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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-11192018-145747


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
VITIELLO, SARA
URN
etd-11192018-145747
Titolo
Effetti metabolici degli edulcoranti
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
SCIENZE DELLA NUTRIZIONE UMANA
Relatori
relatore Prof. Tuccinardi, Tiziano
Parole chiave
  • dolcificanti acalorici
  • dolcificanti
  • succedanei dello zucchero
Data inizio appello
17/12/2018
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
17/12/2088
Riassunto
Il sapore dolce ricopre un ruolo psicologico fondamentale oggi come nel passato. Quello che si è modificato però è il ruolo dello zucchero, con annesso potere calorico, al quale attualmente si attribuiscono principalmente conseguenze negative. Da qui la necessità di elaborare strategie utili per soddisfare il palato, senza danneggiare il fisico.
La sensibilità al gusto è molto legata alla psicologia poichè viene alterata dalla variazione dei livelli ematici di serotonina ed di noradrenalina e, probabilmente, anche dal tono dell’umore. In passato si riteneva che le soglie individuali del gusto fossero su base genetica e stabili nel tempo, ma alcuni studi hanno correlato la variazione della sensibilità ai sapori con lo stato depressivo grave. Una spiegazione del fenomeno potrebbe trovarsi nella teoria monoaminica della depressione, secondo cui la diminuzione dei livelli circolanti di monoamine porta alla riduzione della neurotrasmissione di noradrenalina, dopamina e serotonina. Evidenze scientifiche supportano il ruolo basilare di serotonina e noradrenalina nella funzionalità gustativa e potrebbero spiegare il motivo per cui alcuni soggetti ansiosi o depressi presentino una riduzione dell’appetito. Caratteristiche richieste a queste molecole componenti le sostanze edulcoranti, oltre al potere dolcificante, sono la qualità del gusto dolce, la rapidità di insorgenza e la persistenza della sensazione dolce. Fattori limitanti il loro impiego possono essere, invece, la presenza di un retrogusto amaro e, soprattutto, la potenziale tossicità.
Gli edulcoranti sono una classe di sostanze naturali e/o di sintesi che presuppongono lo sviluppo della percezione del dolce con basso o nullo potere calorico.
Sono utilizzati da un’ampia fascia della popolazione sia a fini di regolazione del peso, che per coloro che a causa di patologie come il diabete, erano costretti a eliminare gran parte degli zuccheri semplici.
Oltre al loro utilizzo come edulcoranti da tavola, i dolcificanti hanno trovato grande impiego a livello industriale vista la loro larga disponibilità, il basso costo e la possibilità di diversificazione del mercato, da parte delle aziende che hanno deciso di farne uso.
Gli edulcoranti appartenenti alle diverse classi di composti hanno caratteristiche molto diverse tra loro in termini di composizione chimica, indice glicemico e potere edulcorante. Ciò determina la differenziazione dei vari edulcoranti nell’utilizzo industriale. Alcuni vengono usati da soli, altri in azione combinata, altri come componente bulk, altri come stabilizzanti.
Essendo sostanze chimiche non sono esenti da preoccupazioni in merito alla tossicità, che è stata molto studiata a livello internazionale. Per diversi anni, con una visione quanto meno ingenua, i dolcificanti ipocalorici sono stati ritenuti composti inerti, ossia privi di impatto sui processi metabolici dell’organismo che li impiegava, mentre in realtà con studi abbastanza recenti è stato dimostrato che tali sostanze sono in grado di influenzare alcune funzioni fondamentali dell’organismo, quali il senso di fame-sazietà, l’assorbimento intestinale del glucosio ed il suo successivo metabolismo.
I dolcificanti, o edulcoranti sono sostanze usate per conferire, con limitato apporto calorico, sapore dolce agli alimenti o alle bevande, contribuendo in maniera marginale al fabbisogno energetico del un soggetto che le assume.
Il meccanismo d’azione generale di queste sostanze si basa su quattro principi fondamentali, avendo come riferimento il glucosio, monosaccaride contenuto nel saccarosio, il cosiddetto zucchero da cucina, il dolcificante naturale di più diffuso impiego nell’alimentazione umana del mondo occidentale negli anni compresi tra il 1945 ed il 1980:
1. Potere dolcificante
2. Apporto calorico
3. Assorbimento intestinale
4. Indice glicemico
Queste diverse peculiarità sono variamente combinate tra loro in ogni singolo dolcificante ipocalorico, determinandone, in buona percentuale, sia l’efficacia dietetica che il successo commerciale. Le prime due caratteristiche sono legate alle proprietà chimiche della sostanza dolcificante, l’assorbimento intestinale è frutto, invece, della interazione tra organismo ricevente e molecola e può essere influenzata da fattori transitori ed intercorrenti per cui un dolcificante normalmente assorbito dalla mucosa intestinale può essere allontanato come tale in presenza di malattie infiammatorie croniche o acute a carico del tubo digerente.
L’indice glicemico, invece è definito come la velocità di incremento della glicemia in seguito all’assunzione di un determinato quantitativo di carboidrati e riveste particolare importanza nel caso di impiego di dolcificanti alternativi di tipo naturale in alternativa al saccarosio.
Altra caratteristica fondamentale necessaria per l’utilizzo di un qualsiasi prodotto alimentare alternativo è legata al gusto della sostanza stessa, conseguenza dell’interazione tra la molecola e gli specifici recettori della mucosa buccale ed ipofaringea. Al di là dell’atteso sapore dolce, più o meno intenso in funzione della struttura molecolare del dolcificante, della forza del legame recettoriale e dell’eventuale effetto moltiplicativo connesso con l’impiego, nello stesso alimento di più dolcificanti ipocalorici, deve rappresentarsi che alcune sostanze sono dotate di un retrogusto sgradevole che ne rende difficile l’impiego sistematico nell’alimentazione umana (es. la saccarina).
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