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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-11202015-185337


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
PAGANUCCI, IRENE
URN
etd-11202015-185337
Titolo
L'altro (in)traducibile. Per un approccio traduzionista allo studio delle migrazioni.
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
SOCIOLOGIA E POLITICHE SOCIALI
Relatori
relatore Tomei, Gabriele
Parole chiave
  • migrazioni
  • multiculturalismo
  • integrazione
  • traduzione
Data inizio appello
25/01/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
La nostra epoca è segnata dalla consapevolezza dell’impossibilità di comprendere, di poter prendere tutto insieme. La stessa volontà di comprendere l’altro si è rivelata infatti sospetta o, in modo più benevolo, incapace di tener fede ai suoi stessi propositi. C’è qui in nuce la crudeltà attuale del rapporto tra le culture, la difficoltà del negoziato, la latenza del conflitto e dello scontro. Lo straniero, il migrante – per certi versi l’icona del tempo presente – è l’arrivante che viene senza essere atteso, colui che, sospeso tra due culture, non condivide con “noi” quegli strumenti che ci consentono, giorno per giorno, di affrontare la complessità del mondo circostante. Partendo, dunque, da una condizione di comunicazione disturbata, prima ancora di poter comprendere bisogna saper tradurre. Il presente contributo si propone proprio di esplorare, in un’ottica interdisciplinare, la portata euristica del concetto di “traduzione” rispetto ai modi di esperire l’estraneità e, in maniera più specifica, in riferimento allo studio del fenomeno migratorio. Per affrontare questo compito, ci è sembrato ineludibile un confronto con l’indagine filosofica sulla traduzione e sulle sue implicazioni etiche. Gli autori presentati nel primo capitolo, da Benjamin e Derrida fino a Ricœur e Lotman, hanno riconosciuto nella traduzione il paradigma del problema etico della differenza, ricostruendone il profilo teorico attraverso la tensione per due lati opposti: è proprio nel tentativo di tradurre l’intraducibile – l’esperienza della traduzione (im)possibile – che emerge con più forza la questione dell’alterità e della conoscenza del mondo (o, meglio, dei mondi). Il secondo capitolo – dedicato alle policies e più direttamente sociologico – si propone di delineare origini e sviluppo dei due principali modelli di inclusione dell’altro sperimentati nella modernità: il modello integrazionista “alla francese” e il modello multiculturalista inglese. Attraverso il contributo di tre dei maggiori esponenti del funzionalismo – Spencer, Durkheim e Parsons – si ripercorrono le tappe teoriche della storia sociologica del concetto di “integrazione”, mentre con l’aiuto delle riflessioni del sociologo Abdelmalek Sayad, si passa a un’analisi critica della migrazione algerina verso la Francia. Per quanto riguarda, invece, il concetto di “multiculturalismo”, se ne traccia un identikit facendo riferimento ai diversi modelli elaborati da Taylor, Kymlicka, Parekh e Modood, evidenziandone limiti e possibili lacune. Provando a leggere – o, meglio, a decostruire – i fenomeni dell’integrazione e del multiculturalismo alla luce del binomio traducibilità/intraducibilità e consapevoli dei limiti di entrambi i modelli, si è ritenuto opportuno iniziare a parlare di una politica della traduzione. Nel terzo capitolo della trattazione, sono raccolti alcuni spunti – dai contributi di Geertz e Vertovec a quelli di Derrida e Spivak – che, andando a nostro avviso nella direzione da noi auspicata, sollevano l’attenzione sul potere conoscitivo della traduzione e sul suo carattere profondamente politico, mai innocente o pacificato. Chiamando, da ultimo, a raccolta le riflessioni e suggestioni emerse nell’intera trattazione, si tenta di delineare, nelle conclusioni, il profilo di un approccio alternativo allo studio delle migrazioni. Tale approccio, che abbiamo definito traduzionista, certo non pretende di esaurire il discorso o di imporsi come rigido paradigma sostitutivo, piuttosto si pone come possibile strategia decostruttiva che, smascherando molti degli assunti impliciti nel pensiero occidentale, può essere pensata – e praticata – come un gesto di ospitalità che va dall’alterità all’alterità.
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