolti in pronto soccorso, elevati valori di neutrofili espressi in percentuale, NLR, il rapporto piastrine/linfociti (PLR), creatininemia, troponinemia e la diagnosi di insufficienza renale cronica fossero significativamente associati alla durata della degenza, mentre una relazione inversa era presente con il valore del pH e la percentuale dei linfociti all’esame emocromocitometrico. Attraverso curve ROC è stato possibile osservare come solamente i parametri NLR e PLR avessero una sensibilità e specificità sufficiente nell’identificare i pazienti con ricovero maggiore o minore ai 7 giorni. Inoltre, il cambiamento di questi parametri durante il ricovero risultava anch’esso associato alla durata della degenza, suggerendo che le loro modifiche possano anche fornire informazioni importanti relative alla risposta alla terapia dei pazienti ricoverati. Il NLR riscontrato al pronto soccorso non era associato né con i valori di proteina C-reattiva (PCR) né con il valore della procalcitonina, mentre risultava maggiore in soggetti con valori più elevati di lattati. Anche il PLR non risultava associato a parametri infettivi (procalcitonina) o infiammatori (PCR), mentre associazioni significative sono state riscontrate con i valori di troponinemia.
Questi risultati suggeriscono che i rapporti NLR e PLR potrebbero rappresentare un utile strumento per la rapida identificazione di quei pazienti a rischio di durata del ricovero più lunga e che quindi dovrebbero essere ricoverati immediatamente in corsie di lungodegenza anziché in corsie di medicina d’urgenza. I risultati inoltre forniscono informazioni sui possibili processi fisiopatologici alla base dell’aumento del NLR e del PLR. Infatti, l’associazione del NLR con il valore dei lattati suggerisce che l’incremento dei neutrofili possa essere dipendente dalla loro mobilizzazione periferica dovuta alla probabile iper-attivazione simpatica conseguente allo stato di ridotta perfusione dei tessuti periferici. Questa informazione potrebbe non essere adeguatamente catturata dalla frequenza cardiaca, dato che molti pazienti con SC assumono terapia con beta-bloccanti. Al contrario, la relazione del PLR con i valori di troponina potrebbe suggerire la capacità di questo parametro di identificare i soggetti con una propensione all’ipercoagulabilità, e quindi maggiormente a rischio di sofferenza ischemica del miocardio alla base dell’evento di SC acuto.
In conclusione, il messaggio più importante che emerge dai dati di questo studio è che il rapporto tra i vari elementi della crasi ematica potrebbe rappresentare metodo semplice, rapido e dalla sufficiente specificità e sensibilità per l’identificazione di quei soggetti a rischio di ricovero più lungo dovuto a SC acuto, potendoli quindi indirizzare verso percorsi assistenziali più consoni al loro quadro clinico. Questo eviterebbe il trasferimento dei pazienti da una corsia all’altra, riducendo il rischio di un eventuale errore medico (ad esempio dovuto ad errori nella mancata prescrizione di farmaci), la ripetizione di esami e garantendo al paziente un miglior percorso di cure.
morbilità a livello globale.
Negli ultimi decenni, soprattutto nei paesi Occidentali, si è assistito a un incremento della prevalenza e dell’incidenza di questa importante patologia. Questo dato è imputabile sia all’invecchiamento della popolazione, sia alla ridotta mortalità per cause cardiovascolari in favore della loro evoluzione in SC.
I ricoveri per SC e shock sono divenuti in Italia, già nel 2003, la seconda causa di ricovero dopo il parto. Inoltre, lo SC rappresenta attualmente la più importante causa di ospedalizzazione negli individui sopra i 65 anni.
Il miglioramento dell’efficacia delle terapie e la maggiore conoscenza dei meccanismi patogenetici responsabili dello sviluppo di SC, hanno avuto un importante impatto positivo sulla gestione del paziente e hanno permesso un miglioramento della sopravvivenza. Ciononostante, l’incidenza e la prevalenza di SC sono tutt’oggi in aumento, e la mortalità e le comorbidità ad esso correlate sono ancora rilevanti.
Visti gli elevati costi connessi allo SC, appare fondamentale un’adeguata stratificazione dei pazienti fin dal loro accesso in pronto soccorso, in modo da identificare fin da subito coloro che potrebbero avere un decorso clinico più lungo rispetto a coloro che potrebbero essere dimessi velocemente. Questo consentirebbe di ottimizzare la gestione del paziente, avere una comunicazione più efficace riguardo alla sua aspettativa di ricovero e ottimizzare le risorse a disposizione all’interno dell’Ospedale.
Il BNP è un marcatore efficace nella stratificazione della prognosi del paziente con SC acuto in quanto fornisce importanti informazioni sulla severità del quadro clinico di presentazione. Quindi, questo marcatore potrebbe fornire importanti informazioni anche sulla possibile durata del ricovero del paziente affetto da scompenso. Oltre al BNP, altri marcatori ematochimici o parametri antropometrici/vitali riscontrati al momento del ricovero hanno dimostrato un’associazione con la prognosi del paziente con SC acuto. Tra questi, sono da ricordare la creatininemia, i livelli di emoglobina, il valore di BMI (come possibile indicatore di uno stato cachettico), i valori di pressione arteriosa sistolica, la frequenza cardiaca e la presenza di comorbidità come il diabete mellito, la fibrillazione atriale o la broncopneumopatia cronica ostruttiva. Anche il rapporto neutrofili/linfociti (NLR) sembra essere candidato come un potenziale indicatore prognostico della mortalità nel paziente con SC acuto. Esso è un marker ematologico ampiamente disponibile poiché è di facile esecuzione e poco costoso. Per queste sue caratteristiche quindi, potrebbe rappresentare un parametro utile per la stratificazione della lunghezza del ricovero nel paziente presentatosi al pronto soccorso con SC acuto.
Con questa Tesi abbiamo valutato quali, degli indici comunemente associati alla prognosi dello SC, possano fornire informazioni significative circa la durata del ricovero nel paziente presentatosi al pronto soccorso con SC acuto. In particolare, la tesi si è soffermata maggiormente sull’accuratezza dei vari parametri della crasi ematica, in quanto tali parametri sono semplici da ricavare, largamente e rapidamente disponibili in tutti i reparti di emergenza-urgenza, economici e connessi con la prognosi del paziente.
Lo studio ha incluso i dati raccolti retrospettivamente di 83 pazienti ricoverati nel reparto di medicina d’emergenza-urgenza Universitaria (Direttore Prof. L. Ghiadoni) dell’Azienda ospedaliera universitaria pisana (AOUP) con diagnosi di SC acuto. I dati raccolti comprendevano non solo gli esami ematochimici ed emogasanalitici, ma anche informazioni relative alla terapia del paziente, alla frazione di eiezione (quando nota), alla classe funzionale NYHA, ed alla concomitante presenza di altre malattie che possano influire sulla prognosi. Le informazioni relative ai parametri ematochimici sono state raccolte comprendendo sia gli esami eseguiti in pronto soccorso, sia quelli eseguiti nel corso del ricovero.
I risultati dello studio hanno dimostrato come tra i parametri raccolti in pronto soccorso, elevati valori di neutrofili espressi in percentuale, NLR, il rapporto piastrine/linfociti (PLR), creatininemia, troponinemia e la diagnosi di insufficienza renale cronica fossero significativamente associati alla durata della degenza, mentre una relazione inversa era presente con il valore del pH e la percentuale dei linfociti all’esame emocromocitometrico. Attraverso curve ROC è stato possibile osservare come solamente i parametri NLR e PLR avessero una sensibilità e specificità sufficiente nell’identificare i pazienti con ricovero maggiore o minore ai 7 giorni. Inoltre, il cambiamento di questi parametri durante il ricovero risultava anch’esso associato alla durata della degenza, suggerendo che le loro modifiche possano anche fornire informazioni importanti relative alla risposta alla terapia dei pazienti ricoverati. Il NLR riscontrato al pronto soccorso non era associato né con i valori di proteina C-reattiva (PCR) né con il valore della procalcitonina, mentre risultava maggiore in soggetti con valori più elevati di lattati. Anche il PLR non risultava associato a parametri infettivi (procalcitonina) o infiammatori (PCR), mentre associazioni significative sono state riscontrate con i valori di troponinemia.
Questi risultati suggeriscono che i rapporti NLR e PLR potrebbero rappresentare un utile strumento per la rapida identificazione di quei pazienti a rischio di durata del ricovero più lunga e che quindi dovrebbero essere ricoverati immediatamente in corsie di lungodegenza anziché in corsie di medicina d’urgenza. I risultati inoltre forniscono informazioni sui possibili processi fisiopatologici alla base dell’aumento del NLR e del PLR. Infatti, l’associazione del NLR con il valore dei lattati suggerisce che l’incremento dei neutrofili possa essere dipendente dalla loro mobilizzazione periferica dovuta alla probabile iper-attivazione simpatica conseguente allo stato di ridotta perfusione dei tessuti periferici. Questa informazione potrebbe non essere adeguatamente catturata dalla frequenza cardiaca, dato che molti pazienti con SC assumono terapia con beta-bloccanti. Al contrario, la relazione del PLR con i valori di troponina potrebbe suggerire la capacità di questo parametro di identificare i soggetti con una propensione all’ipercoagulabilità, e quindi maggiormente a rischio di sofferenza ischemica del miocardio alla base dell’evento di SC acuto.
In conclusione, il messaggio più importante che emerge dai dati di questo studio è che il rapporto tra i vari elementi della crasi ematica potrebbe rappresentare metodo semplice, rapido e dalla sufficiente specificità e sensibilità per l’identificazione di quei soggetti a rischio di ricovero più lungo dovuto a SC acuto, potendoli quindi indirizzare verso percorsi assistenziali più consoni al loro quadro clinico. Questo eviterebbe il trasferimento dei pazienti da una corsia all’altra, riducendo il rischio di un eventuale errore medico (ad esempio dovuto ad errori nella mancata prescrizione di farmaci), la ripetizione di esami e garantendo al paziente un miglior percorso di cure.
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