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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-10242014-075118


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC5
Autore
VITARELLI, ELEONORA
URN
etd-10242014-075118
Titolo
L'infiammazione indotta dall'obesità: valutazione del ruolo di IL-1 in insulino-resistenza e diabete mellito di tipo 2
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
FARMACIA
Relatori
relatore Prof. Lucacchini, Antonio
correlatore Prof. Giannaccini, Gino
Parole chiave
  • obesità
  • insulino-resistenza
  • T2DM
  • inflammasoma
  • IL-1
Data inizio appello
12/11/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
L'obesità è una condizione caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo e rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale, dato che la sua prevalenza è in costante aumento. L'OMS contava nel 2008, oltre 1.4 miliardi di adulti in sovrappeso, il 35% della popolazione mondiale. In Italia, secondo i dati raccolti nel 2010 dal Sistema di Sorveglianza "Passi d'Argento", il 32% degli adulti è in sovrappeso, mentre l'11% è obeso.
Soprattutto l'obesità è un importante fattore di rischio per varie malattie croniche. L'adiposità in eccesso ê associata a resistenza all'insulina, iperglicemia, dislipidemia e ipertensione: condizioni che insieme delineano quella che viene chiamata "sindrome metabolica", la quale aumenta il rischio di diabete mellito di tipo 2 e malattie cardiovascolari.
Il collegamento fra obesità e insorgenza di patologie, risiede nel processo infiammatorio che l'obesità induce. Il concetto che l'infiammazione e le malattie metaboliche fossero collegate è stato introdotto quando fu osservato nel tessuto adiposo obeso, la sovraespressione di RNAm della citochina proinfiammatoria, TNF-α. Questo fu l'innesco per aprire un nuovo campo di ricerca, oggi conosciuto come "immunometabolismo". Se prima il tessuto adiposo era considerato un tessuto inerte, dedicato allo stoccaggio di energia, adesso è conosciuto come un tessuto attivo, nella produzione e rilascio di citochine, pro e antinfiammatorie.
Nell'obesità il tessuto adiposo è caratterizzato da un arricchimento di macrofagi e linfociti T con un passaggio da uno stato antinfiammatorio a uno proinfiammatorio. I linfociti CD8+ citotossici, linfociti T helper 1 e T helper 17, aumentano e i linfociti CD4+, antinfiammatori regolatori, diminuiscono. I linfociti CD8+ stimolano la trasformazione dei macrofagi dal fenotipo M2, che producono citochine antiinfiammatorie come IL-10, al fenotipo M1, che secernono citochine proinfiammatorie, come IL-1β, IL-6 e TNF-α. Altre cellule aumentano, compresi i linfociti B e mastociti che contribuiscono all'infiammazione. Questi eventi si traducono in una produzione di chemochine e citochine pro-infiammatorie, infiammazione del tessuto adiposo che altera la risposta del corpo all'insulina, portando resistenza ad essa. La progressione da insulino-resistenza a diabete di tipo 2, implica un fallimento delle cellule β pancreatiche per compensare l'iperglicemia cronica causata da insulino-resistenza. Infatti nei pazienti diabetici di tipo 2 è stato dimostrato un aumento dell'espressione di citochine proinfiammatorie nelle isole pancreatiche, che riduce la secrezione di insulina e innesca l'apoptosi delle cellule β.
Fra i marker infiammatori nell'obesita e diabete di tipo 2, fondamentale è la citochina proinfiammatoria IL-1β. IL-1β Ê generata da un precursore inattivo, la pro-IL-1β, che viene attivata, da una proteasi, la caspasi 1, controllata a sua volta da un complesso proteico, chiamato inflammasoma. Esperimenti di laboratorio effettuati su topi alimentati con una dieta ricca di grassi, hanno registrato un aumento dei livelli di IL-1β nel tessuto adiposo la quale riduceva l'assorbimento di glucosio indotto dall'insulina, evento associato con una diminuita espressione dei geni del trasportatore del glucosio GLUT4.
L'inflammasoma è un complesso multiproteico, componente centrale dell'immunità innata. Un primo segnale, grazie al riconoscimento di molecole endogene o esogene da parte dei recettori Toll-like, porta alla trascrizione della pro-IL1beta che viene stoccata inattiva e alla trascrizione del gene che codifica per il recettore NLRP3 che formerà poi l'inflammasoma. Il secondo segnale, grazie al riconoscimento di PAMPs (Pathogen Associated Molecular Patterns) e endogeni DAMPs (Danger Associated Molecular Patterns) attraverso recettori PRRs (Pattern Recognition Receptors), induce l'assemblaggio dell'inflammasoma, il quale comprende il recettore NLRP3 (Nod Like Receptor Protein 3 della famiglia dei recettori NOD, Nucleotide binding Oligomerization Domain), la proteina ASC, una proteina apoptotica e la pro-caspasi 1. L'attivazione dell'inflammasoma provoca attivazione della caspasi, produzione di IL-1β e di altre numerose citochine. Nel tessuto adiposo e soprattutto nei macrofagi, si registra un aumento dell'espressione dei componenti dell'inflammasoma e della caspasi 1.
Ci sono altre adipochine, proinfiammatorie che aumentano nell'obesità:
- TNF-α, che provoca una diminuzione dell'espressione dei trasportatori del glucosio GLUT4.
- Leptina che regola il senso di sazietà.
- Resistina che regola l'infiammazione
- TGF-β, il fattore di crescita trasformante che regola la crescita cellulare e l'apoptosi
- proteina C reattiva, proteina di fase acuta.
Diminuiscono invece le adipochine antinfiammatorie:
- Adiponectina, che regola il metabolismo lipidico e glucidico.
- IL-10 che rilascia l'antagonisa IL-1Ra, riducendo l'attività delle citochine infiammatorie.
- IL-13, che attiva l'attivazione delle vie STAT3 che provocano l'ossidazione dei grassi, attenuandone la concentrazione.
- IL-15, che per i suoi effetti anabolici, provoca riduzione della massa del tessuto adiposo
I trigger esatti della cascata infiammatoria non sono ancora chiari ma possiamo ipotizzare un certo numero di potenziali segnali di pericolo metabolico: acidi grassi saturi, ceramidi, iperglicemia cronica, ROS (anione superossido, perossido di idrogeno, radicale ossidrilico), ipertrofia, ipossia e morte degli adipociti, stress del reticolo endoplasmatico.
Stategie terapeutiche. Considerando il ruolo centrale dell'IL-1β nella patogenesi del diabete 2, negli ultimi anni si è avanzata l'ipotesi di trattamenti in grado di bloccare gli effetti di IL-1β. Ci sono diversi metodi.
A) Il primo consiste nell'uso di antagonisti recettoriali, la molecola anakinra (nome commerciale Kineret), una forma ricombinante dell'antagonista endogeno che si lega ai recettori IL-1. Somministrato per via sottocutanea con una biodisponibilita del 95%, raggiunge livelli plasmatici massimi in 3-7 ore. Oggi l'anakinra è utilizzato per il trattamento dell'artrite raumatoide ma si è visto in uno studio su pazienti T2DM randomizzati ad anakinra, che dopo 13 settimane di terapia, questi hanno presentato miglior controllo glicemico e della funzione delle cellule β.
B) Un secondo metodo è l'uso di anticorpi monoclonali anti IL-1β che agiscono bloccandone l'attività biologica. Il vantaggio di questi anticorpi ê la durata d'azione piu lunga, che va da 1 settimana a 3 mesi e la loro attività selettiva nei confronti di IL-1β ma non verso l'isoforma α. Gli anticorpi attualmente disponibili sono XOMA-52, AMG-108 e Canakinumab (nome commerciale Ilaris). EMEA e FDA hanno approvato l'uso di Canakinumab nelle sindromi periodiche associate a criopirina, dove avvengono mutazioni a carico della proteina NLRP3, chiamata anche criopirina. Sono in corso studi su altre possibili applicazioni terapeutiche e i risultati non sono attesi prima del 2016.
C) Oltre a bloccare gli effetti di IL-1β, una strategia terapeutica alternativa, può essere quella di inibire la sua produzione, mediante inibizione di caspasi-1. Per questo sono stati sviluppati e testati gli inibitori di caspasi-1, in particole oggetto di studio è il Pralnacasan, pro farmaco inibitore reversibile di caspasi-1; attualmene il Pralnacasan ha raggiunto la fase 3 degli studi clinici e sono attesi futuri sviluppi.
Un altro approccio terapeutico può essere quello con salicilato di sodio e aspirina, i quali hanno dimostrato dare un miglior controllo glicemico attraverso l'inibizione dell'attivita della via di trasduzione del segnale NF-κB. Fra questi, il salsalato, profarmaco del salicilato che non porta a rischio di ulcera. Tuttavia, sono necessari altri studi per confermare se, con una somministrazione ripetuta, gli effetti siano sostenibili.
Anche il trattamento con anticorpi anti TNF-α sembra produrre effetti positivi e su questo aspetto sono attesi studi approfonditi.
Conclusioni. IL-1β rappresenta chiaramente un target terapeutico senza gravi complicazioni, per invertire le conseguenze metaboliche dell'obesità, tuttavia la maggior parte degli sforzi dovrebbe concentrarsi su un targeting selettivo dell'inflammasoma NLRP3.
Quindi, saranno necessari ulteriori studi per stabilire l'intervento più efficace e vantaggioso.
Infine, è importante porre la nostra attenzione sul fatto che i marker infiammatori sistemici possono predire lo sviluppo di diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari e devono essere utilizzati più ampiamente nella pratica clinica.
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