Tesi etd-11232018-112753 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
FABBRI, SARA
URN
etd-11232018-112753
Titolo
Garanzie di libertà del difensore ed effettività del diritto di difesa.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Bonini, Valentina
Parole chiave
- colloqui con il difensore
- intercettazione del difensore
- ispezione nell'ufficio del difensore
- sequestro del materiale difensivo
Data inizio appello
10/12/2018
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il riconoscimento di un ambito di inviolabilità del rapporto che vede come protagonisti il difensore ed il proprio assistito è necessario per garantire una certa parità fra le istanze dell’accusa e quelle dell’indagato – imputato.
Oggetto della seguente disamina è, quindi, il diritto di difesa e le modalità con cui l’ordinamento penale ha ritenuto opportuno renderlo effettivo, con particolare attenzione alle disposizioni del codice di procedura penale ma anche alle direttive dell’Unione europea e alle indicazioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Il fine è quello di illustrare l’odierna disciplina della condotta del difensore, nel suo rapporto con il cliente, e le perduranti criticità derivanti da una difficile interpretazione delle norme a presidio dell’applicazione effettiva del diritto di difesa, ma soprattutto dalla difficoltà nel mettere in atto ciò che le stesse norme indicano.
Questa tesi inizia concentrandosi sul dettato costituzionale, in particolare l’art. 24 comma II Cost., il quale dichiara l’inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento cercando di illustrare il significato del diritto stesso e i quesiti che si sono susseguiti dall’entrata in vigore della Costituzione ad oggi in merito all’interpretazione da dare all’articolo in questione.
Naturalmente, in un periodo storico come quello odierno in cui l’ordinamento nazionale non è più visto come una monade solitaria ma come un’entità necessariamente in relazione con altre della stessa specie si è vista l’utilità di andare a scoprire le dinamiche che il diritto internazionale, europeo in particolare, prevede sull’argomento in esame.
Per questo dopo l’analisi del dettato costituzionale si troverà un approfondimento in tema di diritti dell’imputato, fra cui quello ad una difesa effettiva ed in tempi ragionevoli, rispettivamente all’art. 6.3 lett. b) della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e nelle direttive 2013/48/UE, che ha il fine di definire degli standard minimi comuni a tutti gli Stati firmatari in materia di difesa, e 2016/1919/UE che indica le linee guida per l’accesso al patrocinio a spese dello stato.
Infine, lo studio del diritto di difesa si riterrebbe incompleto nell’assenza della ricerca di strumenti che ne rendano effettiva la sua applicazione; essendo un diritto creato dal legislatore non nasce con un corollario di situazioni che ne proteggano i contenuti dall’azione esterna ma è compito dello stesso legislatore, nazionale ed europeo, individuare gli strumenti adatti a tale azione.
Si passerà, quindi, all’analisi dei due articoli del codice di procedura penale, art. 103 e 104 c.p.p.
Il primo si occupa di individuare quali sono le garanzie di libertà del difensore, quindi la protezione delle informazioni a disposizione dello stesso dall’azione investigativa dominata dalla pubblica accusa (l’articolo si occupa di diversi mezzi di ricerca della prova fra cui perquisizioni, sequestri ed intercettazioni delle comunicazioni). Mentre il secondo statuisce il diritto dell’imputato in vinculis di conferire con il difensore, generalmente in un momento subito successivo all’esecuzione della misura, come strumento per l’effettiva attuazione del diritto di difesa anche quando è in corso una limitazione della libertà personale.
L’analisi di tali diritti non si ferma alla loro attuazione nei confronti di soggetti indagati – imputati in libertà, ma tocca anche l’applicazione degli stessi nei confronti di soggetti sottoposti a detenzione, in particolar modo a riguardo del diritto al colloquio del detenuto con il proprio difensore ed al diritto alla segretezza della corrispondenza scambiata fra questi due soggetti, tanto per il detenuto semplice quanto per quello sottoposto ad un regime particolare di detenzione come quello delineato dall’art. 41 bis ord. penit.
Sarà oggetto di un’analisi più articolata il divieto di intercettazioni delle comunicazioni o conversazioni fra difensore ed assistito perché è quello che, fra i divieti in materia imposti dal codice di procedura penale, ha presentato più difficoltà applicative e quello per cui si sono riscontrate un maggior numero di violazioni del dettato codicistico nella sua interpretazione letterale.
Oggetto della seguente disamina è, quindi, il diritto di difesa e le modalità con cui l’ordinamento penale ha ritenuto opportuno renderlo effettivo, con particolare attenzione alle disposizioni del codice di procedura penale ma anche alle direttive dell’Unione europea e alle indicazioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Il fine è quello di illustrare l’odierna disciplina della condotta del difensore, nel suo rapporto con il cliente, e le perduranti criticità derivanti da una difficile interpretazione delle norme a presidio dell’applicazione effettiva del diritto di difesa, ma soprattutto dalla difficoltà nel mettere in atto ciò che le stesse norme indicano.
Questa tesi inizia concentrandosi sul dettato costituzionale, in particolare l’art. 24 comma II Cost., il quale dichiara l’inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento cercando di illustrare il significato del diritto stesso e i quesiti che si sono susseguiti dall’entrata in vigore della Costituzione ad oggi in merito all’interpretazione da dare all’articolo in questione.
Naturalmente, in un periodo storico come quello odierno in cui l’ordinamento nazionale non è più visto come una monade solitaria ma come un’entità necessariamente in relazione con altre della stessa specie si è vista l’utilità di andare a scoprire le dinamiche che il diritto internazionale, europeo in particolare, prevede sull’argomento in esame.
Per questo dopo l’analisi del dettato costituzionale si troverà un approfondimento in tema di diritti dell’imputato, fra cui quello ad una difesa effettiva ed in tempi ragionevoli, rispettivamente all’art. 6.3 lett. b) della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e nelle direttive 2013/48/UE, che ha il fine di definire degli standard minimi comuni a tutti gli Stati firmatari in materia di difesa, e 2016/1919/UE che indica le linee guida per l’accesso al patrocinio a spese dello stato.
Infine, lo studio del diritto di difesa si riterrebbe incompleto nell’assenza della ricerca di strumenti che ne rendano effettiva la sua applicazione; essendo un diritto creato dal legislatore non nasce con un corollario di situazioni che ne proteggano i contenuti dall’azione esterna ma è compito dello stesso legislatore, nazionale ed europeo, individuare gli strumenti adatti a tale azione.
Si passerà, quindi, all’analisi dei due articoli del codice di procedura penale, art. 103 e 104 c.p.p.
Il primo si occupa di individuare quali sono le garanzie di libertà del difensore, quindi la protezione delle informazioni a disposizione dello stesso dall’azione investigativa dominata dalla pubblica accusa (l’articolo si occupa di diversi mezzi di ricerca della prova fra cui perquisizioni, sequestri ed intercettazioni delle comunicazioni). Mentre il secondo statuisce il diritto dell’imputato in vinculis di conferire con il difensore, generalmente in un momento subito successivo all’esecuzione della misura, come strumento per l’effettiva attuazione del diritto di difesa anche quando è in corso una limitazione della libertà personale.
L’analisi di tali diritti non si ferma alla loro attuazione nei confronti di soggetti indagati – imputati in libertà, ma tocca anche l’applicazione degli stessi nei confronti di soggetti sottoposti a detenzione, in particolar modo a riguardo del diritto al colloquio del detenuto con il proprio difensore ed al diritto alla segretezza della corrispondenza scambiata fra questi due soggetti, tanto per il detenuto semplice quanto per quello sottoposto ad un regime particolare di detenzione come quello delineato dall’art. 41 bis ord. penit.
Sarà oggetto di un’analisi più articolata il divieto di intercettazioni delle comunicazioni o conversazioni fra difensore ed assistito perché è quello che, fra i divieti in materia imposti dal codice di procedura penale, ha presentato più difficoltà applicative e quello per cui si sono riscontrate un maggior numero di violazioni del dettato codicistico nella sua interpretazione letterale.
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