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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-11242016-122449


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
IUDICI, MARCO PAOLO
URN
etd-11242016-122449
Titolo
La qualificazione delle imprese nella disciplina dei lavori pubblici
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Passalacqua, Michela
Parole chiave
  • appalti
  • qualificazione
Data inizio appello
14/12/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Quando nel mondo giuridico si fa riferimento ad una norma, si è soliti ricollegare la stessa, alla figura del Legislatore e ad una precisa prescrizione di legge, sì da qualificarla per tale, sulla base del suo carattere intrinsecamente cogente ed imperativamente vincolante, per tutti i suoi destinatari.
Se però si trascende il campo meramente giuridico e si entra in altri settori dell’economia, ci si può trovare di fronte ad una norma diversamente concepita e diversamente operante nei confronti della collettività.
E’il caso ad es. e con specifico riferimento alla qualità, della c.d. norma tecnica, che consiste sostanzialmente in una previsione di applicazione volontaria, contenuta in un documento di natura tecnica, messo a punto consensualmente dalle parti interessate e che definisce “lo stato dell’ arte” di un determinato prodotto, processo o servizio, al fine di migliorare l’economicità di un processo produttivo o di un’organizzazione, la commerciabilità, l’ utilizzabilità ovvero la sicurezza d’uso di un prodotto o di un servizio, ovvero ancora il rapporto di un processo produttivo con l’ambiente circostante.
In Italia, la definizione e la promulgazione di norme tecniche valevoli in tutti i settori del commercio, dell’industria e dei servizi è svolto da un’ associazione privata riconosciuta sia a livello nazionale, europeo che internazionale denominata UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione); nell’ambito delle norme tecniche di settore da questa elaborate, rilevano in particolare quelle appartenenti alla famiglia UNI EN ISO 9000 , le quali possono essere definite come quegli strumenti che consentono ad un’organizzazione di migliorare qualitativamente e con continuità il proprio operato e le proprie prestazioni, in modo da riuscire a soddisfare le mutevoli esigenze e le aspettative non solo dei clienti (ovvero dei propri fruitori di servizi e prestazioni), ma anche dei c.d. “stake holders” ossia dei dipendenti, delle banche, della P.A., della collettività complessivamente considerata.
Sebbene le norme UNI EN ISO 9000 siano state pensate inizialmente avendo presenti principalmente le problematiche e le esigenze di qualità proprie dell’imprenditoria (la loro prima versione, rispetto a quella attuale datata anno 2000, risale al 1987), la loro applicazione pratica da un lato, e l’affermarsi progressivamente nel tempo di sempre maggiori esigenze di “garanzie di qualità e di sicurezza” dettate dal mercato dall’altro, hanno tuttavia dimostrato che la maggior parte dei contenuti in esse esposti sono di carattere universale e, pertanto, che dette norme tecniche sono applicabili ad una pluralità di settori dell’economia, tra loro diversi, inclusi i servizi.
Queste norme, oltre che nel campo dell’imprenditoria, sono peraltro venute affermandosi anche nel settore pubblico, ed hanno finito per entrare spesso in stretta correlazione, in via diretta od indiretta, anche con i dettami di altre prescrizioni normative, di natura diversamente giuridica e non meramente tecnica, finendo esse stesse per affermarsi come “latamente vincolanti”, o se vogliamo, “precettive di riflesso”, sul piano tanto nazionale, che europeo, che internazionale.
Ciò è quanto è avvenuto ad esempio nel settore degli appalti pubblici di lavori e di servizi, quando la legge c.d Merloni ha introdotto i “sistemi di qualificazione” cioè le regole e procedimenti diretti da un lato ad escludere dal mercato operatori non regolari o scarsamente preparati e, dall’altro, a premiare i soggetti più affidabili sotto il profilo morale, tecnico e professionale.

Nel d.lgs. 50/2016 (nuovo Codice dei contratti pubblici) si prevede l’istituzione presso l’ANAC del sistema del Rating di impresa e delle relative penalità e premialità, da applicarsi ai fini della qualificazione delle imprese. Per il suo funzionamento, l'ANAC definisce i requisiti reputazionali e i criteri di valutazione degli stessi, nonché le modalità di rilascio della relativa certificazione, mediante linee guida da adottate entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del codice.
La possibilità di utilizzare criteri reputazionali ai fini della qualificazione/selezione degli offerenti è un tema oggetto di dibattito da diversi anni e nasce dalla percezione di una generalizzata inadeguatezza del vigente sistema di qualificazione a garantire l’affidabilità dell’operatore economico e assicurare la qualità della prestazione finale.
A ciò si è aggiunta una rinnovata esigenza di contrastare la corruzione che ha continuato a inquinare il settore degli appalti pubblici, il quale è considerato uno dei più esposti al rischio di fenomeni corruttivi. Ciò ha condotto il legislatore, com’è noto, a introdurre l’obbligo per le amministrazioni/stazioni appaltanti di adottare adeguati meccanismi di prevenzione e, allo stesso tempo, di richiedere ai soggetti privati, che vengono in contatto con la pubblica amministrazione e che sono destinatari di risorse pubbliche sotto qualsiasi forma (sovvenzioni/contributi ovvero corrispettivi di un appalto), maggiori garanzie di legalità.
In tema di qualificazione, il Governo ha deciso di mantenere nel Nuovo Codice dei contratti pubblici il sistema di qualificazione delle società di attestazione (Soa), che rimane eseguita direttamente dalle stazioni appaltanti al di sotto dei 150mila euro (nonostante le prime bozze del decreto prevedessero un innalzamento del tetto a un milione di euro), mentre sopra i 20 milioni di euro le stazioni appaltanti potranno chiedere una qualificazione rafforzata, integrando i requisiti base con elementi aggiuntivi a loro discrezione. In ogni caso, è previsto che entro un anno un decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sentita l’ANAC, potrà individuare nuove modalità di qualificazione.
Di maggior incisività è, piuttosto, il comparire del rating di impresa attestato da un’apposita certificazione rilasciata dall’ANAC di al comma 10 dell’art. 83, con cui l’Autorità, definito il relativo sistema attraverso proprie linee guida da emanare entro il 19 luglio, valuterà il curriculum degli operatori economici: la ratio è quella per cui alle stazioni appaltanti verrà data facoltà di giudicare l’affidabilità degli stessi offerenti, per cui i costruttori saranno valutati anche sulla base della reputazione conquistata sul campo. Il rating di impresa dovrà essere applicato ai soli fini della qualificazione delle imprese e non potrà, invece, essere oggetto di valutazione ai fini dell’attribuzione di punteggi connessi al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
I requisiti reputazionali alla base del rating di impresa dovranno tenere conto del rating di legalità rilevato dalla medesima ANAC in collaborazione con l’Autorità Antitrust: l’articolo 213, comma 7, del nuovo Codice, infatti, dispone che l’Autorità anticorruzione collabora con l’Antitrust ai fini della rilevazione di comportamenti aziendali meritevoli di valutazione per l’attribuzione del “rating di legalità” e che tale rating concorre anche alla determinazione del “rating di impresa”.
Nell’attribuzione del rating d’impresa, inoltre, occorrerà tenere conto dei precedenti comportamentali dell’impresa, con riferimento, in particolare: al rispetto dei tempi e dei costi nell’esecuzione dei contratti; all’incidenza del contenzioso, sia in sede di partecipazione alle procedure di gara, sia in fase di esecuzione del contratto; alla regolarità contributiva, ivi compresi i versamenti alle Casse edili, valutata con riferimento ai tre anni precedenti (art. 83, comma 7).
Si tratta di un nuovo strumento che va a rafforzare quell’auspicato passaggio da un sistema “statico” dei requisiti formali delle imprese verso un sistema “dinamico” di requisiti sostanziali, [8] di tipo reputazionale.
Altrettanto rilevante è la scelta di prevedere un sistema di qualificazione delle pubbliche amministrazioni modellato su quello degli operatori economici (articoli 37 e 38): anche le stazioni appaltanti, come le imprese, dovranno quindi dimostrare di rispettare requisiti prefissati dall’ANAC, che redigerà un apposito elenco in cui saranno incluse anche le centrali di committenza. Il sistema di valutazioni per le PP.AA. passerà attraverso complessità dei contratti e fasce di importi, secondo cinque parametri di base (strutture organizzative stabili; presenza di dipendenti con competenze specifiche; sistema di formazione e aggiornamento del personale; indicazione del numero di gare svolte nel triennio e delle loro caratteristiche; rispetto dei tempi previsti per il pagamento di imprese e fornitori) e altrettanti requisiti premianti (valutazione positiva dell’ANAC in ordine all’attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione e promozione della legalità; presenza di sistemi di gestione della qualità conformi alla norma UNI EN ISO 9001 degli uffici e dei procedimenti di gara, certificati da organismi accreditati per lo specifico scopo ai sensi del regolamento CE 765/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio; disponibilità di tecnologie telematiche nella gestione di procedure di gara; livello di soccombenza nel contenzioso; applicazione di criteri di sostenibilità ambientale e sociale nell’attività di progettazione e affidamento).



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