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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-11072007-034822


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
FORTE, DOMENICA KATIA
URN
etd-11072007-034822
Titolo
Amico Aspertini a Lucca:un esempio di Sperimentalismo anticlassico
Dipartimento
LINGUE E LETTERATURE STRANIERE
Corso di studi
TRADUZIONE DEI TESTI LETTERARI E SAGGISTICI
Relatori
Relatore Savettieri, Chiara
Relatore Barone, Charles
Parole chiave
  • Amico Aspertini
  • Lucca
  • Basilica di San Frediano
  • Cappella di Sant'Agostino
Data inizio appello
12/12/2007
Consultabilità
Completa
Riassunto
AMICO ASPERTINI
Amico Aspertini (Bologna, 1474 circa – Bologna, 1551) è un pittore italiano del periodo rinascimentale il cui stile complesso, eccentrico ed eclettico anticipa in qualche modo il Manierismo.
È da collocare agli inizi della carriera artistica di Amico e precisamente nel 1496 un viaggio a Roma, che il giovane intraprende in compagnia del padre. L'Adorazione dei Magi, ora a Berlino rivela, infatti, la conoscenza dell'Adorazione dei Pastori dipinta dall'umbro nella Cappella della Rovere in Santa Maria del Popolo intorno al 1488-90. Ma oltre che dal Pinturicchio una grande influenza venne esercitata su di lui da Filippino Lippi e soprattutto dagli affreschi romani in S. Maria sopra Minerva.
La scarsa fortuna critica che ha seguito Amico nel corso dei secoli è in gran parte dovuta al celebre Giorgio Vasari che nelle sue “Vite”, forse per la sua difformità rispetto sia alla bellezza classica del ‘400 che alle nuove tendenze del Manierismo non ne riconobbe le grandi qualità artistiche e lo tacciò di pazzia: “Costui, venuto finalmente in vecchiezza di settanta anni, fra per l’arte e la stranezza della vita bestialissimamente impazzò”. Nel 1112 iniziò la riedificazione dell’edificio che fu consacrato nel 1147. Una prima annotazione da fare su questa basilica è il fatto che sia particolarmente a ridosso delle mura e affatto isolata; molti degli edifici, infatti sono stati direttamente inglobati nella costruzione principale, essendo stati questi parte del monastero e del cimitero che erano adiacenti alla chiesa. Nel XIII secolo si ebbe l’innalzamento della basilica con l’aggiunta del mosaico in facciata e la trasformazione dell’interno, poiché questa venne divisa in cinque parti: tre navate centrali più due laterali occupate dalle cappelle. Nella facciata non ci sono logge se non una finta loggetta al di sotto del mosaico. Ad esempio, in quello principale c’è un architrave con un motivo a tralci, tipico della scultura del XII sec. L'affresco cuspidato che raffigura il Martirio dei Santi Vincenzo, Stefano e Lorenzo è una delle più antiche testimonianze della pittura medievale a Lucca e risale alla prima metà del XII secolo.
Nella navata sinistra si apre la Cappella Trenta, che è stata costruita e decorata da Iacopo Della Quercia nei primi decenni del XV secolo. Sotto l’altare, all’interno del sarcofago romano, sono collocati i resti di San Riccardo a cui la cappella è dedicata.
Fra questi vanno ricordati la Divisione del fiume Serchio da parte di San Frediano, la Natività, il Trasferimento del Volto Santo a Lucca e la Deposizione dalla Croce. Inoltre, all’interno di questa cappella venivano seppelliti i priori del convento dedicato a San Frediano, e così fu previsto di ricordare il Santo a cui è dedicata la chiesa. Amico Aspertini affrescò anche una Sacra conversazione. Lo scultore Matteo Civitali scolpì tre statue dei Santi Vescovi Frediano, Agostino e Giovanni I ed è anche l'autore della Madonna dell’Annunciazione. Le nuove tele includono il Miracolo di San Cassiano del Lomi e il Martirio di Santa Fausta del Sorri. Dopo le soppressioni napoleoniche la grande lunetta di Mattia della Robbia e l'altare scolpito da Giovanni Baratta (inizio del XVIII secolo) arrivò a San Frediano.
La cappella di Sant’Agostino
Questa lastra è ricordata per la prima volta dal Ridolfi nel 1835 in occasione del resoconto del restauro degli affreschi della cappella, ma non vi si fa alcun cenno dell’autore. L’attribuzione della lastra sepolcrale all’Aspertini risale invece al 1965 e si deve alla Ciardi Duprè. Questa lastra sepolcrale si inserisce invece a buon diritto nel contesto della sua opera, per ragioni di affinità stilistica che la legano alla decorazione affrescata. Nell’iscrizione a rilievo sulla lastra si confermano sia il nome del committente dell’impresa, sia la dedica a Sant’Agostino che l’inizio dei lavori di ristrutturazione della vecchia cappella della Croce nel 1506. Il 26 giugno 1510 Pasquino Cenami muore, per cui sono questi gli estremi cronologici fra i quali si deve collocare la presenza di Aspertini a Lucca. Secondo il Silva Aspertini non avrebbe ideato soltanto la decorazione pittorica della cappella, ma anche l’arredo plastico della medesima, di cui avrebbe eseguito le parti in marmo (sull’altare, una Croce sostenuta da un piedistallo con lo stemma Cenami e due soggetti mitologici, Apollo e Mida e Atena e Marsia sui lati, oggi nel Guardaroba della basilica), lasciando a Masseo Civitali il compito di realizzare le sculture lignee di Sant’Agostino e di San Frediano, ora nella cappella di San Biagio, e quella del Vescovo Giovanni, ora nel Guardaroba.
La lunetta della parete di fondo è occupata dal Giudizio Universale, che purtroppo è stato molto danneggiato per l’apertura di una finestra al centro della parete negli anni Ottanta del Seicento e per le infiltrazioni d’acqua. Al centro è ancora visibile un frammento dell’angelo del Giudizio che riceve e separa le anime, a destra la resurrezione della carne alla presenza della Maddalena, di San Giovanni, di un papa, di un vescovo e a sinistra l’Inferno con i tormenti dei dannati.
Nella lunetta destra è affrescata l’Approvazione della Regola di Sant’Agostino. Il Trasporto del Volto Santo narra l’episodio relativo all’arrivo a Lucca di questa antica reliquia, tuttora venerata nella Cattedrale di San Martino. Le fonti che Aspertini poteva conoscere erano i manoscritti trecenteschi che narrano della leggenda, ma nella rappresentazione vengono privilegiati tre elementi: il Beato Giovanni, di cui si conservano le reliquie nella chiesa, il « Titoli della Croce », cui era in origine dedicata la cappella e un’immagine corale del popolo dei fedeli.
Nell’Adorazione dei pastori la narrazione evangelica è arricchita di episodi diversi: il gruppo dei servitori al seguito dei Re Magi, che scaricano vettovaglie e masserizie dal lungo viaggio, l’annuncio sull’erta del colle e la danza gioiosa dei pastori in mezzo al gregge, la vecchia che indica il luogo della Natività. La Tazartes ha portato l’attenzione sulla stella cometa, al centro della composizione, che ha la stessa forma della stella nello stemma della famiglia Buonvisi. Un indizio questo, che potrebbe significare sia un omaggio alla potente famiglia dalla quale provenivano Paolo e Benedetto, fra i personaggi più in vista della città e della comunità di San Frediano, sia il riconoscimento di un contributo finanziario all’impresa decorativa del Priore.
La Deviazione del fiume Serchio: l’episodio rappresenta un miracolo di San Frediano, monaco di origine irlandese, diventato vescovo di Lucca intorno al 560, fondatore della omonima congregazione di Canonici, che impedì l’inondazione della città dando al fiume Serchio un nuovo corso con un semplice solco tracciato col rastrello. Le fonti del miracolo sono i Dialoghi di San Gregorio Magno (libro III) e un poema scritto da Rangerio, vescovo di Lucca nel XII secolo. Una medesima alternanza si può individuare fra due episodi di storia religiosa locale (Trasporto del Volto Santo e Deviazione del Serchio), due relativi alla vita di Gesù Cristo (Natività e Deposizione nel Sepolcro) e due dedicati alla vita di Sant’Agostino, che non potevano mancare in una cappella di recente dedica al Santo (Battesimo e Approvazione della Regola). Infine, la Deposizione e le scene della Passione (la Lavanda dei piedi, l’Ultima cena, l’Orazione nell’orto e la Flagellazione) alludono anche alla destinazione funeraria della cappella, quale luogo per la sepoltura del Priore e dei suoi Canonici.
Lo stesso fonte battesimale di San Frediano, eseguito nella seconda metà del XII secolo, sembra essere la fonte diretta dell’atteggiamento del battezzando. Qui Aspertini pone al centro della composizione, inquadrato dal baldacchino, l’Arco di Costantino, simbolo della vittoria della croce sul paganesimo e, in senso lato, del trionfo di Cristo sulla morte e della cristianità sui suoi nemici. Affollato e sostanzialmente lontano dalla misura classica, lo spazio aspertiniano sembra essere debitore, nella relazione fra figure, architetture e paesaggio, all’arte oltremontana, e forse quindi più vicino ad esempi del Nord Italia, con cui condivide la negazione della razionale prospettiva (si veda nel Trasporto del Volto Santo la presentazione frontale dell’icona in mezzo alla processione che si rovescia giù dal colle o il divagare senza regola del racconto nella Deviazione del Serchio). Infatti, solo due lati della cornice di ciascun riquadro sono illuminati dall’alto al basso. Questa volta, nell’impaginazione come nei singoli dettagli, sono richiamati alla memoria i cantieri romani quattrocenteschi del Perugino e del Pinturicchio: nel Sant’Ambrogio battezza Sant’Agostino il gesto del giovane catecumeno seduto riprende quello del giovane seduto dietro il Battista nel Battesimo di Cristo affrescato nella Sistina. Nella vasta apertura del paesaggio si intravede, invece, un influsso giorgionesco. La natura ha qui un respiro assai più ampio, tanto è vero che gli episodi contigui del Trasporto e del Battesimo, separati tra loro dalle candelabre a monocromo, sono tuttavia unificati dalla rappresentazione della città di Lucca che si sviluppa, completandosi, dalla prima alla seconda scena.
È molto probabile che Aspertini realizzò un viaggio a Venezia durante la parentesi lucchese, nel breve lasso di tempo che intercorse tra l’esecuzione dell’affresco della controfacciata di San Frediano, con la Madonna col Bambino fra i Santi Giovanni Battista, Agata, Margherita e Sebastiano e l’inizio dei lavori nella cappella di Sant’Agostino. Nell’affresco della controfacciata Amico palesò una sorta di «richiamo all’ordine», prima di intraprendere le scene più complesse e articolate della cappella, dove peraltro la struttura compositiva doveva anche adeguarsi alle esigenze narrative del ciclo.
Nel Trasporto del Volto Santo prevalgono, invece, fisionomie meno caratterizzate in senso individuale o ritrattistico, tuttavia fortemente accentuate nelle espressioni e in certe grinte che si pongono quasi al limite del caricaturale. L’espressione leonardesca dell’uomo barbuto a sinistra, in primo piano, nel Trasporto del Volto Santo, ritorna nell’espressione arcigna del portatore di stendardo dei Tre Lanzichenecchi in un paesaggio, una stampa che Amico realizzò verso la fine del primo decennio.
AMICO ASPERTINI A LUCCA
Non è mai stata messa in dubbio l’attribuzione ad Aspertini degli affreschi della cappella di Sant’Agostino, che risale al Vasari, e la datazione era stata concordemente stabilita fra il 1508 e il 1509, sia per ragioni stilistiche che per i legami con altri avvenimenti della sua vita. Oggi, tuttavia, un nuovo e importante punto fermo viene ad aggiungersi alla cronologia del pittore bolognese e a confermare la data degli affreschi. Il 2 giugno 1508 Amico chiede al Consiglio Generale della città di Lucca la cittadinanza e la ottiene. In questo modo abbiamo la certezza documentaria della presenza in città del pittore bolognese, che ottiene da questa concessione notevoli privilegi sociali ed assicura al suo lavoro uno «status» più solido. Due bolognesi lavorano dunque a Lucca nella stessa chiesa; sembra quindi opportuno cercarne le ragioni nelle relazioni fra le due città e nella figura del committente degli affreschi.
Pasquino da Monzone in Lunigiana aveva vissuto dal 1482 al 1489 a Bologna, nel convento di San Frediano dei Sacchi, fondato per i Canonici lucchesi che frequentavano lo Studio; inoltre, amministrava i beni della chiesa lucchese e contemporaneamente si era laureato in diritto.
Un altro importante anello di congiunzione è la figura di Pietro da Lucca, canonico di San Frediano nel Monastero di San Giovanni in Monte a Bologna, predicatore insigne, che dedica uno dei suoi scritti morali alla figlia di Giovanni II Bentivoglio nel 1506, poco prima dunque che i tragici avvenimenti politici del novembre dello stesso anno spezzassero la signoria bentivolesca della città. Già a metà del 1508, però, la scelta di lasciare la città si era concretizzata, stando al documento del 2 giugno, con il quale Aspertini ottiene la cittadinanza lucchese. Dunque, tutto lascia pensare che alla fine del 1509 o nel corso del 1510 la parentesi lucchese fosse terminata.
LA PALA DELLA CONTROFACCIATA
La pala ad affresco, raffigurante la Madonna col Bambino fra i Santi Giovanni, Battista, Agata, Margherita e Sebastiano, è sempre stata concordemente attribuita ad Amico Aspertini dalle guide lucchesi del Settecento e Ottocento, ma non si aveva nessuna notizia documentaria di quest’opera. Sono state le importanti ricerche archivistiche della Tazartes, nel 1981, a gettare luce su alcuni episodi di committenza «popolare» nella chiesa di San Frediano, che riguardano appunto la decorazione della controfacciata. Esistevano infatti due altari ai lati della porta maggiore, uno a destra, dedicato ai Santi Pietro e Paolo, l’altro, a sinistra, a Santa Margherita, ricordati in alcuni libri di Memorie del monastero raccolte nel tardo Cinquecento. L’esecuzione della pala ad affresco è sempre stata collocata in un tempo prossimo al ciclo della cappella di Sant’Agostino (1508-1509), perché stilisticamente non se ne discosta molto, anche se la composizione sembrerebbe più arcaica persino degli affreschi di Santa Cecilia. Infatti, per l’impianto statico e lo statuario isolamento delle figure, la Sacra Conversazione è ancora in stretta relazione con la struttura delle pale del Costa, come la Pala de’ Rossi in San Petronio datata 1492, e del Francia, come quella in San Martino del 1506 circa, che forniscono paralleli nel modello compositivo e anche nell’atteggiamento delle figure. Ma nell’affresco dell’Aspertini è scomparsa la struttura architettonica e le figure monumentali dei Santi si dispongono contro un cielo chiaro intorno alla Madonna, presentata come in una festa campestre, sotto una rustica tenda: è un motivo usato dall’Aspertini anche nella Nascita della Vergine della predella Strozzi (1500-1505 ca., Ferrara, Pinacoteca Nazionale) e nella Consegna della Regola nel lunettone destro nella cappella di Sant’Agostino in San Frediano, ed è molto frequente anche nel Costa.
Le sottigliezze grafiche presenti nell’affresco sottoforma di un finto tratteggio incrociato, il forte segno che accompagna i contorni delle figure e i dettagli decorativi in ceroplastica (la collanina di corallo, la corona della Madonna, il bottone della camicia di Santa Margherita e le aureole) legano l’affresco alle precedenti esperienze del pittore e nello stesso tempo anticipano la decorazione della cappella di Sant’Agostino, nella quale darà prova di maggiore libertà nell’articolazione spaziale delle scene e nella scioltezza della pennellata.
LE ALTRE OPERE LUCCHESI DI AMICO ASPERTINI
La Madonna col Bambino in gloria e i Santi Giorgio, Giuseppe, Giovanni Evangelista e Sebastiano
Inizialmente questa pala si trovava sull’altare maggiore della chiesa di San Cristoforo a Lucca e vi rimase fino al 1820, quando venne acquistata dalla Commissione per le Belle Arti e trasferita nella Pinacoteca di Villa Guinigi.
Sulla suola del sandalo di San Giuseppe è ancora parzialmente visibile una lettera «A» in oro, che originariamente si intrecciava ad un’altra «A», che la Kropfinger von Kügelgen ancora leggeva nel 1973, dopo che erano state scoperte in seguito al restauro effettuato nel 1961 dalla Carusi.
Sulla base di questa notizia, sembra lecito identificare uno dei due pannelli laterali con il San Cristoforo della Galleria Spada a Roma, mentre dell’altro, quello con San Biagio, non si hanno al momento notizie.
Forse l’interruzione della parola «S. Petr…» si può interpretare come un dubbio, da parte dell’estensore della descrizione, sull’identità del Santo rappresentato. A Firenze, dove nel 1508 Fra’ Bartolomeo era impegnato nella realizzazione del dipinto con Dio Padre, Santa Maria Maddalena e Santa Caterina da Siena richiesto dai domenicani del convento di San Piero Martire di Murano e ora nella Pinacoteca Guinigi di Lucca, Aspertini venne forse a sapere anche di quel giovane marchigiano molto promettente, che fino alla tarda estate dello stesso anno si era trattenuto in città.
L’attribuzione del dipinto al pittore bolognese, risalente alle guide lucchesi dell’Ottocento, non è mai stata messa in dubbio per gli evidenti caratteri stilistici che presenta.
Quanto alla datazione, è stata generalmente posta in relazione con il soggiorno di Aspertini a Lucca (1508-1509) per l’esecuzione degli affreschi della cappella di Sant’Agostino nella chiesa di San Frediano.
San Cristoforo e San Luca
Il recente ritrovamento della descrizione di come si presentava in origine la Madonna e i Santi, già sull’altare maggiore della chiesa di San Cristoforo a Lucca (oggi nella Galleria Spada a Roma), affiancata da due pannelli laterali con San Cristoforo e San Biagio, consente di ipotizzare che questa tavola (sulla quale sono raffigurati su un lato San Cristoforo e sul lato esterno, in monocromo, San Luca) possa aver fatto parte di quel complesso.
Questa figura molto spesso manca nella tradizione italiana, mentre è frequente nella pittura e nella grafica nederlandese e tedesca del XV e XVI secolo. Nuova luce giunge ora dalla proposta, che si avanza sulla base della descrizione fornita dalla Visita Pastorale del 1561, di identificare questo San Cristoforo con uno dei pannelli laterali che affiancavano la Madonna in gloria e Santi, che originariamente si trovava sull’altare maggiore della chiesa di San Cristoforo a Lucca. Il San Luca a monocromo costituirebbe allora la facciata esterna dell’anta, restituendo alla pala nel suo complesso un aspetto abbastanza arcaico.
Quest’opera documenta, più e meglio delle altre, i rapporti del pittore con la cultura nordica, tanto che lo Hermanin la attribuiva a un artista della Germania centrale della prima metà del Cinquecento. Insieme agli affreschi di San Frediano, questa pala costituisce un’importante testimonianza della costante attenzione prestata da amico alla cultura d’Oltrape. Quella impiegata qui dall’Aspertini è, in effetti, un tipo di rappresentazione più frequente nel Nord Europa: si nota, infatti, una stretta vicinanza del volto di San Cristoforo a quello del Santo omologo al centro della pala dei Quattordici Intercessori di Lucas Cranach oppure alle fisionomie degli astanti nel Cristo fra i Dottori di Dürer.
Quanto al San Luca, raffigurato sulla faccia esterna della tavola, viene visto da Zeri come il «massimo documento» dei suoi rapporti con l’arte tedesca: e in effetti l’accentuato grafismo di questa immagine e la perspicacia dell’occhio che indaga tutti i dettagli dell’arredo, del paesaggio, del bue e dell’angelo, lo avvicinano molto alle stampe, e in particolare a quelle tedesche (si veda anche l’aspetto «nordico» del castello sullo sfondo).
Nella figura di San Luca tali suggestioni nordiche si accompagnano a reminescenze neo-medievali: ad esempio, nella precaria collocazione della figura e nella disposizione diagonale dello scrittoio, Aspertini sembra far riferimento al gotico bolognese e in particolare, come sottolinea la Faietti, al San Gregorio nello studio dello Pseudo-Jacobino (che si trova nella Pinacoteca Nazionale di Bologna).
Quanto alla collocazione cronologica, era stato il Grassi a proporre un collegamento con la Pala della Pinacoteca di Lucca, leggendo entrambe le opere come preludio alla pala di San Martino a Bologna: una relazione stilistica che ha trovato poi conferma nella descrizione della Visita Pastorale. Inoltre, la scoperta fra i padrini al battesimo del figlio Alessandro nel 1511 del cardinale Domenico Grimani, confermerebbe questo rapporto con la città lagunare.
La pala di San Cristoforo, al pari degli affreschi di San Frediano, si colloca quindi in un momento di svolta del percorso culturale di Amico. Più di quanto aveva fatto in passato, Amico istituisce un nesso profondo tra irregolarità del volto ed espressione del sentimento interiore. Del resto, l’ambiente bolognese era piuttosto aperto agli studi promossi da Achillini.
Alla fine del primo decennio del Cinquecento e nel corso del secondo, l’artista prosegue la sua diversione dagli ideali classici di bellezza, accentuando l’interesse per l’introspezione psicologica, sia nel genere della ritrattistica sia nelle pale d’altare. In effetti, nel 1511 Aspertini ha l’onore di annoverarlo tra i padrini al battesimo del figlio Alessandro.
Nella chiesa bolognese di San Martino, in cui si trovava la cappella della famiglia Achillini, anche Amico ebbe la sua sepoltura. La soluzione artistica prospettata da Amico non era probabilmente del tutto consapevole della complessa visione filosofica degli Achillini.

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