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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-11112007-114508


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
VECCHI, ETTORE
URN
etd-11112007-114508
Titolo
Biodiversità e mercato:il caso delle antiche mele piemontesi
Dipartimento
AGRARIA
Corso di studi
GESTIONE E TUTELA DELL'AMBIENTE AGRO-FORESTALE
Relatori
Relatore Brunori, Gianluca
Relatore Massai, Rossano
Parole chiave
  • biodiversità
  • antiche cultivar
  • melo
  • sviluppo rurale
Data inizio appello
10/12/2007
Consultabilità
Completa
Riassunto
La presente tesi si propone di ricostruire la storia delle antiche mele piemontesi attraverso i protagonisti che ne hanno permesso la sopravvivenza, e inoltre di discutere le prospettive future di queste varietà.
Per prima cosa si è indagato lo “state of art” su quanto è stato fatto a livello istituzionale per la tutela delle antiche varietà di mele. Dopo un’ iniziale ricerca bibliografica, che ha permesso di individuare gli attori e le iniziative avviate, si sono svolte interviste tramite questionari a risposta aperta alle principali istituzioni coinvolte: la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, l’ente morale Scuola Malva Arnaldi di Bibiana, il Presidente del Presidio Slow Food.
Successivamente l’indagine si è spostata su altri attori della filiera: i vivaisti, che nella regione Piemonte riproducono antiche varietà di frutta, e i produttori di antiche varietà di mele ; ad entrambi gli attori si sono fatte interviste con apposito questionario a risposta aperta.
I dati ricavati dalle interviste sono stati discussi sotto due punti di vista, strettamente interconnessi tra loro: le opportunità di sviluppo rurale dovute alle iniziative di valorizzazione di antiche varietà e la conservazione della biodiversità.
Dal punto di vista dello sviluppo rurale, l’indagine ha reso evidenti alcune caratteristiche: innanzitutto si deve sottolineare il fatto che all’interno del Piemonte la portata dell’inizativa varia a seconda delle zone, e risulta particolarmente significativa e organizzata, sia nel livello pubblico che in quello privato, nell’area del Pinerolese- Cavourese- Cuneese, situata nella parte occidentale della regione; nel Monferrato invece, la zona a cavallo tra le provincie di Asti, Alessandria e Vercelli, l’iniziativa è presente con caratteristiche diverse.
L’iniziativa di valorizzazione delle antiche mele nell’ovest Piemonte, nonostante sia relativamente recente, trova il suo punto di forza nella riuscita combinazione delle tre dimensioni dello sviluppo rurale: innovazione, differenziazione e radicamento territoriale.
Partendo dal punto di vista dell’innovazione i produttori per primi si sono associati formando il Presidio e in seguito hanno creato un marchio, la loro posizione commerciale è migliorata con il potenziamento della vendita diretta, e la soddisfazione nel lavoro è in genere aumentata; attualmente si stanno cercando vie di commercializzazione attraverso la GDO (Eataly).
Da un punto di vista di differenziazione della filiera si può evidenziare la creazione di nuovi prodotti come il succo e altri derivati
L’iniziativa assume molto anche i tratti del radicamento territoriale: essa si basa infatti su un prodotto tipico che ha alla base forti tradizioni, che si lega ad altri prodotti e altre attività economiche tramite le manifestazioni e che risponde alle esigenze di sviluppo sostenibile accorciando le food miles tramite le filiere corte.
L’iniziativa quindi è ricca di strategie coerenti e continuative, ed è un altro fattore di successo il fatto che il prodotto abbia caratteristiche distintive sul mercato e che trovi la sua peculiarità nelle specifiche condizioni naturali e culturali del territorio che esso incarna. Tali qualità del prodotto sono ben rappresentate e promosse dagli attori locali, e inoltre sono presenti forme di supporto pubblico e privato e una rete di relazioni tra produttori e istituzioni locali.
L’iniziativa in Monferrato invece assume soprattutto gli aspetti del radicamento territoriale, perché si cerca di creare una nuova filiera sulla base di un prodotto fortemente radicato nel territorio; mancano però molti degli aspetti che caratterizzano le iniziative di successo: il supporto pubblico e privato è scarso, è necessario un maggiore coinvolgimento delle istituzioni e un potenziamento delle reti di relazioni tra i portatori di interesse.
L’esempio della gestione dell’iniziativa nell’ovest Piemonte potrebbe in questo caso essere d’aiuto, anche se per le caratteristiche diverse delle due zone sarebbero necessarie soluzioni diverse.
Dal punto di vista invece della preservazione della biodiversità, durante l’indagine abbiamo visto come la presenza di biodiversità all’interno dell’azienda può essere sfruttata economicamente e costituire un miglioramento del reddito aziendale; tuttavia le potenzialità del germoplasma locale sono ancora quasi completamente inutilizzate, poiché rimangono da valorizzare molte altre mele e altre specie sia arboree che ortive, e inoltre le aziende recepiscono lentamente le direttive sulla biodiversità.
In questo senso l’istituzione di una legge regionale sul modello di quella toscana potrebbe essere maggiormente d’aiuto per l’incremento della biodiversità nell’azienda, e il registro delle varietà da conservazione permetterebbe di affrontare separatamente il problema della commercializzazione per le varietà più promettenti.
E’ importante notare che gran parte delle specie e varietà antiche sono attualmente coltivate e propagate da agricoltori hobbisti. Le pubbliche amministrazioni dovrebbero quindi incoraggiare tale pratica, regolarizzare e assegnare gli orti urbani, creare corsi di agricoltura divulgativi rivolti ai coltivatori dilettanti. Nel caso delle antiche varietà di mele, ma anche di altre specie arboree, non è da escludere la possibilità di poterle inserire anche nei parchi cittadini, in aree idonee alla presenza di piante da frutto.
In conclusione, anche se la biodiversità può essere utilizzata per creare nuovi mercati, la conservazione non può essere completamente affidata a quest’ultimi. I criteri per la commercializzazione sono molto selettivi, e non si adattano alla maggioranza delle varietà in via di estinzione; sono quindi necessarie altre strategie che permettano la coltivazione non solo a fini commerciali, ma si leghino alla tradizione e alla pura soddisfazione di praticare l’agricoltura.



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