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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-11162016-125454


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
GIUSTI, ELEONORA
URN
etd-11162016-125454
Titolo
LA DISCIPLINA E LA SORTE DEI PROCESSI PENDENTI NEL FALLIMENTO
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Cecchella, Claudio
correlatore Prof.ssa Zumpano, Maria Angela
Parole chiave
  • processi pendenti
  • legittimazione straordinaria
  • riassunzione
  • curatore
  • fallito
  • inerzia
  • capacità processuale
  • fallimento
Data inizio appello
14/12/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’elaborato affronta la problematica dei processi pendenti nel fallimento. A partire dal Regio Decreto 267/1942 il Legislatore si interessa di tale problematica e la pone al centro di numerose riforme che hanno investito la disciplina fallimentare. Anche a livello europeo prima con il Regolamento n.1346 del 2000 poi con successivo intervento del 2015 n.848, il quale entrerà in vigore esclusivamente a decorrere dal 26 giugno 2017, si rileva una particolare attenzione alla questione.
L’art 43 della Legge Fallimentare sancisce che, una volta dichiarato il fallimento, il fallito perde la capacità processuale in favore del curatore. Il fallito mantiene una legittimazione suppletiva in casi di inerzia o disinteresse degli organi della procedura nel far valere diritti compresi nel fallimento.
Il fallito, ai sensi dell’art 44, a seguito del deposito della sentenza che dichiara il fallimento, non perde la capacità di agire, ovvero gli atti di disposizione che egli compie, come anche i pagamenti fatti o ricevuti, successivamente non sono invalidi, ma semplicemente inopponibili al fallimento. L’articolo citato qualifica detta inopponibilità come inefficacia verso i creditori, ovvero verso la massa.
Particolare rilevo assume l’art 42, secondo comma, che consente di ipotizzare lo spossessamento di beni acquisiti dopo la dichiarazione di fallimento, derivanti quindi da atti di disposizione compiuti nel corso del fallimento, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e conservazione del bene. Se infatti, all’esito di tale operazione, permane un’utilità per il fallimento, l’ufficio fallimentare acquisisce anche tali beni. Pare quindi lecito ritenere che l’inopponibilità degli atti è lasciato alla discrezionalità del curatore.
Infine si esamina il caso di disinteresse e inerzia previsti dalla legge. Infatti, il disinteresse di tale organo potrebbe, difatti, depauperare il patrimonio del fallito. A tal proposito si rileva che il fallito giova di legittimazione processuale suppletiva in caso di inerzia o disinteresse degli organi fallimentari. Risulta opportuno precisare che il disinteresse debba necessariamente essere correlato all’esclusione ex lege del diritto dal fallimento o ad una scelta definitiva del curatore.
A completamento si osserva la disciplina dell’art 43 a quella dell’art 46 L. Fall. Il fallito non perde la legittimazione processuale nei giudizi relativi a rapporti personali o inerenti quei beni esclusi dallo spossessamento ai sensi dell’art 46. Infatti, sono escluse dalla interruzione, con piena continuità della posizione da parte del fallito, quelle controversie patrimoniali che hanno ad oggetto diritti sottratti allo spossessamento oppure alle controversie di natura personali.
Lo studio prosegue nell’individuazione del momento in cui si verifica l’interruzione del processo. L’automaticità dell’effetto interruttivo è volta ad evitare che, la parte colpita dall’evento, ometta di dare notizia nel processo della emanazione della sentenza dichiaratrice di fallimento. In merito al dies si individuano i tre mesi, previsti dall’art 305 cpc, dalla data in cui il soggetto interessato alla riassunzione ha avuto conoscenza legale dell’evento interruttivo.
La decadenza incolpevole dal termine di tre mesi potrebbe determinare la chiusura in rito del processo con il possibile passaggio in giudicato della sentenza resa nel grado precedente quando si tratti di estinzione del giudizio di impugnazione.
Da questa impostazione nasce, inevitabilmente, l’esigenza di individuare il termine per la riassunzione del processo. Qualora il fallito sia interessato alla riassunzione del processo il dies a quo coinciderà con l’evento interruttivo.
Si ricorda infine che una volta che il processo è interrotto deve essere proseguito o riassunto, pena l’estinzione ex art 305 c.p.c.
La riassunzione o prosecuzione del curatore vale per tutte le controversie pendenti alla data del deposito della sentenza; diverso è il caso delle azioni che derivano dal fallimento, ex art 24, poiché rispetto ad esse il fallito non avrebbe una legittimazione ad agire, spettando questa al curatore quale organo fallimentare unico legittimato. In tale caso infatti l’imprenditore tornato in bonis non può proseguirle.
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