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Thesis etd-01232013-201047


Thesis type
Tesi di laurea magistrale
Author
MARCHETTI, ELENA
URN
etd-01232013-201047
Thesis title
La lingua come Heimat proibita. Traduzione dall'antologia Verbotene Worte di Tzveta Sofronieva
Department
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Course of study
TRADUZIONE LETTERARIA E SAGGISTICA
Supervisors
relatore Prof.ssa Cermelli, Giovanna
Keywords
  • comunicazione interculturale
  • letteratura esofonica
  • lingua
  • tabù
  • transculturalità
  • Tzveta Sofronieva
Graduation session start date
11/02/2013
Availability
Withheld
Release date
11/02/2053
Summary
L’antologia Verbotene Worte si rivela essere molto più che una semplice raccolta di riflessioni ed esperienze sul tema del tabù linguistico. Essa mostra, infatti, almeno due valenze a prima vista non evidenti.
Innanzitutto, costituisce un’analisi critica della lingua, finalizzata a esplorare il rapporto che la lega alla cultura e alla vita di chi la usa. In questo ambito, si osserva fin da subito che la lingua è condizionata dai suoi parlanti e dalla loro esperienza del mondo: il caso delle parole del nazionalsocialismo è un esempio di come l’uso che si è fatto della lingua nel passato determini ancora l’uso che se ne fa nel presente.
Tzveta Sofronieva ha descritto nel suo saggio Gefangen im Licht oder Die Sprache als verbotene Heimat quello che è successo quando si è trovata a utilizzare la parola Heimat in una delle sue poesie: la poesia è stata rifiutata sulla base di una sua presunta vicinanza all’ideologia nazista. Una parola che per lei, arrivata nel tedesco da esterna, indicava semplicemente l’idea di patria, ha suscitato nel pubblico tedesco, che di quella parola conosceva anche la storia e in particolare l’uso che se ne era fatto nel Terzo Reich, reazioni di sospetto e disprezzo.
Le connotazioni che una parola assume indipendentemente dal suo significato referenziale, il suo “peso” in quanto portatrice di significati ulteriori, sono dunque caratteristiche che essa acquista nel tempo, e di cui conserva le tracce. Caratteristiche specifiche di ogni storia e cultura, e che non sono immediatamente percepibili da chi viene dall’esterno. Tra gli aspetti linguistici più strettamente dipendenti da fattori culturali troviamo i tabù e i divieti.
Sempre nell’ambito dell’analisi della lingua, emerge anche un altro punto. Se è vero che la cultura determina le regole che governano il nostro modo di parlare, è però anche vero che, una volta stabilizzata, la lingua può diventare il mezzo per esprimere e conservare quelle regole.
Per concepire certi argomenti, infatti, occorrono le parole adatte. A volte, però, la nostra cultura non ce le fornisce. Come abbiamo visto nel terzo capitolo, ad esempio, i termini che abbiamo a disposizione per parlare dell’Altro, non sempre bastano a descrivere la situazione di transculturalità in cui vive il mondo di oggi e a parlare dei prerequisiti per il nuovo tipo di incontro. Fino a che continueremo a usare la lingua così come ci è stata trasmessa, l’incontro non si realizzerà mai.
È necessario, allora, trovare nuove parole, un nuovo modo di parlare, andare oltre i limiti di ciò che è concesso dire, affinché certi argomenti possano entrare nella nostra lingua, ma anche nella nostra cultura.
La seconda valenza che abbiamo scoperto nell’antologia di Tzveta Sofronieva è costituita appunto dalla proposta di un nuovo modo di intendere la lingua. Non più una lingua che si chiude, ma una che si apre: al nuovo, a ciò che fino a questo momento non è stato possibile dire, a ciò che fino a questo momento non è stato voluto dire. Una lingua che diventi casa, Heimat per tutti, in cui non vi siano tabù o divieti, ma neanche limiti imposti dalla mancata volontà di parlare con l’Altro.
Nell’antologia, la polemica con la lingua e la critica all’uso che se ne sta facendo si accompagna, dunque, a una pars construens, propositiva, in cui si delineano un nuovo scenario e un nuovo modo di parlare.
Per quanto i testi si limitino spesso a presentare a grandi linee problematiche già ampiamente discusse e trattate (non solo dalla letteratura), nel loro insieme essi forniscono uno spunto di riflessione nuovo, orientato alla costruzione del dialogo interculturale, e che parte dall’individuazione dei limiti della lingua intesa come strumento di comunicazione per arrivare alla proposta di un rinnovamento di quest’ultima grazie al superamento dei termini e degli argomenti tabù. Solo una lingua nuova, infatti, può permettere la comprensione, la fiducia nell’Altro, l’accoglienza, ed essere così garanzia per una pacifica convivenza tra le culture.
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