Thesis etd-05052015-101552 |
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Thesis type
Tesi di specializzazione (5 anni)
Author
DEPETRINI, ELISABETTA
URN
etd-05052015-101552
Thesis title
RICERCA DEL DNA DI HPV ONCOGENI COME TEST PRIMARIO NELLO SCREENING DEL CARCINOMA CERVICO-VAGINALE
Department
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Course of study
PATOLOGIA CLINICA
Supervisors
relatore Dott. Mori, Marco
Keywords
- hpv
Graduation session start date
22/06/2015
Availability
Full
Summary
Il carcinoma della cervice uterina è attribuibile ad infezione da papilloma virus umano nei tipi ad alto rischio oncogeno (HR-HPV) praticamente nella totalità dei casi; la persistenza dell’infezione, inoltre, è necessaria per lo sviluppo delle lesioni intraepiteliali precancerose. Le evidenze a tale riguardo hanno portato il Ministero della Salute a raccomandare l’uso del test molecolare come test primario nello screening organizzato.
I test molecolari applicabili in un contesto di screening devono essere standardizzati, validati ed avere una sensibilità e una specificità clinica ottimali per lesioni di alto grado. Nello screening infatti la performance del test HR-HPV non deve essere misurata su una maggior capacità di individuare poche copie virali, cioè sistemi con elevata sensibilità analitica, ma sulla capacità di evidenziare le infezioni da HR-HPV clinicamente rilevanti. È di fondamentale importanza sottolineare che, in questo contesto, la ricerca di HR-HPV rappresenta un test di rischio oncogeno e che il sistema utilizzato deve essere in grado di individuare il gruppo di HPV ad alto rischio.
Per la validazione e introduzione di nuovi test HR-HPV in ambito di screening primario vengono pertanto recepite le indicazioni contenute in un articolo di C. Meijer, che stabilisce i criteri per la validazione di nuovi test consentendo il confronto del ‘nuovo test’ rispetto al “test validato”di riferimento (HC2.Quiagen)[63].
Il triage citologico rappresenta il punto fondamentale dell’algoritmo dello screening con test HR HPV come test di screening primario. Il triage, infatti, permette di riportare la specificità del test HR-HPV a livelli accettabili. Come test filtro, la citologia deve essere in grado di stratificare le pazienti HPV positive in pazienti a basso rischio di patologia, da inviare ad un controllo annuale, e pazienti ad alto rischio di patologia, da inviare subito a colposcopia.
Lo screening del tumore del collo dell’utero basato sul test per il virus HPV fornisce una protezione maggiore rispetto al Pap test.
Così conclude uno studio pubblicato su Lancet[64]che ha analizzato gli esiti di 4 trial randomizzati controllati condotti in Europa (Swedescreen-Svezia, POBASCAM-Paesi Bassi, ARTISTIC-Gran Betagna, NTCC-Italia) e mirati al confronto tra lo screening condotto mediante l’analisi del DNA (test HPV) e quello citologico (Pap test), che già avevano suggerito una maggiore efficacia del test HPV.
Lo studio di Lancet, ha approfondito le conclusioni dei 4 trial seguendo per 6,5 anni le circa 175.000 donne di età compresa tra 20 e 64 anni che avevano partecipato agli studi randomizzati. Lo scopo, indagare l’efficacia relativa dei due tipi di screening in termini di: capacità di prevenire cancri invasivi in donne che effettuano regolarmente test di screening; fattori (come l’età) che possono influenzare tale efficacia; durata della protezione.
L’analisi ha dimostrato che il test HPV è in grado di ridurre del 60-70% l’incidenza dei tumori invasivi del collo dell’utero rispetto al Pap test.
In base a questi risultati gli autori auspicano l’adozione dello screening con il test HPV a partire dall’età di 30 anni e l’estensione dell’intervallo di screening a 5 anni (contro i tre dello screening con Pap test).
L’efficacia dello screening condotto con HPV test risulta evidente anche dai dati della ASL2 Savonese (S.C. Anatomia Patologica) che mostrano una percentuale maggiore di lesione precancerose di alto grado rispetto al passato. Tale percentuale risulta anche maggiore di altri progetti pilota condotti in Italia.
La Detection Rate (DR), ovvero Il tasso di identificazione delle lesioni CIN2+ individuate su 1000 donne screenate e confermate istologicamente è stato per l’ASL2 Savonese di 7.8 ‰, maggiore rispetto ad altre realtà (Umbria 6.4‰, Firenze 5.6‰, Roma G 3.6‰, Abruzzo 4.8‰) probabilmente per effetto dell’assenza, fino ad ora, di screening organizzato. Anche il Valore Predittivo Positivo del Pap test di triage (VPP), ovvero la proporzione di donne con un test positivo che hanno una lesione di alto grado, risulta 19.2% maggiore rispetto alla media nazionale (15-16%).
Dai nostri dati, lo screening con test HPV sembra efficace anche per individuare gli adenocarcinomi invasivi; infatti il tasso grezzo di adenocarcinoma nella provincia di Savona è stato 12.1/100.000 e risulta superiore al dato presente in letteratura[65].
I risultati ottenuti con un’adesione del 47.5%, superiore alla media nazionale 41.5% (Survey ONS 2013), mostrano la maggior accettabilità da parte delle donne al nuovo test di screening.
Questi dati hanno portato la Regione Liguria a estendere il Progetto a tutta la Regione con centralizzazione nell’ASL2 Savonese.
I test molecolari applicabili in un contesto di screening devono essere standardizzati, validati ed avere una sensibilità e una specificità clinica ottimali per lesioni di alto grado. Nello screening infatti la performance del test HR-HPV non deve essere misurata su una maggior capacità di individuare poche copie virali, cioè sistemi con elevata sensibilità analitica, ma sulla capacità di evidenziare le infezioni da HR-HPV clinicamente rilevanti. È di fondamentale importanza sottolineare che, in questo contesto, la ricerca di HR-HPV rappresenta un test di rischio oncogeno e che il sistema utilizzato deve essere in grado di individuare il gruppo di HPV ad alto rischio.
Per la validazione e introduzione di nuovi test HR-HPV in ambito di screening primario vengono pertanto recepite le indicazioni contenute in un articolo di C. Meijer, che stabilisce i criteri per la validazione di nuovi test consentendo il confronto del ‘nuovo test’ rispetto al “test validato”di riferimento (HC2.Quiagen)[63].
Il triage citologico rappresenta il punto fondamentale dell’algoritmo dello screening con test HR HPV come test di screening primario. Il triage, infatti, permette di riportare la specificità del test HR-HPV a livelli accettabili. Come test filtro, la citologia deve essere in grado di stratificare le pazienti HPV positive in pazienti a basso rischio di patologia, da inviare ad un controllo annuale, e pazienti ad alto rischio di patologia, da inviare subito a colposcopia.
Lo screening del tumore del collo dell’utero basato sul test per il virus HPV fornisce una protezione maggiore rispetto al Pap test.
Così conclude uno studio pubblicato su Lancet[64]che ha analizzato gli esiti di 4 trial randomizzati controllati condotti in Europa (Swedescreen-Svezia, POBASCAM-Paesi Bassi, ARTISTIC-Gran Betagna, NTCC-Italia) e mirati al confronto tra lo screening condotto mediante l’analisi del DNA (test HPV) e quello citologico (Pap test), che già avevano suggerito una maggiore efficacia del test HPV.
Lo studio di Lancet, ha approfondito le conclusioni dei 4 trial seguendo per 6,5 anni le circa 175.000 donne di età compresa tra 20 e 64 anni che avevano partecipato agli studi randomizzati. Lo scopo, indagare l’efficacia relativa dei due tipi di screening in termini di: capacità di prevenire cancri invasivi in donne che effettuano regolarmente test di screening; fattori (come l’età) che possono influenzare tale efficacia; durata della protezione.
L’analisi ha dimostrato che il test HPV è in grado di ridurre del 60-70% l’incidenza dei tumori invasivi del collo dell’utero rispetto al Pap test.
In base a questi risultati gli autori auspicano l’adozione dello screening con il test HPV a partire dall’età di 30 anni e l’estensione dell’intervallo di screening a 5 anni (contro i tre dello screening con Pap test).
L’efficacia dello screening condotto con HPV test risulta evidente anche dai dati della ASL2 Savonese (S.C. Anatomia Patologica) che mostrano una percentuale maggiore di lesione precancerose di alto grado rispetto al passato. Tale percentuale risulta anche maggiore di altri progetti pilota condotti in Italia.
La Detection Rate (DR), ovvero Il tasso di identificazione delle lesioni CIN2+ individuate su 1000 donne screenate e confermate istologicamente è stato per l’ASL2 Savonese di 7.8 ‰, maggiore rispetto ad altre realtà (Umbria 6.4‰, Firenze 5.6‰, Roma G 3.6‰, Abruzzo 4.8‰) probabilmente per effetto dell’assenza, fino ad ora, di screening organizzato. Anche il Valore Predittivo Positivo del Pap test di triage (VPP), ovvero la proporzione di donne con un test positivo che hanno una lesione di alto grado, risulta 19.2% maggiore rispetto alla media nazionale (15-16%).
Dai nostri dati, lo screening con test HPV sembra efficace anche per individuare gli adenocarcinomi invasivi; infatti il tasso grezzo di adenocarcinoma nella provincia di Savona è stato 12.1/100.000 e risulta superiore al dato presente in letteratura[65].
I risultati ottenuti con un’adesione del 47.5%, superiore alla media nazionale 41.5% (Survey ONS 2013), mostrano la maggior accettabilità da parte delle donne al nuovo test di screening.
Questi dati hanno portato la Regione Liguria a estendere il Progetto a tutta la Regione con centralizzazione nell’ASL2 Savonese.
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