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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-11042019-155222


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (5 anni)
Autore
DELL'AGNELLO, UMBERTO
URN
etd-11042019-155222
Titolo
Efficacia e sicurezza della terapia anticoagulante orale nel grande anziano
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
GERIATRIA
Relatori
relatore Prof. Monzani, Fabio
Parole chiave
  • fibrillazione atriale
  • anziano
  • anticoagulante
Data inizio appello
12/12/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
12/12/2089
Riassunto
La fibrillazione atriale (FA) è la tachiaritmia sopra-ventricolare più frequente nella pratica clinica, destinata ad aumentare progressivamente negli anni contestualmente al fenomeno di invecchiamento generale della popolazione. Infatti, la sua prevalenza aumenta con l’età, coinvolgendo l’1-3% dei soggetti di età superiore ai 20 anni e arrivando a raggiungere percentuali di circa il 18% per età >85 anni. Interessa maggiormente gli uomini (3.3%) rispetto alle donne (2.4%) anche se nelle fasce di età più avanzate le percentuali di prevalenza si avvicinano (17.9% vs 17.5% in uomini e donne rispettivamente) a causa dell’aumento del numero assoluto di soggetti di sesso femminile affetti da FA nelle ultime decadi di vita. La FA è associata a un incremento di 2 volte del rischio di mortalità del soggetto, ad una riduzione della sua qualità di vita, dell’autonomia funzionale e ad un aumento della morbidità e delle ospedalizzazioni conseguenti, in particolare per quanto riguarda scompenso cardiaco, cardiopatia ischemica ed ictus. La FA rappresenta pertanto una problematica di notevole rilievo nel paziente anziano anche dal punto di vista economico e socio-sanitario. La terapia anticoagulante con antagonisti della vitamina K (VKA) o con gli anticoagulanti orali diretti (DOAC) per la prevenzione delle complicanze tromboemboliche riduce significativamente l’incidenza di ictus e la mortalità ad esso associata. Identificare precocemente la FA e prevenirne le complicanze tromboemboliche può pertanto migliorare significativamente l’outcome del soggetto. Attualmente si raccomanda l’introduzione di terapia anticoagulante in pazienti ad alto rischio tromboembolico (punteggio di score CHA2DS2VASc ≥2 negli uomini e ≥3 nelle donne) e se ne consiglia una valutazione in pazienti a rischio intermedio (punteggio di score CHA2DS2VASc ≥1 negli uomini e ≥2 nelle donne) bilanciando i vantaggi/svantaggi di tale terapia per il singolo soggetto. L’anziano con FA è nella quasi totalità dei casi un paziente a elevato rischio tromboembolico e pertanto meritevole di terapia anticoagulante. Tuttavia questa categoria di pazienti risulta ampiamente sotto-trattata (fino al 40-60%). L’età avanzata e la presenza di comorbidità/sindromi geriatriche (es. insufficienza renale cronica, storia di sanguinamento, decadimento cognitivo, disabilità, cadute frequenti, polifarmacoterapia, status socio-economico) spesso rappresentano la causa dell’undertreatment piuttosto che la valutazione multidimensionale geriatrica (VMD) e la stima effettiva del rischio tromboembolico ed emorragico. L’introduzione sul mercato dei DOAC, farmaci a dose fissa, che non richiedono controlli routinari dell’effetto anticoagulante, privi di interazioni alimentari e con minori interazioni farmacologiche rispetto ai VKA, ha aumentato la possibilità di prescrivere terapia anticoagulante negli anziani. Nonostante si stia assistendo ad un incremento della percentuale di anziani sottoposti a terapia anticoagulante, nei pazienti “grandi anziani” (>85 anni) e fragili la percentuale di sotto-trattamento è ancora elevata. L’eterogeneità dei fattori predittivi associati alla scelta terapeutica secondo le popolazioni studiate, suggerisce che nessuna singola caratteristica clinica (decadimento cognitivo, malnutrizione, incontinenza urinaria, depressione, cadute, disabilità) influenzi in realtà un mancato trattamento, probabilmente perché nessuna di esse vi è associata indipendentemente, ma verosimilmente la loro combinazione. La prescrizione di una terapia anticoagulante dovrebbe quindi essere strettamente associata alla valutazione dello stato generale clinico e funzionale del soggetto oltre che al bilancio tra rischio tromboembolico ed emorragico. Scopo del presente studio è stato: - valutare le caratteristiche cliniche di una popolazione di pazienti geriatrici affetti da FA ricoverati per patologia medica acuta presso la U.O. Geriatria dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP) e analizzare gli elementi che influenzavano la scelta della terapia anticoagulante impostata al momento della dimissione; - valutare outcomes clinici come la mortalità a breve e medio-lungo termine in base all’impiego e alla tipologia di terapia anticoagulante impostata al momento della dimissione dalla U.O. Geriatria; - analizzare gli accessi in Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA) della AOUP dopo la dimissione dalla U.O. Geriatria, con particolare riferimento agli eventi emorragici; - valutare inoltre l’associazione degli episodi di sanguinamento con l’impiego e la tipologia di terapia anticoagulante impostata al momento della dimissione. Questo studio osservazionale prospettico è stato condotto su pazienti di età ≥65 anni affetti da FA, ricoverati consecutivamente per patologia medica acuta da Giugno 2012 a Giugno 2018 presso l’U.O. di Geriatria Universitaria (AOUP). Per ciascun paziente sono state raccolte informazioni socio-demografiche (età, sesso), l’anamnesi patologica remota con particolare riferimento ad eventi cerebrovascolari ed emorragici ed è stata eseguita una completa VMD valutando lo stato funzionale del soggetto con l’indice delle attività di base (BADL) e strumentali (IADL) di vita quotidiana, lo stato nutrizionale con il Mini Nutritional Assessment (MNA), quello cognitivo con lo Short Portable Mental Status Questionnaire (SPMSQ) e il carico di comorbidità attraverso il Cumulative Illness Rating Scale (CIRS). Inoltre per ciascun paziente è stata dosata la creatinina plasmatica stimando il filtrato glomerulare (eGFR) con la formula CKD-EPI creatinina. I pazienti sono stati divisi in due gruppi: quelli con storia di FA nota (parossistica o permanente) sono stati classificati come appartenenti al gruppo “FA anamnestica”, mentre i pazienti con FA di nuova insorgenza sono stati classificati come appartenenti al gruppo “FA incidente”. In questo ultimo caso sono stati distinti i pazienti in cui la FA si è presentata come principale problematica causa del ricovero da quelli che hanno sviluppato FA durante il ricovero per altra patologia medica. Per ciascun paziente è stata eseguita la stratificazione del rischio tromboembolico ed emorragico rispettivamente attraverso gli scores CHA2DS2VASc ed HAS-BLED ed è stata raccolta l’anamnesi farmacologica riguardante la terapia antitrombotica alla dimissione, identificando le seguenti classi: terapia anticoagulante orale con VKA, DOAC, eparina a basso peso molecolare a dosaggio anticoagulante (LMWH), nessuna terapia anticoagulante. La mortalità post-dimissione è stata rilevata utilizzando il programma Gestione Sanitaria Territoriale (GST) con un follow-up mediano di 24.7 mesi (IC95% 22.9-26.5 mesi). Gli accessi in Dipartimento Emergenza-Accettazione (DEA) post-dimissione sono stati rilevati con un follow-up mediano di 36.2 mesi (IC 95% 34.4-37.9 mesi). Per ogni accesso è stata registrata la motivazione clinica individuata dal medico di DEA identificando le seguenti classi: emorragia, eventi cerebrovascolari (ictus ischemico e TIA), altre motivazioni mediche. Per i pazienti ammessi in DEA per emorragia, è stata registrata la terapia assunta al momento dell’evento clinico in termini di terapia anticoagulante orale (VKA o DOAC), terapia con LMWH a dosaggio anticoagulante o nessuna terapia anticoagulante. Nell’arco temporale Giugno 2012-Giugno 2018 sono stati arruolati 2448 pazienti. L’età media della popolazione globale risultava di 85.9±6.6 anni, il 57.1% erano donne. Nella popolazione di studio l’85.5% dei pazienti presentava FA anamnestica (65.0% permanente) e il restante 14.5% FA incidente (motivo del ricovero nel 5.7% dei casi considerati). Nel complesso la popolazione studiata si presentava dipendente per le attività di base e strumentali [BADL 3 (0-5), BADL ≤3: 54.5%; IADL 2 (0-4), IADL ≤4: 76.7%], malnutrita (MNA positivo per malnutrizione 33.3%), con un significativo carico di comorbidità (CIRS-C 5.9±1.7; CIRS-C ≥4 92.4%) e decadimento cognitivo [SPMSQ 3(1-7), SPMSQ ≥ 5 39.4%]. Il rischio tromboembolico della popolazione con FA risultava elevato [il 99.9% dei pazienti aveva un CHA2DS2VASc ≥2, mediana 5 (4-6)] a fronte di un basso rischio emorragico [73.5% con HAS-BLED ≤ 2, mediana 2 (1-3)]. Alla dimissione dal reparto nell’intera popolazione di pazienti affetti da FA (sia FA anamnestica che incidente) era prescritta terapia anticoagulante nel 74.5% dei casi (di cui 11.3% VKA, 51.6% DOAC, 11.6% LMWH a dosaggio anticoagulante) con un trend in aumento significativo negli anni (42.6% nel 2012 vs 78.1% nel 2018, p<0.01), prevalentemente a favore della terapia con DOAC (21.3% nel 2013 vs 65.1% nel 2018, p<0.01). All’analisi di regressione multivariata, la prescrizione di terapia anticoagulante alla dimissione era indipendentemente associata con una migliore performance cognitiva, minore comorbidità, uno stato nutrizionale normale, assenza di eventi emorragici anamnestici, un punteggio di CHA2DS2VASc ≥4 e HAS-BLED <3 [OR: CIRS-C ≥4 0.62 (IC95% 0.39-0.99), p<0.05; SPMSQ ≥5 0.78 (IC95% 0.63-0.97), p<0.05; MNA 0.57 (IC95% 0.46-0.71), p<0.01; emorragia anamnestica 0.51 (IC95% 0.40-0.64), p<0.01; CHA2DS2VASc ≥4 2.46 (IC95% 1.92-3.15), p<0.01, HAS-BLED ≥3 0.33 (IC95% 0.26-0.42), p<0.01]. La prescrizione di terapia con DOAC rispetto a VKA al momento della dimissione era positivamente associata a sesso femminile, età avanzata, maggiore dipendenza nelle IADL, anamnesi positiva per ictus ischemico, e negativamente associata ad un più alto rischio emorragico e ridotta funzione renale [OR: sesso M 0.63 (IC95% 0.48-0.83), p<0.01; età 1.04 (IC95% 1.01-1.06), p<0.01; IADL ≤ 4 1.36 (IC95% 1.01-1.85), p<0.05; ictus anamnestico 1.48 (IC 95% 1.03-2.12), p<0.05; HAS-BLED ≥ 3 0.67 (IC95% 0.47-0.97), p<0.05; CKD-EPI CREATININA < 50 ml/min/1.73 mq 0.67 (IC95% 0.50-0.88), p<0.01]. Decadimento cognitivo moderato-grave e la presenza di un evento emorragico anamnestico erano fattori indipendentemente associati a prescrizione di LMWH rispetto a VKA [OR: SPMSQ ≥ 5 2.42 (IC95% 1.71-3.59), p<0.01; emorragia anamnestica 3.04 (IC 95% 1.95-4.76), p<0.01] mentre una maggiore disabilità nelle BADL, presenza di malnutrizione, pregressa emorragia e un più alto rischio emorragico erano indipendentemente associati a prescrizione di LMWH rispetto a DOAC alla dimissione [OR: BADL ≤ 3 1.35 (IC95% 1.01-1.82), p<0.05; malnutrizione 1.63 (IC 95% 1.21-2.20), p<0.01; emorragia anamnestica 2.13 (IC 95% 1.55-2.92), p<0.01; HAS-BLED ≥ 3 1.73 (IC95% 1.26-2.37), p<0.01]. Nel follow-up a breve, medio e lungo termine la FA si associava ad una mortalità a 1 mese, 6 mesi ed 1 anno rispettivamente del 16.7%, 38.6% e 48.1%. La mediana di sopravvivenza era di 13.4 mesi (IC95% 11.7-15.1 mesi). I pazienti che ricevevano alla dimissione un’adeguata terapia anticoagulante presentavano una maggiore sopravvivenza mediana rispetto ai non trattati [16.8 mesi (IC95% 14.6-19.0) nei pazienti in terapia anticoagulante vs 4.9 mesi (IC95% 3.1-6.6) nei pazienti non trattati (p<0.01) ed una riduzione del rischio di mortalità del 35% [HR 0.65 (IC 95% 0.58-0.72), p<0.01], un vantaggio che si manteneva significativo (HR 0.77, IC95% 0.68-0.87, p<0.01) anche dopo aggiustamento per fattori come CIRS-C ≥4, BADL ≤3 e IADL ≤4, SPMSQ ≥5, malnutrizione, anamnesi positiva per emorragia, CHA2DS2VASc ≥4 e HAS-BLED ≥3. Una peggiore performance funzionale (in termini di BADL e IADL), un più grave decadimento cognitivo, la presenza di malnutrizione e un HAS-BLED ≥3 risultavano fattori indipendentemente associati ad un incremento di mortalità [BADL ≤3 HR 1.26, IC 95% 1.09-1.46, p<0.01; IADL ≤4 HR 1.60, IC 95% 1.34-1.92, p<0.01; SPMSQ ≥5 HR 1.62, IC 95% 1.43-1.84, p<0.01; malnutrizione HR 1.28, IC 95% 1.14-1.44, p<0.01; HAS-BLED ≥3 HR 1.19, IC 95% 1.05-1.36, p< 0.01]. All’analisi di regressione univariata di Cox, rispetto ai pazienti non sottoposti a terapia anticoagulante l’assunzione di VKA e DOAC si associava a una riduzione significativa del rischio di mortalità [HR 0.61 (IC95% 0.51-0.73), p<0.01; HR 0.60 (IC95% 0.53-0.67), p<0.01 rispettivamente] mentre non vi era differenza nel gruppo di soggetti in cui veniva impostata LMWH [HR 0.95 (IC95% 0.80-1.12), p=0.57]. Tale risultato rimaneva significativo (HR 0.75, IC95% 0.62-0.91, p<0.01; HR 0.69, IC95% 0.60-0.79, p<0.01 rispettivamente per VKA e DOAC) se aggiustato per sesso, età, autonomia funzionale, decadimento cognitivo, malnutrizione, comorbidità, FA incidente, ictus ischemico e emorragia anamnestica, CHA2DS2VASc ≥4, HAS-BLED ≥3, peggiore filtrato glomerulare renale [risultavano predittori indipendenti di mortalità sesso (HR 1.42, IC 95% 1.27-1.59, p<0.01); malnutrizione (HR 1.28, IC 95% 1.13-1.44, p<0.01); BADL ≤3 (HR 1.27, IC 95% 1.10-1.47, p<0.01); IADL ≤4 (HR 1.42, IC 95% 1.18-1.70, p<0.01); SPMSQ ≥5 (HR 1.68, IC 95% 1.47-1.91, p<0.01); età (HR 1.03, IC 95% 1.02-1.04, p<0.01); CKD-EPI creatinina <50 ml/min/1.73 mq (HR 1.31, IC 95% 1.17-1.46, p<0.01); HAS-BLED ≥3 (HR 1.14, IC95% 1.00-1.31, p<0.05)]. Nel periodo di follow-up mediano di 36.2 mesi (IC95% 34.4 - 37.9), il 18.2% dei pazienti presentava un evento emorrragico (9.9% dei casi a livello intracranico, 46.6% a livello gastrointestinale, 43.5% a sede genitourinaria/distretto ORL/cute) a fronte di un basso rischio ischemico (evento cerebrovascolare 3.7%). Al momento dell’accesso in DEA per emorragia, l’86.7% dei pazienti concordava con la terapia prescritta al momento della dimissione dal reparto in termini di scelta di anticoagulazione con una maggiore concordanza per i pazienti che assumevano DOAC (77.6%) rispetto a VKA (62.1%) e LMWH a dosaggio anticoagulante (63%). Nei pazienti in cui alla dimissione era impostata una terapia anticoagulante e proseguivano tale terapia vi era una riduzione significativa del tasso di emorragia a 1 mese, 6 mesi ed 1 anno rispetto ai pazienti non sottoposti a terapia (26.8% vs 34.5%; 59.1% vs 79.3%; 81.9% vs 100% rispettivamente, p<0.01) con una riduzione del rischio di sanguinamento del 45% [HR 0.55 (0.40-0.76), p<0.01] che rimaneva significativa anche dopo aggiustamento per fattori come CIRS-C, SPMSQ, anamnesi positiva per eventi emorragici, HAS-BLED ≥3 e filtrato glomerulare renale stimato (HR 0.67, IC95% 0.46-0.96, p<0.05). Nei pazienti che assumevano terapia anticoagulante per os (OAC) il tasso di emorragia a breve e medio-lungo termine era significativamente minore rispetto a coloro che assumevano terapia anticoagulante sottocute [23.5% vs 52.9%; 56.8% vs 82.4%; 79.5% vs 100%, ad 1 mese, 6 mesi ed 1 anno rispettivamente, p<0.01] con una riduzione significativa del rischio emorragico prima [HR 0.45 (IC95% 0.27-0.76, p<0.01)] e dopo aggiustamento per variabili come SPMSQ, CIRS-C, età, MNA, presenza di evento emorragico anamnestico, filtrato glomerulare renale stimato e HAS-BLED≥3 [HR 0.41 (IC95% 0.23-0.72), p<0.01]. Il nostro studio evidenzia un alto tasso di disabilità, comorbidità, malnutrizione e deterioramento cognitivo in pazienti “grandi anziani” affetti da FA ricoverati per patologia medica acuta. Nonostante ciò, una quota progressivamente crescente di pazienti era sottoposta a terapia anticoagulante alla dimissione parallelamente ad un maggiore impiego di DOAC negli anni. Nella nostra casistica “real-life”, la valutazione multidimensionale geriatrica risultava fondamentale nello stabilire la strategia anticoagulante affiancandosi a score di rischio come CHA2DS2VASc e HAS-BLED. Pur documentando un elevato tasso di mortalità e sanguinamento a breve, medio e lungo termine, la terapia anticoagulante orale alla dimissione era un fattore indipendentemente associato ad una maggiore sopravvivenza e ad un minore rischio di sanguinamento ad indicare come in una popolazione di pazienti “grandi anziani” fragili una valutazione multidimensionale geriatrica “anticoagulation-focused” sia in grado di personalizzare correttamente la terapia anticoagulante per ciascun soggetto con il fine di migliorare la prevenzione di eventi tromboembolici ed evitare complicanze emorragiche gravi.
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