Thesis etd-03102019-201537 |
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Thesis type
Tesi di specializzazione (5 anni)
Author
SERGIAMPIETRI, CLAUDIA
URN
etd-03102019-201537
Thesis title
Parto vaginale con ventosa ostetrica e rischio clinico: studio longitudinale, prospettico e multicentrico
Department
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Course of study
GINECOLOGIA E OSTETRICIA
Supervisors
relatore Prof. Simoncini, Tommaso
correlatore Dott. Ragusa, Franco Antonio
correlatore Dott. Ragusa, Franco Antonio
Keywords
- cardiotocografia
- esiti sui neonati
- lacerazioni vaginali
- parto operativo
- parto vaginale con ventosa ostetrica
- rischio clinico
Graduation session start date
26/03/2019
Availability
Withheld
Release date
26/03/2089
Summary
Introduzione. Sebbene il parto operativo sia entrato nella comune pratica clinica e le complicanze che ne derivano si verifichino in relativamente pochi casi, tale procedura è pur sempre una pratica clinica che comporta rischi importanti sia sul versante neonatale che materno. Il tasso di parto vaginale assistito è differente da paese a paese. Attualmente si attesta intorno al 10-15% negli USA; nel Regno Unito negli ultimi anni le percentuali hanno oscillato tra il 10 e il 13%. Mentre negli USA si osserva una relazione lineare inversa tra il ricorso al parto operativo e il taglio cesareo, in Italia il ricorso alle tecniche di operatività vaginale è storicamente molto meno frequente. Il dato Istat Nazionale, relativo al 2013, riporta un 4,8% di ricorso al parto operativo vaginale.
Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare se esiste una correlazione tra i parametri semeiotici ed ecografici diagnostici e gli esiti del parto; aumentare le conoscenze sui rischi correlati all'esecuzione del parto operativo vaginale al fine di standardizzare la sua tecnica di esecuzione; valutare determinate variabili (ad esempio il tempo totale del secondo stadio o la presenza di una fase di transizione) e correlarle agli esiti neonatali e materni; analizzare le pazienti con episiotomie e lacerazioni di vario grado e valutare se l'episiotomia possa essere considerata protettiva o non protettiva nei confronti delle gravi lacerazioni perineali; valutare l’appropriatezza delle indicazioni al parto operativo; migliorare la documentazione relativa al parto operativo.
Materiali e Metodi. Abbiamo condotto uno studio osservazionale, prospettico e multicentrico, che ha coinvolto gli Ospedali di Pisa, Massa-Carrara e Prato. Sono state arruolate pazienti che hanno afferito ai reparti di Ginecologia ed Ostetricia dei suddetti Ospedali tra Aprile 2017 e Gennaio 2019 e che hanno necessitano dell’applicazione di ventosa ostetrica per l’espletamento del parto. Sono state reclutate pazienti in gravidanza ad epoca gestazionale ≥ 36 settimane, nullipare e pluripare, con gravidanza singola e feto in presentazione cefalica, in travaglio spontaneo o indotto. Sono stati analizzati i dati relativi alle pazienti registrati in una apposita scheda di raccolta dati compilata dai medici che hanno deciso di eseguire il parto operativo.
Nel corso di riunioni periodiche, una commissione costituita da 6 membri ha valutato l’adeguatezza dell’indicazione al parto operativo.
Risultati. Abbiamo reclutato un totale di 468 donne, di cui 466 eleggibili. Le indicazioni al parto operativo vaginale mediante applicazione di ventosa sono state: alterazione CTG tipo II in 242 casi (51,9%), alterazione CTG tipo III in 11 casi (2,4%), indicazione elettiva al raccorciamento del secondo stadio in 7 casi (1,5%), esaurimento delle forze materne in 83 casi (17,8%) e arresto della progressione della parte presentata in 123 casi (26,4%). Delle 466 pazienti arruolate, in 189 casi (40,6%) è stata eseguita un'ecografia per la valutazione della posizione della parte presentata. E' stata dimostrata una eccellente concordanza tra la posizione della parte presentata alla visita e alla ecografia (Kappa di Cohen=0,9). L'espletamento del parto per via vaginale è fallito in 17/466 pazienti (3,6%), che quindi sono state sottoposte a taglio cesareo. La presenza di episiotomia è associata ad una incidenza minore di lacerazioni vaginali (p=0,0001). La durata del secondo stadio del travaglio non modifica i valori di pH arterioso nè l'incidenza di lacerazioni vagino-perineali (p>0,05). Abbiamo rilevato dalla analisi dei nostri dati che la presenza di una fase di transizione non influenza l'outcome neonatale (p>0,05) ma è associata ad una incidenza maggiore di lacerazioni vaginali di grado severo (p=0,020). Su 242 (52%) ventose applicate per alterazione del CTG (tipo II), 72 (29,8%) sono risultate adeguate, 63 (26%) inadeguate, 107 (44,2%) illeggibili; mentre nelle 11 (2,4%) ventose applicate per alterazione CTG (tipo III) , 1 (9%) è risultata adeguata, 3 (27,3%) inadeguate, 7 (63,7%) illeggibili. Nel caso di indicazione elettiva al raccorciamento del secondo stadio sono state applicate 7 (1,5%) ventose, di cui 3 (42,8%) adeguate e 4 (57,2%) inadeguate.
Per quanto riguarda le 123 (26,4%) ventose posizionate per arresto di progressione della parte presentata, 61 (49,6%) sono risultate adeguate mentre 62 (50,4%) inadeguate.
Discussione. Questo studio conferma quanto già evidenziato da altri autori relativamente all'effetto protettivo della episiotomia sulle gravi lacerazioni perineali in seguito a parto con ventosa. Si avvalora anche l'ipotesi che un tempo prolungato del secondo stadio non impatti negativamente sull'outcome neonatale e materno; non siamo riusciti invece a prendere una posizione circa la fase di transizione, riteniamo che la scelta debba essere individualizzata e condivisa con la paziente. Dall'analisi dei nostri dati abbiamo raggiunto la medesima conclusione della attuale letteratura circa la migliore metodica per effettuare la stima di peso; infatti non è stata trovata una differenza statisticamente significativa di affidabilità tra la stima anamnestica, ecografica e manuale. Dalla rielaborazione dei nostri dati è emerso un fenomeno molto interessante circa l'appropriatezza delle indicazioni al parto operativo: le percentuali di adeguatezza sono molto basse sia nel caso di ventose applicate per alterazione della cardiotocografia che per ritardo o arresto di progressione della parte presentata, sia nel caso di indicazione elettiva al raccorciamento del secondo stadio. Un aspetto interessante è che circa la metà dei parti operativi per alterazione della cardiotocografia sono stati decisi sulla base di tracciati cardiotocografici illeggibili. Abbiamo definito quindi questo atteggiamento una euristica, ovvero una soluzione dei problemi che non segue un chiaro percorso logico, ma che si affida all'intuito e allo stato temporaneo delle circostanze.
Conclusioni. In conclusione, questo lavoro ha permesso una accurata analisi dei dati relativi a pazienti sottoposte a parto operativo ed ha permesso di discutere diversi aspetti per cui la letteratura non ha tutt'oggi un parere unanime. Ciò che sicuramente aggiunge alla attuale letteratura è che l'adeguatezza delle indicazioni al parto operativo è estremamente bassa, confermando come gli operatori spesso agiscano prima di aver realmente compreso ciò che sta succedendo. Ci proponiamo inoltre di proseguire il nostro studio per riuscire a creare una sorta di check-list che il medico dovrà compilare prima di avventurarsi in un parto operativo, al fine di diminuire gli eventi sfavorevoli e di rendere le azioni il più possibile adeguate.
Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare se esiste una correlazione tra i parametri semeiotici ed ecografici diagnostici e gli esiti del parto; aumentare le conoscenze sui rischi correlati all'esecuzione del parto operativo vaginale al fine di standardizzare la sua tecnica di esecuzione; valutare determinate variabili (ad esempio il tempo totale del secondo stadio o la presenza di una fase di transizione) e correlarle agli esiti neonatali e materni; analizzare le pazienti con episiotomie e lacerazioni di vario grado e valutare se l'episiotomia possa essere considerata protettiva o non protettiva nei confronti delle gravi lacerazioni perineali; valutare l’appropriatezza delle indicazioni al parto operativo; migliorare la documentazione relativa al parto operativo.
Materiali e Metodi. Abbiamo condotto uno studio osservazionale, prospettico e multicentrico, che ha coinvolto gli Ospedali di Pisa, Massa-Carrara e Prato. Sono state arruolate pazienti che hanno afferito ai reparti di Ginecologia ed Ostetricia dei suddetti Ospedali tra Aprile 2017 e Gennaio 2019 e che hanno necessitano dell’applicazione di ventosa ostetrica per l’espletamento del parto. Sono state reclutate pazienti in gravidanza ad epoca gestazionale ≥ 36 settimane, nullipare e pluripare, con gravidanza singola e feto in presentazione cefalica, in travaglio spontaneo o indotto. Sono stati analizzati i dati relativi alle pazienti registrati in una apposita scheda di raccolta dati compilata dai medici che hanno deciso di eseguire il parto operativo.
Nel corso di riunioni periodiche, una commissione costituita da 6 membri ha valutato l’adeguatezza dell’indicazione al parto operativo.
Risultati. Abbiamo reclutato un totale di 468 donne, di cui 466 eleggibili. Le indicazioni al parto operativo vaginale mediante applicazione di ventosa sono state: alterazione CTG tipo II in 242 casi (51,9%), alterazione CTG tipo III in 11 casi (2,4%), indicazione elettiva al raccorciamento del secondo stadio in 7 casi (1,5%), esaurimento delle forze materne in 83 casi (17,8%) e arresto della progressione della parte presentata in 123 casi (26,4%). Delle 466 pazienti arruolate, in 189 casi (40,6%) è stata eseguita un'ecografia per la valutazione della posizione della parte presentata. E' stata dimostrata una eccellente concordanza tra la posizione della parte presentata alla visita e alla ecografia (Kappa di Cohen=0,9). L'espletamento del parto per via vaginale è fallito in 17/466 pazienti (3,6%), che quindi sono state sottoposte a taglio cesareo. La presenza di episiotomia è associata ad una incidenza minore di lacerazioni vaginali (p=0,0001). La durata del secondo stadio del travaglio non modifica i valori di pH arterioso nè l'incidenza di lacerazioni vagino-perineali (p>0,05). Abbiamo rilevato dalla analisi dei nostri dati che la presenza di una fase di transizione non influenza l'outcome neonatale (p>0,05) ma è associata ad una incidenza maggiore di lacerazioni vaginali di grado severo (p=0,020). Su 242 (52%) ventose applicate per alterazione del CTG (tipo II), 72 (29,8%) sono risultate adeguate, 63 (26%) inadeguate, 107 (44,2%) illeggibili; mentre nelle 11 (2,4%) ventose applicate per alterazione CTG (tipo III) , 1 (9%) è risultata adeguata, 3 (27,3%) inadeguate, 7 (63,7%) illeggibili. Nel caso di indicazione elettiva al raccorciamento del secondo stadio sono state applicate 7 (1,5%) ventose, di cui 3 (42,8%) adeguate e 4 (57,2%) inadeguate.
Per quanto riguarda le 123 (26,4%) ventose posizionate per arresto di progressione della parte presentata, 61 (49,6%) sono risultate adeguate mentre 62 (50,4%) inadeguate.
Discussione. Questo studio conferma quanto già evidenziato da altri autori relativamente all'effetto protettivo della episiotomia sulle gravi lacerazioni perineali in seguito a parto con ventosa. Si avvalora anche l'ipotesi che un tempo prolungato del secondo stadio non impatti negativamente sull'outcome neonatale e materno; non siamo riusciti invece a prendere una posizione circa la fase di transizione, riteniamo che la scelta debba essere individualizzata e condivisa con la paziente. Dall'analisi dei nostri dati abbiamo raggiunto la medesima conclusione della attuale letteratura circa la migliore metodica per effettuare la stima di peso; infatti non è stata trovata una differenza statisticamente significativa di affidabilità tra la stima anamnestica, ecografica e manuale. Dalla rielaborazione dei nostri dati è emerso un fenomeno molto interessante circa l'appropriatezza delle indicazioni al parto operativo: le percentuali di adeguatezza sono molto basse sia nel caso di ventose applicate per alterazione della cardiotocografia che per ritardo o arresto di progressione della parte presentata, sia nel caso di indicazione elettiva al raccorciamento del secondo stadio. Un aspetto interessante è che circa la metà dei parti operativi per alterazione della cardiotocografia sono stati decisi sulla base di tracciati cardiotocografici illeggibili. Abbiamo definito quindi questo atteggiamento una euristica, ovvero una soluzione dei problemi che non segue un chiaro percorso logico, ma che si affida all'intuito e allo stato temporaneo delle circostanze.
Conclusioni. In conclusione, questo lavoro ha permesso una accurata analisi dei dati relativi a pazienti sottoposte a parto operativo ed ha permesso di discutere diversi aspetti per cui la letteratura non ha tutt'oggi un parere unanime. Ciò che sicuramente aggiunge alla attuale letteratura è che l'adeguatezza delle indicazioni al parto operativo è estremamente bassa, confermando come gli operatori spesso agiscano prima di aver realmente compreso ciò che sta succedendo. Ci proponiamo inoltre di proseguire il nostro studio per riuscire a creare una sorta di check-list che il medico dovrà compilare prima di avventurarsi in un parto operativo, al fine di diminuire gli eventi sfavorevoli e di rendere le azioni il più possibile adeguate.
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