Thesis etd-02192018-214510 |
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Thesis type
Tesi di laurea magistrale LM6
Author
MASSA, VALENTINA
URN
etd-02192018-214510
Thesis title
Valutazione di fattori clinico-patologici prognostici in pazienti con carcinoma pancreatico localmente avanzato trattati con chemioterapia primaria con FOLFOXIRI e sottoposti a resezione chirurgica
Department
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Course of study
MEDICINA E CHIRURGIA
Supervisors
relatore Prof. Falcone, Alfredo
Keywords
- adenocarcinoma pancreatico
- fattori prognostici
- FOLFOXIRI
Graduation session start date
13/03/2018
Availability
Full
Summary
Il carcinoma pancreatico costituisce la settima causa di morte per tumore nel mondo, con incidenza in continua e progressiva crescita. È una neoplasia ad elevata letalità, con un tasso di sopravvivenza a 5 anni pari all’8-10%: la prognosi infausta della malattia è da ricondurre alla sua aggressività biologica e alla diagnosi spesso eseguita tardivamente. La chirurgia rappresenta l’unica opzione potenzialmente curativa, tuttavia solo il 20% dei pazienti affetti da carcinoma pancreatico presenta alla diagnosi una malattia resecabile. Nel 45-50% dei casi i pazienti presentano metastasi alla diagnosi, mentre nel 30% dei casi rientrano nel quadro di una malattia localmente avanzata (LAPC) o borderline resectable (BRPC).
La definizione di LAPC e BRPC è stabilita sulla base del coinvolgimento dei vasi peripancreatici, in accordo con i criteri NCCN (National Comprehensive Cancer Network) versione 2.2017. Sebbene il trattamento ottimale per questi stadi di malattia non sia stato ancora identificato in maniera univoca, la tendenza attuale è di impiegare una chemioterapia primaria, rivalutando il paziente ed eventualmente inviandolo a resezione chirurgica. Il regime farmacologico più studiato in questo ambito è la tripletta di chemioterapia con 5-Fluorouracile/Acido Folinico, Irinotecan e Oxaliplatino (detta FOLFIRINOX o FOLFOXIRI). La somministrazione di una terapia neoadiuvante consentirebbe di controllare la malattia micrometastatica, oltre ad aumentare il tasso di resecabilità e di resezioni radicali. Inoltre, permetterebbe di selezionare i pazienti in grado di ottenere un reale beneficio dalla resezione chirurgica escludendo i pazienti che progrediscono nel corso del trattamento primario.
La possibilità di disporre di fattori prognostici e predittivi di risposta alla chemioterapia neoadiuvante consentirebbe di scegliere il miglior iter terapeutico per ciascun paziente, in vista di una terapia sempre più personalizzata. Attualmente la valutazione di resecabilità viene effettuata in ambito multidisciplinare, sulla base di immagini radiologiche che, tuttavia, non sono in grado di distinguere la reazione fibrotica post-terapia dal tumore primitivo e di evidenziare metastasi peritoneali ed epatiche di dimensioni inferiori alla sensibilità dello strumento. Recenti studi hanno valutato il ruolo di diversi fattori, sia clinici (performance status, valore basale e variazione percentuale del CA19-9) che istopatologici (numero di linfonodi metastatici, rapporto tra questi e i linfonodi asportati, stato dei margini di resezione, grado di regressione tumorale o TRG).
Il nostro studio si inserisce in questo background, ponendosi l’obiettivo di valutare la correlazione tra alcuni fattori clinici ed istopatologici e le variabili di sopravvivenza, PFS (sopravvivenza libera da progressione) e OS (sopravvivenza globale). I fattori clinici presi in esame nel nostro studio sono distinguibili in basali (età, sesso, ECOG PS, stadio, grading preoperatorio, sede del tumore primitivo e valore basale del CA19-9) e correlati al trattamento (risposta RECIST, variazione percentuale del CA19-9 dopo chemioterapia primaria e resezione chirurgica). Invece, i fattori istopatologici esaminati sono stati l’istotipo, il grading, gli stadi T ed N post-trattamento primario (ypT e ypN), l’infiltrazione del margine di resezione, della vena e arteria mesenteriche superiori, l’infiltrato infiammatorio perighiandolare ed i TRG secondo CAP, MDACC, EVANS, DWORAK e HARTMANN.
Sono stati individuati retrospettivamente 77 pazienti consecutivi con diagnosi di carcinoma pancreatico localmente avanzato ed ECOG PS 0-1, trattati presso il Polo Oncologico pisano, dal 2010 al 2017, con FOLFOXIRI.
I pazienti sono stati rivalutati ad intervalli periodici mediante esame TC e/o RM al fine di valutare la risposta obiettiva di malattia (in accordo con i criteri RECIST). Sul totale dei soggetti inclusi, 39 sono andati incontro a resezione chirurgica. La valutazione dei fattori clinici è stata effettuata sia sull’intera popolazione in studio sia su 37 dei 39 pazienti resecati; i fattori istopatologici sono stati valutati in 29 soggetti, per i quali era disponibile un esame patologico sufficientemente accurato per i parametri esaminati nella nostra analisi.
Alla rivalutazione, nel 9,1% dei pazienti è stata evidenziata progressione di malattia (PD), nel 35,1% risposta parziale (RP) e nel 55,8% stabilità di malattia (SD). Per quanto riguarda il profilo di tollerabilità, nel complesso FOLFOXIRI si è confermato un regime polichemioterapico sicuro e ben tollerato: non sono state registrate morti tossiche e le reazioni avverse che si sono verificate con maggior frequenza sono state la neutropenia di grado G3-G4 (42,9%) e le tossicità gastrointestinali di grado 1-2, come nausea (67,5%), vomito (36,4%) e diarrea (50,6%).
La sopravvivenza mediana libera da progressione di malattia (PFS) è risultata di 11,9 mesi; la sopravvivenza globale mediana (OS) è stata di 17,6 mesi.
Per quanto riguarda la PFS, dall’analisi univariata sulla popolazione totale sono emersi come fattori clinici associati ad una differenza statisticamente significativa nella sopravvivenza la resezione chirurgica (p < 0,0001; 16,0 mesi nei resecati vs 8,2 mesi nei non resecati) e la variazione percentuale del valore di CA19-9 (p = 0,004; 14,5 mesi in caso di riduzione del CA19-9 superiore al 50% vs 9,4 mesi in caso di riduzione inferiore al 50%). All’analisi multivariata in funzione della PFS, solo la resezione chirurgica si è rivelata fattore prognostico indipendente (p = 0,029).
All’analisi univariata in funzione dell’OS sono risultati correlati alla prognosi la resezione chirurgica (p = 0,0002; 23,5 mesi vs 13,9 mesi), la variazione percentuale dei valori di CA19-9 (p = 0,001; 24,6 mesi vs 12,7 mesi) e l’ECOG PS (p = 0,014; 19,3 mesi in caso di PS 0 vs 10,1 mesi in caso di PS 1). All’analisi multivariata sia la variazione percentuale del CA19-9 (p = 0,003) che l’ECOG PS (p = 0,026) si sono rivelati fattori prognostici indipendenti per la sopravvivenza globale. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni nei pazienti resecati è stato del 17% (sovrapponibile al dato nei soggetti resecati upfront), mentre è stato nullo nei pazienti non sottoposti a chirurgia.
Nell’analisi univariata per i fattori clinici, effettuata sui 37 soggetti resecati, nessuno di questi è risultato correlato in modo statisticamente significativo con l’outcome dei pazienti né in termini di PFS che di OS.
Su 29 dei 39 pazienti resecati è stata eseguita l’analisi univariata per i fattori istopatologici, dei quali sono risultati correlati in maniera significativa con la PFS solo l’istotipo tumorale (p = 0,027; 15,5 mesi adenocarcinoma duttale vs 12,5 mesi adenocarcinoma su IPMN vs 9,0 mesi carcinoma adenosquamoso), il TRG DWORAK classico (p = 0,031; grado 0, 11 mesi vs grado 1, 13,4 mesi vs grado 2, 25,9 mesi vs grado 3, 11 mesi) e raggruppato (p = 0,028; grado 0-1, 13,4 mesi vs grado 2-3, 25,9 mesi); con l’OS sono risultati correlati l’istotipo (p = 0,019; 23,7 mesi vs 17,6 mesi vs 11,9 mesi), il grading (p = 0,004; 23,7 mesi in G2 vs 19,8 mesi in G3) e il TRG DWORAK (p = 0,016; grado 0, 14,5 mesi vs grado 1, 19,8 mesi vs grado 3, 11,6 mesi). In questo subset di pazienti la PFS mediana è risultata di 13,8 mesi e l’OS mediana di 20,8 mesi, in linea con i valori di PFS ed OS dell’intera popolazione dello studio.
Pur non avendo identificato fattori predittivi individuabili basalmente (eccezion fatta per il performance status), la riduzione percentuale del CA19-9 si è confermata un parametro utile nella scelta dell’iter terapeutico ottimale: un decremento minore del 50% del suo valore basale potrebbe indurre il clinico a sconsigliare la resezione chirurgica.
Invece, la valutazione del grado di regressione tumorale (TRG) post-chemioterapia potrebbe essere utilizzata per valutare la possibilità di impiegare nei pazienti che ottengono minor risposta un ulteriore trattamento post-operatorio chemioterapico o chemio-radioterapico, per provare a migliorarne la prognosi. Sarebbe inoltre interessante valutare se il grado di regressione patologica possa essere similare in pazienti trattati con regimi chemioterapici differenti (es. Gemcitabina+Nab-Paclitaxel), ma soprattutto se siano ottenibili informazioni clinico-radiologiche preoperatorie (ad esempio da esami PET o RMN) che possano predire la risposta patologica.
La resezione chirurgica sembra avere un impatto prognostico positivo sulla sopravvivenza; è necessario comunque sottolineare la probabile esistenza di un bias di selezione, essendo stati sottoposti a chirurgia i pazienti che avevano risposto meglio alla chemioterapia primaria, probabilmente per via di una malattia più chemiosensibile e meno aggressiva dal punto di vista biologico. Al fine di ridurre tale bias abbiamo effettuato l’analisi della sopravvivenza in funzione della chirurgia escludendo i pazienti andati incontro a progressione nel corso della terapia primaria.
I risultati ottenuti devono essere comunque interpretati tenendo conto dei limiti della nostra analisi, ovvero la sua retrospettività (sebbene siano stati inclusi tutti i pazienti consecutivi trattati nel periodo di analisi che rispettassero i criteri di inclusione) e la difficile riproducibilità della valutazione della risposta patologica con gli score utilizzati. A questo proposito è in corso una revisione in cieco delle risposte patologiche da parte di un anatomo-patologo indipendente per valutare la concordanza con i risultati ottenuti e quindi la riproducibilità del test.
L’importanza del nostro studio risiede nel fatto che i fattori clinici e patologici prognostici sono stati valutati in una popolazione di pazienti omogenea dal punto di vista del trattamento primario; inoltre, a differenza degli studi precedentemente eseguiti, è stato impiegato un regime chemioterapico dalla comprovata attività, il FOLFOXIRI. Infine, i nostri pazienti non sono stati sottoposti a radio-chemioterapia preoperatoria, caratteristica che rende più attendibile la valutazione del TRG, in quanto la RCT determina lo sviluppo di un’estesa reazione fibrotica responsabile di una difficoltosa interpretazione della risposta tumorale.
La definizione di LAPC e BRPC è stabilita sulla base del coinvolgimento dei vasi peripancreatici, in accordo con i criteri NCCN (National Comprehensive Cancer Network) versione 2.2017. Sebbene il trattamento ottimale per questi stadi di malattia non sia stato ancora identificato in maniera univoca, la tendenza attuale è di impiegare una chemioterapia primaria, rivalutando il paziente ed eventualmente inviandolo a resezione chirurgica. Il regime farmacologico più studiato in questo ambito è la tripletta di chemioterapia con 5-Fluorouracile/Acido Folinico, Irinotecan e Oxaliplatino (detta FOLFIRINOX o FOLFOXIRI). La somministrazione di una terapia neoadiuvante consentirebbe di controllare la malattia micrometastatica, oltre ad aumentare il tasso di resecabilità e di resezioni radicali. Inoltre, permetterebbe di selezionare i pazienti in grado di ottenere un reale beneficio dalla resezione chirurgica escludendo i pazienti che progrediscono nel corso del trattamento primario.
La possibilità di disporre di fattori prognostici e predittivi di risposta alla chemioterapia neoadiuvante consentirebbe di scegliere il miglior iter terapeutico per ciascun paziente, in vista di una terapia sempre più personalizzata. Attualmente la valutazione di resecabilità viene effettuata in ambito multidisciplinare, sulla base di immagini radiologiche che, tuttavia, non sono in grado di distinguere la reazione fibrotica post-terapia dal tumore primitivo e di evidenziare metastasi peritoneali ed epatiche di dimensioni inferiori alla sensibilità dello strumento. Recenti studi hanno valutato il ruolo di diversi fattori, sia clinici (performance status, valore basale e variazione percentuale del CA19-9) che istopatologici (numero di linfonodi metastatici, rapporto tra questi e i linfonodi asportati, stato dei margini di resezione, grado di regressione tumorale o TRG).
Il nostro studio si inserisce in questo background, ponendosi l’obiettivo di valutare la correlazione tra alcuni fattori clinici ed istopatologici e le variabili di sopravvivenza, PFS (sopravvivenza libera da progressione) e OS (sopravvivenza globale). I fattori clinici presi in esame nel nostro studio sono distinguibili in basali (età, sesso, ECOG PS, stadio, grading preoperatorio, sede del tumore primitivo e valore basale del CA19-9) e correlati al trattamento (risposta RECIST, variazione percentuale del CA19-9 dopo chemioterapia primaria e resezione chirurgica). Invece, i fattori istopatologici esaminati sono stati l’istotipo, il grading, gli stadi T ed N post-trattamento primario (ypT e ypN), l’infiltrazione del margine di resezione, della vena e arteria mesenteriche superiori, l’infiltrato infiammatorio perighiandolare ed i TRG secondo CAP, MDACC, EVANS, DWORAK e HARTMANN.
Sono stati individuati retrospettivamente 77 pazienti consecutivi con diagnosi di carcinoma pancreatico localmente avanzato ed ECOG PS 0-1, trattati presso il Polo Oncologico pisano, dal 2010 al 2017, con FOLFOXIRI.
I pazienti sono stati rivalutati ad intervalli periodici mediante esame TC e/o RM al fine di valutare la risposta obiettiva di malattia (in accordo con i criteri RECIST). Sul totale dei soggetti inclusi, 39 sono andati incontro a resezione chirurgica. La valutazione dei fattori clinici è stata effettuata sia sull’intera popolazione in studio sia su 37 dei 39 pazienti resecati; i fattori istopatologici sono stati valutati in 29 soggetti, per i quali era disponibile un esame patologico sufficientemente accurato per i parametri esaminati nella nostra analisi.
Alla rivalutazione, nel 9,1% dei pazienti è stata evidenziata progressione di malattia (PD), nel 35,1% risposta parziale (RP) e nel 55,8% stabilità di malattia (SD). Per quanto riguarda il profilo di tollerabilità, nel complesso FOLFOXIRI si è confermato un regime polichemioterapico sicuro e ben tollerato: non sono state registrate morti tossiche e le reazioni avverse che si sono verificate con maggior frequenza sono state la neutropenia di grado G3-G4 (42,9%) e le tossicità gastrointestinali di grado 1-2, come nausea (67,5%), vomito (36,4%) e diarrea (50,6%).
La sopravvivenza mediana libera da progressione di malattia (PFS) è risultata di 11,9 mesi; la sopravvivenza globale mediana (OS) è stata di 17,6 mesi.
Per quanto riguarda la PFS, dall’analisi univariata sulla popolazione totale sono emersi come fattori clinici associati ad una differenza statisticamente significativa nella sopravvivenza la resezione chirurgica (p < 0,0001; 16,0 mesi nei resecati vs 8,2 mesi nei non resecati) e la variazione percentuale del valore di CA19-9 (p = 0,004; 14,5 mesi in caso di riduzione del CA19-9 superiore al 50% vs 9,4 mesi in caso di riduzione inferiore al 50%). All’analisi multivariata in funzione della PFS, solo la resezione chirurgica si è rivelata fattore prognostico indipendente (p = 0,029).
All’analisi univariata in funzione dell’OS sono risultati correlati alla prognosi la resezione chirurgica (p = 0,0002; 23,5 mesi vs 13,9 mesi), la variazione percentuale dei valori di CA19-9 (p = 0,001; 24,6 mesi vs 12,7 mesi) e l’ECOG PS (p = 0,014; 19,3 mesi in caso di PS 0 vs 10,1 mesi in caso di PS 1). All’analisi multivariata sia la variazione percentuale del CA19-9 (p = 0,003) che l’ECOG PS (p = 0,026) si sono rivelati fattori prognostici indipendenti per la sopravvivenza globale. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni nei pazienti resecati è stato del 17% (sovrapponibile al dato nei soggetti resecati upfront), mentre è stato nullo nei pazienti non sottoposti a chirurgia.
Nell’analisi univariata per i fattori clinici, effettuata sui 37 soggetti resecati, nessuno di questi è risultato correlato in modo statisticamente significativo con l’outcome dei pazienti né in termini di PFS che di OS.
Su 29 dei 39 pazienti resecati è stata eseguita l’analisi univariata per i fattori istopatologici, dei quali sono risultati correlati in maniera significativa con la PFS solo l’istotipo tumorale (p = 0,027; 15,5 mesi adenocarcinoma duttale vs 12,5 mesi adenocarcinoma su IPMN vs 9,0 mesi carcinoma adenosquamoso), il TRG DWORAK classico (p = 0,031; grado 0, 11 mesi vs grado 1, 13,4 mesi vs grado 2, 25,9 mesi vs grado 3, 11 mesi) e raggruppato (p = 0,028; grado 0-1, 13,4 mesi vs grado 2-3, 25,9 mesi); con l’OS sono risultati correlati l’istotipo (p = 0,019; 23,7 mesi vs 17,6 mesi vs 11,9 mesi), il grading (p = 0,004; 23,7 mesi in G2 vs 19,8 mesi in G3) e il TRG DWORAK (p = 0,016; grado 0, 14,5 mesi vs grado 1, 19,8 mesi vs grado 3, 11,6 mesi). In questo subset di pazienti la PFS mediana è risultata di 13,8 mesi e l’OS mediana di 20,8 mesi, in linea con i valori di PFS ed OS dell’intera popolazione dello studio.
Pur non avendo identificato fattori predittivi individuabili basalmente (eccezion fatta per il performance status), la riduzione percentuale del CA19-9 si è confermata un parametro utile nella scelta dell’iter terapeutico ottimale: un decremento minore del 50% del suo valore basale potrebbe indurre il clinico a sconsigliare la resezione chirurgica.
Invece, la valutazione del grado di regressione tumorale (TRG) post-chemioterapia potrebbe essere utilizzata per valutare la possibilità di impiegare nei pazienti che ottengono minor risposta un ulteriore trattamento post-operatorio chemioterapico o chemio-radioterapico, per provare a migliorarne la prognosi. Sarebbe inoltre interessante valutare se il grado di regressione patologica possa essere similare in pazienti trattati con regimi chemioterapici differenti (es. Gemcitabina+Nab-Paclitaxel), ma soprattutto se siano ottenibili informazioni clinico-radiologiche preoperatorie (ad esempio da esami PET o RMN) che possano predire la risposta patologica.
La resezione chirurgica sembra avere un impatto prognostico positivo sulla sopravvivenza; è necessario comunque sottolineare la probabile esistenza di un bias di selezione, essendo stati sottoposti a chirurgia i pazienti che avevano risposto meglio alla chemioterapia primaria, probabilmente per via di una malattia più chemiosensibile e meno aggressiva dal punto di vista biologico. Al fine di ridurre tale bias abbiamo effettuato l’analisi della sopravvivenza in funzione della chirurgia escludendo i pazienti andati incontro a progressione nel corso della terapia primaria.
I risultati ottenuti devono essere comunque interpretati tenendo conto dei limiti della nostra analisi, ovvero la sua retrospettività (sebbene siano stati inclusi tutti i pazienti consecutivi trattati nel periodo di analisi che rispettassero i criteri di inclusione) e la difficile riproducibilità della valutazione della risposta patologica con gli score utilizzati. A questo proposito è in corso una revisione in cieco delle risposte patologiche da parte di un anatomo-patologo indipendente per valutare la concordanza con i risultati ottenuti e quindi la riproducibilità del test.
L’importanza del nostro studio risiede nel fatto che i fattori clinici e patologici prognostici sono stati valutati in una popolazione di pazienti omogenea dal punto di vista del trattamento primario; inoltre, a differenza degli studi precedentemente eseguiti, è stato impiegato un regime chemioterapico dalla comprovata attività, il FOLFOXIRI. Infine, i nostri pazienti non sono stati sottoposti a radio-chemioterapia preoperatoria, caratteristica che rende più attendibile la valutazione del TRG, in quanto la RCT determina lo sviluppo di un’estesa reazione fibrotica responsabile di una difficoltosa interpretazione della risposta tumorale.
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