Tesi etd-11282010-142615 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
BUSI, VIRGINIA
URN
etd-11282010-142615
Titolo
Autodeterminazione terapeutica e consenso informato
Settore scientifico disciplinare
IUS/01
Corso di studi
DIRITTO PRIVATO
Relatori
tutor Prof. De Matteis, Raffaella
Parole chiave
- amministratore di sostegno
- autodeterminazione terapeutica
- consenso informato
- diritto alla salute
- eutanasia
- responsabilità del medico
- rifiuto di cure
- testamento biologico
- trattamento sanitario arbitrario
Data inizio appello
13/12/2010
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
13/12/2050
Riassunto
AUTODETERMINAZIONE TERAPEUTICA E CONSENSO INFORMATO
La tesi analizza il lungo percorso evolutivo, dottrinale e giurisprudenziale, del diritto alla salute, sottolineando come si sia passati da una concezione statica ad una dinamica dello steso, che, valorizzando la percezione del singolo, ha permesso l’emersione di una nozione di salute “identitaria”, ovvero di una concezione di salute e di diritto alla salute ampia, ma, contemporaneamente, unitaria, che ingloba al suo interno ogni modalità con cui ciascun individuo percepisce la propria salute, riconoscendo che tutti questi aspetti altro non sono che manifestazioni di uno stesso unitario diritto inviolabile.
Accettare tale “nuova idea” di salute significa ammettere che ogni singolo individuo può esercitare il proprio diritto alla salute in modo diverso, poiché ciò che è salute e benessere per l’uno può non esserlo per l’altro, essendo lo “stare bene” un valore individuale e privato, dipendente dalla percezione che ognuno ha di sé, poiché si modella su personali ed insindacabili aspettative di vita del singolo, che è unico e diverso da tutti gli altri.
Specchio del mutare della nozione di salute è il mutare del rapporto medico-paziente, non più fondato su una concezione che molti studiosi definivano paternalistica – cioè basata sul presupposto che il medico curante, quale esperto del settore, operasse, comunque, nel migliore interesse del paziente, che, quindi, non aveva la possibilità di esprimere la propria opinione e la propria volontà in merito alle scelte terapeutiche, ma si doveva affidare al sanitario, accettandone passivamente le decisioni – bensì su una concezione “personalistica”, che tende a valorizzare il diritto di scelta del singolo paziente, il quale diventa protagonista della decisione terapeutica, grazie alla collaborazione del medico che, informandolo, gli permette di esprimere, consapevolmente, il proprio volere .
In questo quadro assumono, dunque, un ruolo centrale l’informazione del paziente ed il suo consenso al trattamento terapeutico, che altro non sono che strumenti affinché quest’ultimo possa esercitare l’autodeterminazione terapeutica.
Autodeterminazione terapeutica che, nata dall’evoluzione della concezione soggettiva di salute, è andata, gradualmente, ad acquistare una propria autonomia ed indipendenza rispetto ad essa, divenendo, oggi, il contenuto di un “nuovo diritto”, di rilevanza costituzionale, avente ad oggetto il diritto del malato di decidere se sottoporsi alle terapie proposte, che vede nel consenso informato, libero e consapevole alle cure, lo strumento per poter essere attuato.
L’individuazione di tale diritto ed il riconoscimento dell’importanza del consenso all’atto medico, quale presupposto di liceità del singolo trattamento terapeutico, comportano importanti risvolti pratici in tutto il sistema, poiché ciò significa accettare che ciascun uomo – e solo lui – stabilisce se lottare contro la malattia ed, eventualmente, con che mezzi.
In quest’ottica, il lavoro si sofferma sui quali siano i soggetti coinvolti nel rapporto terapeutico, che permette il formarsi della volontà del paziente, cioè individua, da un lato, quale sia concretamente il medico su cui grava l’obbligo di informazione, dall’altro, quale sia il soggetto che, nell’eventualità in cui il paziente - minore, interdetto/inabilitato, assistito da un amministratore di sostegno o incapace naturale - non sia in grado di prestare un valido e consapevole consenso, possa sostituirlo nella decisione.
Individuati tali soggetti, si analizza se il consenso prestato dal paziente, per essere considerato valido debba essere attuale, cioè prestato contestualmente all’atto medico, oppure se il malato possa utilizzare degli strumenti, quali le “dichiarazioni anticipate”, per poter esprimere la propria volontà pro futuro ed, in tal modo, esercitare, pienamente, ora per poi, il proprio diritto di autodeterminazione.
Quindi, si esamina il contenuto di tale diritto, verificando se esso, oltre alla facoltà di consentire il trattamento medico e scegliere tra i vari possibili, comprenda anche, correlativamente, la facoltà del malato di rifiutare le terapie, sino a giungere alla negazione della propria vita, in nome della libertà di scelta.
Infine, si passa alla disamina della responsabilità civile e penale del medico in ipotesi di trattamento arbitrario - cioè effettuato in difetto di valido consenso del paziente - fausto ed infausto, sottolineando come non si debbano confondere e/o sovrapporre i due piani di analisi: l’uno riguardante la responsabilità e gli effetti derivanti dall’aver effettuato un trattamento in assenza di consenso, con conseguente lesione del diritto di autodeterminazione; l’altro relativo alla responsabilità ed agli effetti di una terapia che, per colpa o meno del medico, ha portato ad un peggioramento delle condizioni del paziente, con conseguente lesione del diritto alla salute.
Concludendo, si pone in luce come, in materia, urga l’intervento del legislatore che ribadisca come, anche laddove la tutela dell’autodeterminazione del paziente entri in conflitto con la tutela della salute, oggettivamente intesa, debba, comunque, rispettarsi la volontà (attuale o espressa in passato o presunta) del diretto interessato, al quale solo spetta il diritto di decidere se, in nome della “sua” salute (“identitaria”), sacrificare, non tanto la vita, quanto la cura della malattia.
La tesi analizza il lungo percorso evolutivo, dottrinale e giurisprudenziale, del diritto alla salute, sottolineando come si sia passati da una concezione statica ad una dinamica dello steso, che, valorizzando la percezione del singolo, ha permesso l’emersione di una nozione di salute “identitaria”, ovvero di una concezione di salute e di diritto alla salute ampia, ma, contemporaneamente, unitaria, che ingloba al suo interno ogni modalità con cui ciascun individuo percepisce la propria salute, riconoscendo che tutti questi aspetti altro non sono che manifestazioni di uno stesso unitario diritto inviolabile.
Accettare tale “nuova idea” di salute significa ammettere che ogni singolo individuo può esercitare il proprio diritto alla salute in modo diverso, poiché ciò che è salute e benessere per l’uno può non esserlo per l’altro, essendo lo “stare bene” un valore individuale e privato, dipendente dalla percezione che ognuno ha di sé, poiché si modella su personali ed insindacabili aspettative di vita del singolo, che è unico e diverso da tutti gli altri.
Specchio del mutare della nozione di salute è il mutare del rapporto medico-paziente, non più fondato su una concezione che molti studiosi definivano paternalistica – cioè basata sul presupposto che il medico curante, quale esperto del settore, operasse, comunque, nel migliore interesse del paziente, che, quindi, non aveva la possibilità di esprimere la propria opinione e la propria volontà in merito alle scelte terapeutiche, ma si doveva affidare al sanitario, accettandone passivamente le decisioni – bensì su una concezione “personalistica”, che tende a valorizzare il diritto di scelta del singolo paziente, il quale diventa protagonista della decisione terapeutica, grazie alla collaborazione del medico che, informandolo, gli permette di esprimere, consapevolmente, il proprio volere .
In questo quadro assumono, dunque, un ruolo centrale l’informazione del paziente ed il suo consenso al trattamento terapeutico, che altro non sono che strumenti affinché quest’ultimo possa esercitare l’autodeterminazione terapeutica.
Autodeterminazione terapeutica che, nata dall’evoluzione della concezione soggettiva di salute, è andata, gradualmente, ad acquistare una propria autonomia ed indipendenza rispetto ad essa, divenendo, oggi, il contenuto di un “nuovo diritto”, di rilevanza costituzionale, avente ad oggetto il diritto del malato di decidere se sottoporsi alle terapie proposte, che vede nel consenso informato, libero e consapevole alle cure, lo strumento per poter essere attuato.
L’individuazione di tale diritto ed il riconoscimento dell’importanza del consenso all’atto medico, quale presupposto di liceità del singolo trattamento terapeutico, comportano importanti risvolti pratici in tutto il sistema, poiché ciò significa accettare che ciascun uomo – e solo lui – stabilisce se lottare contro la malattia ed, eventualmente, con che mezzi.
In quest’ottica, il lavoro si sofferma sui quali siano i soggetti coinvolti nel rapporto terapeutico, che permette il formarsi della volontà del paziente, cioè individua, da un lato, quale sia concretamente il medico su cui grava l’obbligo di informazione, dall’altro, quale sia il soggetto che, nell’eventualità in cui il paziente - minore, interdetto/inabilitato, assistito da un amministratore di sostegno o incapace naturale - non sia in grado di prestare un valido e consapevole consenso, possa sostituirlo nella decisione.
Individuati tali soggetti, si analizza se il consenso prestato dal paziente, per essere considerato valido debba essere attuale, cioè prestato contestualmente all’atto medico, oppure se il malato possa utilizzare degli strumenti, quali le “dichiarazioni anticipate”, per poter esprimere la propria volontà pro futuro ed, in tal modo, esercitare, pienamente, ora per poi, il proprio diritto di autodeterminazione.
Quindi, si esamina il contenuto di tale diritto, verificando se esso, oltre alla facoltà di consentire il trattamento medico e scegliere tra i vari possibili, comprenda anche, correlativamente, la facoltà del malato di rifiutare le terapie, sino a giungere alla negazione della propria vita, in nome della libertà di scelta.
Infine, si passa alla disamina della responsabilità civile e penale del medico in ipotesi di trattamento arbitrario - cioè effettuato in difetto di valido consenso del paziente - fausto ed infausto, sottolineando come non si debbano confondere e/o sovrapporre i due piani di analisi: l’uno riguardante la responsabilità e gli effetti derivanti dall’aver effettuato un trattamento in assenza di consenso, con conseguente lesione del diritto di autodeterminazione; l’altro relativo alla responsabilità ed agli effetti di una terapia che, per colpa o meno del medico, ha portato ad un peggioramento delle condizioni del paziente, con conseguente lesione del diritto alla salute.
Concludendo, si pone in luce come, in materia, urga l’intervento del legislatore che ribadisca come, anche laddove la tutela dell’autodeterminazione del paziente entri in conflitto con la tutela della salute, oggettivamente intesa, debba, comunque, rispettarsi la volontà (attuale o espressa in passato o presunta) del diretto interessato, al quale solo spetta il diritto di decidere se, in nome della “sua” salute (“identitaria”), sacrificare, non tanto la vita, quanto la cura della malattia.
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