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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-11232019-183007


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
PIROZZO, LUCA MARIA
URN
etd-11232019-183007
Titolo
Semplificazione e partecipazione. Il dibattito pubblico nel Codice dei Contratti
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Azzena, Luisa
Parole chiave
  • partecipazione
  • infrastrutture
  • grandi opere
  • dibattito pubblico
  • democrazia
  • semplificazione
  • appalti
Data inizio appello
09/12/2019
Consultabilità
Completa
Riassunto
A seguito di una preliminare indagine sul plesso normativo, viene dibattuta, con dovizia di particolari, la propensione del legislatore e dell'Amministrazione alla semplificazione ed alla partecipazione. I principi dianzi richiamati si innestano, con frizioni, in un complesso assetto valoriale riveniente dalla carta fondamentale domestica e dall'appartenenza all'UE. La sofferta traduzione fattuale dei principi, cui è chiamata la pubblica amministrazione (opere, progetti, interventi), risponderebbe sempre di più ad esigenze economiche, quasi a rappresentare un indiretto fattore competitivo nel mercato globalizzato. Per l'effetto altri principi di rango costituzionale sarebbero compressi oltre il loro contenuto essenziale. Il conflitto sociale, mal interpretato dalle assemblee rappresentative e dal sistema partitico, tracima nelle aule di giustizia, saturandole. La giurisprudenza apicale (Corte costituzionale, Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti, CGUE), è gravata di un'ardua ponderazione tra principi fondamentali (salute, lavoro, tutela del paesaggio, libertà economica, funzione sociale della proprietà privata, pareggio di bilancio), sovente in stridente contrapposizione tra loro; ciò nell'ottica di uno Stato sociale di mercato, nel quale i diritti sono finanziati, mediante il sistema fiscale, dal reddito prodotto dagli operatori privati. I costi della burocrazia e del contenzioso (si vedano i fenomeni Nimby, Nimto) rischiano di inceppare questo sistema, gravato oramai da un elevato debito pubblico.
Nel quadro descritto si innesta il dibattito pubblico tra i vari portatori di interesse. Si tratta di incontri informativi, di approfondimento, di discussione e di gestione del conflitto, da tenersi preferibilmente nei territori direttamente interessati prima della realizzazione dell'opera (quando ancora vale l'opzione zero). La consultazione degli stakeholders risponderebbe alle esigenze di semplificazione e di partecipazione, in chiave di economicità, efficacia ed efficienza dell'intervento pubblico. L'istituto pare rispondere alle attuali richieste di democrazia partecipativa e deliberativa retroagendo la consultazione alla fase strategico-pianificatoria. Il contributo del privato non è più relegato allo stadio attuativo-amministrativo (quomodo), ma ha piena cittadinanza anche in termini di opportunità e necessità dell'intervento pubblico (an); nell'incerta definizione del perimetro del contraddittorio tra i vari attori del dibattito pubblico si ravvede un nuovo elemento di criticità: una consultazione pletorica e di massa priva di argomentazioni specifiche (montée en géneralité), spesso stigmatizzate dalla giurisprudenza. Appaiono più sfumate le differenze tra potere legislativo ed esecutivo; ciò in un contesto in cui sono in crisi i capisaldi del sistema rappresentativo (Parlamento, tribunali, partiti, sindacati) sulla scia di un'esacerbata critica del principio della separazione dei poteri. La decisione multilivello riveniente dalla procedura descritta rappresenta indubbiamente un elemento di criticità per la corretta ripartizione della responsabilità (accountability). La tesi descrive la lunga gestazione dell'istituto, dalle antesignane esperienze regionali di Toscana, Puglia ed Emilia Romagna alle best practices europee (soprattutto francesi al seguito della legge Barnier del 1995); vengono evidenziate analogie e differenze tra queste esperienze. Il dibattito pubblico di cui all'art. 22 d.lgs. 50/2016 è strutturato in base al principio dell'uguaglianza degli attori coinvolti, al criterio del confronto argomentato ed ai valori della trasparenza e dell'informazione. Da ultimo è intervenuto il D.P.C.M 76/2018 (in vigore dal 24 agosto 2018) che ha regolamentato nel dettaglio l'istituto, prima solamente esplicitato nei principi. L'atto attuativo di cui si discorre ha tracciato le soglie dimensionali di applicazione del vincolo procedurale (una sorta di parere non vincolante) in base all’ampiezza (criterio dimensionale) ed al valore economico dell’opera (criterio finanziario). La procedura di consultazione prevede il confronto dialogico tra amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore, cittadini (anche riuniti in organizzazioni ed associazioni esponenziali), attori economici ed enti istituzionali coinvolti, sotto la direzione di un coordinatore del dibattito. La figura in parola predispone il contraddittorio, esplicitandolo nel documento di progetto del dibattito pubblico e nel piano di comunicazione. Cura l'informazione, soprattutto a mezzo di un sito internet dedicato. Sono previsti rigidi regimi di incompatibilità del coordinatore, soprattutto territoriale, e stringenti requisiti di indipendenza (si tratta comunque di un soggetto intraneo allo Stato apparato). La Commissione nazionale per il dibattito pubblico è il soggetto chiave dell'istituto. Sebbene la versione nazionale non sia concepita in guisa di AAI (come in Francia ed in Toscana), essa nondimeno riveste un ruolo preponderante. Alla Commissione sono ascritte le primarie funzioni di monitoraggio, di stimolo del contraddittorio e di riferire alle Camere sull'efficacia della procedura, eventualmente con proposte di correttivo. La validità della procedura è intimamente connessa con la composizione dell'organo di cui si discorre; da una prima valutazione pare meno autorevole dell'omologa d'oltralpe (dove siedono una nutrita schiera di giudici delle magistrature superiori). Censurabile anche la circostanza di averla strutturata in guisa di organo ministeriale (incardinata presso i vari dicasteri), con la rappresentanza statale decisamente sovradimensionata (2/3) rispetto a quella degli enti locali (1/3), a fronte del criterio decisionale maggioritario.
La tesi descrive l'istituto in termini di documentazione da predisporre (su tutti il dossier di progetto ed il dossier conclusivo), di soggetti abilitati a richiederlo, di partecipanti legittimati (centrati sui criteri della cittadinanza e della maggiore età), di opere soggette (obbligatoriamente o facoltativamente) e di durata (da 4 a 6 mesi). L'analisi svolta nei termini descritti dianzi ha evidenziato differenze sostanziali con primarie disposizioni legislative settoriali (Codice dell'ambiente e legge generale sul procedimento amministrativo) e con istituti assimilabili al dibattito pubblico (VIA, AIA, conferenza di servizi). Parte della dottrina parla di loop procedimentale e di uno sterile aggravio procedurale e finanziario. De iure condendo si auspica una precisazione sul punto, con superamento delle eventuali duplicazioni. Per esempio si potrebbe porre rimedio al disordine legislativo delle norme settoriali (appalti, ambiente, procedimento) riconducendo tutte le citate disposizioni nell'alveo dell'art. 3 co. 2 della Costituzione e normandole in modo unitario.
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